Maggio 2010


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h.manzan

Le rinvio in allegato la prima parte della lettera, che non le è giunta. Nel frattempo è stata corretta e ho trovato delle ulteriori piccole correzioni, mentre si è arricchita di una prima citazione costruita con una equazione da me introdotta per la prima vota in un contesto dello scritto. Questo grazie all’ultimo iMac fornito proprio del Time Machine e del programma 10.6. Veramente nel precedente saggio era annunciata, ma non è stata riportata l’equazione.

Mi fa piacere che qualcuno si accorga del mio sforzo anche per arricchire la riflessione dell’estetica in Italia.

La novità sta nell’inserire “l’estetica della commisurazione” in un ordine di percezione-racconto, che si può spiegare attraverso la logica del calcolo e la matematica sorta con l’elettrodinamica quantistica. Qualsiasi configurazione implica una struttura di energia-informazione che può diventare un racconto sia per la scrittura simbolica che quella metaforica; ma quanto io le scrivo, studiosi come Bachelard Virilio Baudrillard, a vari livelli, lo avevano già compreso, per la semiotica in Italia c’è stato Volli, per l’arte Kubler e in Italia Calabrese. Non so come questo indirizzo, in estetica, non sia stato utilizzato prima, però, a dire il vero, in Italia sembra di essere il solo (per alcune impostazioni, sono alquanto originale anche nel resto del mondo dell’estetica, usando di più come metro l’info-energia, termine suggeritomi ieri da Marco Cardini). La ringrazio per la sua dichiarazione di chiarezza per la mia organizzazione dei periodi. Ci saranno anche dei refusi, ma credo di essere chiaro abbastanza. Per il resto ci possiamo incontrare attraverso Skype domani, oppure le scriverò nel pomeriggio, perché ora ho fatto un po’ tardi sulla tabella della giornata, avendo una Rita da festeggiare, più tardi.

Un cordiale abbraccio

Vostro

Giuseppe

 

 

 

 

 

 

Carissimo Amico,

 

Con l’ultimo sistema Mac,  che è 10.6, una memoria esterna, via  applicazione Time  Machine registra automaticamente e puntualmente quel che si  fa al computer . Forse Time Machine è accettata anche dal sistema 10.5, o forse un computer funzionante con questo sistema accetta il 10.6? Come che sia, l’angoscia   impone di effettuare ogni sera un backup su memoria esterna, e meglio ancora due backup. o tre Se sono presenti due computer, ognuno è  la copia permanente dell’altro. Quando si altera qualcosa di importante, mai lavorare sul documento attuale, ma alterare un copia ottenuta col Salva Col Nome, e sempre conservare ogni documento precedente. Ogni tanto, farsi un DVD storico. Seguo queste norme e continuo lo stesso nel terrore di perdere tutto.

 

“Boston”. Boston? mi racconti allora qualcosa.

 

“curare la scrittura”. Per la verità lei scrive bene anzi molto bene. Soggettivamente preferisco sempre la concisione, ma ognuno ha lo stile che è suo. Ma meglio che all’espressione esteriore, che tutto sommato è un punto di retorica e didattica, conviene mirare ai principi che percorrono la sua ricerca. Sa che io miro agli affioramenti di scientismo, relativismo, messianismo annunciatore. in tutto questo vedendo un effetto Nietzsche perdurante. Ma ciò non toglie che lei allinei una quantità di considerazioni importanti e valide e anche vere.

 

 

 

 Ahi quale problema lottare contro i refusi. Si perde sempre. Fa niente. Le tecniche oggi progredite , virtualizzando come si usa dire il testo, consentono di intervenire in ogni momento, per piccoli blocchi di stampe, cinquanta copie alla volta. Fino a 200 copie, dicono, c’è anche convenienza economica.

 

Libri. Quanto denaro gettato, è vero, per poter consultare anche una sola frase, una sola parola, una variante. Internet aiuta tanto, e il prestito interbibliotecario, attivo anche per l’estero, è della massima utilità. Qualcosa si finisce poi sempre a comprare. É la dannazione della ricerca,

 

Funghi. La superstizione, la credenza popolare, sopravvivono  in ottima salute. Penso ai bollettini astrologici .

 

Passerei  a leggere con vivo piacere la prima parte del saggio se la trovassi. Provare a rimandarla? Un carissimo saluto. Francesco Piselli.

 

 

L’informazione-energia-onda quantica, quale “nuova” metodologia della ricezione e della trasmissione dell’esperienza estetica nella cibernetica

 

Il saggio è stato scritto dopo uno scambio di e-mail con Francesco Piselli ed un suo amico e, pertanto, qui conserva il contesto di lettera, che implicitamente risponde a specifiche domande

 

 

Caro Prof Franz

al solito, in allegato alla presente il file di riposta, la seconda parte la invierò entro il primo maggio la terza e quarta parte a giugno e il finale ad ottobre. Prima di spedire questa prima parte della lettera l’ho riletta, e ho constatato sezioni e parti superflue; purtroppo, non ho ora il tempo di operare i molti tagli necessari — dal momento che sarà pubblicata per giugno da Juliet, e domani parte per Trieste — perciò, le chiedo scusa per le reiterazioni che sono qui presenti, ma il flusso dell’energia si muove ancora in tante direzioni rendendomi più complessa un’attuale esposizione del discorrere su argomenti così fluidi e fluttuanti. Per questo motivo adotterò, per il prosieguo, la divisione in paragrafi. Non mi soffermerò sui tipi di energia (energia cinetica, sonora, della luce, ecc.) né farò riferimento a come essa è prodotta o si propaga (attraverso frequenze, o pressione, o tensione, ecc.), perché un nuovo mondo è sorto dall’energia fotoelettrica, che ha generato lo studio delle radiazioni elettromagnetiche. La sua intensità varia col variare degli elementi presenti in un ambiente dove circola questo nuovo aspetto dell’energia, che può oggi essere amplificata per mezzo di circuiti termoionici. A noi, studiosi d’estetica, sta il compito di “tradurre” il nuovo rapporto di commisurazione nel nostro ambiente di percezione, che da ora in poi dovrebbe prevede anche lo studio dell’energia che va connessa ai fenomeni ondulatori e dell’elettricità. Sono proprio questi tre aspetti interdipendenti, che nel nostro mondo fisico permettono di capire come si propagano le particelle-informazioni, e in che modo essi (aspetti interdipendenti) determinano la necessità di assumere un nuovo metodo per organizzare i fenomeni naturali; i quali, comunque, non possono essere più studiati indipendentemente l’uno dall’altro. Lo studio di come si propagano queste nuove forme di materia-onda — che da ora in poi chiameremo, semplificando, — di energia-informazione, o semplicemente di energia, suscitano il mio interesse perché presto più attenzione a questo nuovo genere di racconto, che è sorto dalle analisi proposte dai nuovi elementi di connessioni degli eventi, che danno indicazioni, in forma logica, di quali altri mondi si possono creare dalle strutture scaturite dalle radiazioni elettromagnetiche.

Il raccontare, infatti, implica sempre sia “il sentire” (percezione di una modifica, che avviene attraverso il riconoscimento di una condizione, o di una posizione di un organismo) in un ambiente, e suscita quegli argomenti di riflessioni sulle metodologie o sui modelli che investono sia questioni teoriche, che fisico-pratiche, che “linguistiche” (insieme formano — per la trasmissione biologica — l’organizzazione e l’applicazione di un sistema di misurazione-trasmissione-d’informazione) e, pertanto, di un ordine, per mezzo del quale si rilevano anche gli “oggetti” di studio nelle varie discipline in cui abbiamo diviso il sapere.

Non possiamo, così, più sottacere, che a rendere esplicito un contesto, non è possibile porre il “rappresentare”— almeno così com’è stato finora trattato, ma bisogna ricorrere a una nuova struttura, che è il configurare un ambiente logico o di relazioni.

La configurazione, infatti, è una organizzazione costituita da energie e relazioni che si percepiscono e si raccontano attraverso le commisurazioni linguistiche, e con cui si suppone si muovono ed entrano in contatto altre energie ed organismi di soggetti-oggetti presenti in un ambiente informativo. Per una maggiore correttezza, pertanto, andrebbe anche esplicitato per quale fine sono raccontate agli altri le decisioni personali — come quelle esposte nella lettera del suo amico, e da me condivise, — su relazioni che ognuno di noi allaccia o aliena in un territorio.

Noi sappiamo, — dagli studi della biologia, della psicologia, della psicoanalisi insieme a quelli dell’antropologia, e della sociologia che descrivono alcune efficaci motivazioni individuali e sociali per l’organizzazione di un territorio, — che i sistemi biologici umani trasmettono, in particolare, informazioni sul proprio modo di configurare relazioni, sia per mettere ordine e costruire un sistema, sia per aggregare consensi ed energie, sia per allargare il proprio spazio vitale di dominio.

Un territorio, di solito, contiene più individui, e ognuno di questi organismi crea il proprio piccolo sistema di dominio, che fa riferimento a comportamenti reiterativi con cui s’instaurano i rapporti di relazione. Si sviluppano, così, abilità e competenze relative ognuna al proprio organismo, da cui si possono trarre informazioni sulla struttura e su come è organizzato un sistema vitale in uno spazio-tempo relativo… insieme al tipo di rapporti (sincronie) instauratisi in un territorio più vasto.

La vicinanza di altri individui o di altre strutture, che hanno relazioni nell’ambiente in cui vive un organismo, permette di analizzare il reiterarsi di alcuni eventi attraverso un sistema di commisurazione e di previsione. Essi formano un insieme, il quale scandisce i “tempi” sincronici di sopravvivenza degli organismi, proprio attraverso la regolamentazione del sistema di relazioni espresso da un territorio.

Questo comporta che in un territorio, denominato anche di sopravvivenza — o spazio vitale —, s’instaura una sincronia dei comportamenti reiterativi tra i sistemi biologici viventi e l’energia-informazione che vi circola, con cui si può analizzare — commisurando — sia l’organizzazione interna che quella esterna degli organismi. Sembra proprio che ogni organismo abbia in un territorio una funzione relazionale e, attraverso essa, entra in sincronia con altre strutture e si produce un sistema di relazioni. Esso (organismo), inoltre, nello sviluppare strutture, competenze, e abilità, sembra sia interessato a mettere ordine nel sistema di funzionamento interno ed esterno della circolazione e produzione di energia, perché permette di trovare le sincronie con gli altri elementi che si muovono nello stesso territorio, per sopravvivere in un ambiente vitale. È la produzione d’energia, infatti, che consente di attivare i meccanismi di controllo del territorio. Il suo uso rende possibile ad un organismo biologico vivente di riconoscere e di adottare alcune sincronie importanti per le commisurazioni utili a sopravvivere nel proprio spazio vitale.

Lo spazio vitale, pertanto, è commisurabile ad un ambiente dove ogni organismo esercita un proprio dominio “di sopravvivenza”. Questo è stabilito da relazioni, da consonanze e da condivisioni, e si manifesta attraverso un sistema di rapporti che coinvolge sia la costituzione degli organismi e sia le energie-informazioni che vi circolano.

Ogni struttura fisico-biologica vivente, pertanto, commisura il proprio spazio vitale e replica il proprio sistema con messaggi-energia.

Sembra proprio che il nostro nuovo universo sia pervaso da una rete di energie-informazioni che rimbalzano su organismi — o sono da questi assorbite —, per creare un ordine di sincronie e di relazioni in uno spazio vitale. Questo metodo di analisi è stato introdotto sia per le configurazioni cosiddette “scientifiche”, che per quelle cosiddette “umanistiche”.

L’arte appartiene anch’essa alla ricerca e alla trasmissione di energie-informazioni, e tratta delle relazioni che s’instaurano nei territori; quella d’avanguardia, poi, ha permesso di comprendere le variazioni a cui ciclicamente un territorio è soggetto, mostrando com’è possibile adottare altri aggiustamenti strutturali in un ambiente (a tal proposito la rimando al libro, anche se datato, di Humberto Maturana e Francisco Varela, che ha svelato alcuni meccanismi importanti per spiegare le radici biologiche della conoscenza umana dal titolo L’albero della conoscenza, Milano, Feltrinelli 1992).

Ogni conoscenza, pertanto, racconta di relazioni e di sistemiche fisico-biologiche — che anche Nietzsche aveva preannunciato — che si producono negli spazi vitali, e che sono presenti con l’organizzazione di un osservatore del divenire umano.

Si sappia, per ora, che attraverso momenti di restrizioni o di fluidità nella circolazione di energie-informazioni, che percorrono sempre il nostro corpo e il nostro ambiente, è permesso di sentire e di raccontare in che posto un organismo si trova su un territorio e in che modo “commisura” e sente nel condividere spazi fisici, mentali, intellettuali, fantastici o anche “affinità elettive” o “spirituali”.

Ci tengo a precisare, però, che anche la nostra organizzazione più perfettamente sincronizzata ed armoniosa è soltanto un modo precario per creare un equilibrio momentaneo nel nostro ambiente vitale.

Il nostro sistema di commisurazione delle energie permette di analizzare — e calcolare — in che modo s’instaurano le relazioni e le sincronie e con quale periodicità si manifestano. Tutti i messaggi energetici sono organizzati e trasmessi, oggi, o per mezzo dei vari linguaggi gestuali, o con la parola o con i segni-scrittura, o per mezzo di un nuovo sistema di misurazione: l’energia-informazione.

L’energia-informazione, nel passare attraverso un sistema, crea sincronie, reitera un sistema di rapporti, quando vi è un osservatore che la percepisce, la calcola e la racconta attraverso i suoi spostamenti.

Ogni organismo biologico vivente “che sente”, configura un sistema di relazione che gli permette di muoversi in sincronia con l’ambiente.

Per realizzare una sincronia in un ambiente, ogni struttura fisico-biologica vivente (o anche macchina di rilevamento e di decisione) deve assumere e far riferimento ad un sistema di misurazione. Il sistema di misurazione segnala e calcola non solo quando si verifica una sincronia, ma valuta anche la funzione che la struttura assume nell’ambiente relazionale di una configurazione. Il sistema di misurazione, pertanto, è utile a stabilire specie quanta energia sia necessaria alla sopravvivenza di un organismo, e da dove questo (organismo) trae la sua fonte di approvvigionamento di energia per trasformarla in funzione. Procacciare energia e tradurla in un sistema di funzioni nel proprio territorio, dentro il quale una struttura fisico-organica ha stabilito dei rapporti di scambio reciproco con altri individui presenti in uno stesso “ambiente vitale”, è una questione di sopravvivenza che coinvolge sia l’individuo e sia la sua funzione nel sistema.

L’organizzazione è il fondamento con cui si percepisce sia dell’informazione, che i modelli con cui si descrivono le strutture.

Ogni struttura crea un sistema precario nello stesso momento chiuso e modificabile.

Il “sentire”, pertanto, è un trovare sincronie in un territorio, entro cui si stabiliscono le relazioni, le funzioni e i vari modi con cui si organizzano, si utilizzano, si occupano e si scambiano fonti per rifornirsi di energie-informazioni.

Fino a poco fa scambiavamo informazioni attraverso un unico sistema e procedimento convenzionale, convinti che la materia e l’energia si trasmettessero osservando alcune semplici leggi fisiche.

Da poco tempo, però, avendo uniformato anche il nostro sistema di misurazione all’energetica della luce, e avendo individuato altri sistemi altrettanto validi — che tra l’altro sono in costante evoluzione, — e che permettono di studiare come si trasmettono, si ricevono e si organizzano in percezione le informazioni che si scambiano come racconti di esperienze estetiche, sarebbe meglio che si aggiungesse nei “nostri racconti” anche il nuovo sistema di riferimento preso in considerazione, con cui si collazionano nel nostro organismo le tante “possibili strutture di commisurazione” ai vari sistemi fisico-biologici viventi, o della “materia” — (quest’ultima studiata, oggi, nei macro-organismi, attraverso le informazioni deducibili dalle aggregazioni delle galassie che si costituiscono in ammassi, o di ogni singolo sistemi galattico, o dei più piccoli sistemi stellari, o degli asteroidi, ecc., fino a quella dell’organismo umano, e giù fino a scendere nel mondo infinitesimale, quando si cerca di individuare il “corpo” di quella materia studiata attraverso le informazioni provenienti dalla unione delle particelle subatomiche percepibili solo dalla misurazione della loro energia, insieme a quella altra parte di “materia” che oggi consideriamo “oscura”).

La materia, della quale narro qui, è di ben altra natura di quella trattata dai filosofi fino ad Heidegger [a tal proposito la rimando al mio saggio Estetica, physis e organizzazione delle informazioni, presente negli “Atti dell’Associazione Italiana per gli studi di Estetica” del 1999, dal titolo Le provocazioni dell’Estetica, Torino, Trauben, 2000, pp. 145-186].

Questa nuova materia-onda si muove in ambienti spazio-temporali relativi, attraversa organismi più grandi — i quali anche per il loro “impercettibile” apporto creano relazioni stratificate —, ed è soggetta anche alle leggi “recenti” dell’elettrodinamica quantistica. La materia-onda, nella sua infinitesimalità, ha una vita relativamente breve (un nanosecondo); ma se si considera che essa costituisce e pervade la struttura di ogni organismo e di ogni ammasso operante (o percepito) in un territorio, si può affermare che, nonostante l’inezia di tempo in cui si produce e vive, permette la configurazione di ogni struttura momentanea costituita da una organizzazione-percezione-racconto, da parte di un osservatore.

Da notare, a questo punto, che sembra quasi che il rappresentare non riesca più a mostrare efficacemente un unico sistema con cui si organizzano le informazioni, perché si è instaurato un modo mobile di organizzare le relazioni tra organismi: il configurare.

Una configurazione si determina, non solo quando vi è un osservatore che percepisce un organismo come una struttura costituita da un ammasso di energia-informazione che si sposta in un ambiente, ma anche quando fa sorgere un metodo per comprendere le relazioni e le modifiche in uno spazio-tempo relativo — soggetto oggi anch’esso a quelle leggi energetiche della complessità e dell’elettrodinamica quantistica —.

La configurazione presuppone, pertanto, un metodo (“modello”) di osservare e organizzare relazioni da un punto di vista, che può essere replicato e valutato solo con le strutture logiche adoperate da un organismo “che commisura” per determinare le sincronie in un ambiente. Quando si entrerà meglio nei meccanismi della configurazione, si comprenderà anche come l’osservatore è direttamente coinvolto nella scelta della struttura, e come egli si modifica durante la sua osservazione.

Si può affermare, pertanto, che ogni struttura logica replicata e configurata presuppone un modello di riferimento, e permette non solo una rappresentazione del mondo, ma anche una percezione di relazioni attraverso strutture e commisurazioni di energie in un territorio, dove il sistema biologico crea sincronie ed equilibri in base alla valutazione del proprio sistema di sopravvivenza.

Questo implica la nuova ricerca, che coinvolge una metodologia di “pensiero” dinamico mai raggiunta prima, e oggi presente nella “estetica logica”, o nel “sentire logico” o nel “sentire matematico” sorto dalla filosofia cibernetica.

Qui si pongono alcune questioni teoriche che avranno sviluppo in altre metodologiche che hanno già dato inizio alla “nuova estetica” del sentire nel divenire umano, attraverso il sistema acclarato dello strutturare informazioni in energia.

Si può affermare in “senso figurale” che ogni energia, infatti, aggrega, organizza, invia e trasporta informazioni; ma il sistema è stabilito anche dal modo in cui ogni organismo è attraversato, recepisce e trattiene una parte di quella stessa energia per soddisfare, dal proprio punto di vista, quelle esigenze utili alla propria struttura per replicarsi, o per mantenere in equilibrio il proprio ambiente relazionale, attraverso cui si stabiliscono le sincronie e le funzioni con gli altri organismi ivi presenti.

Materia organizzata, energia e informazione sono equivalenti logici, per il nostro sistema di percezione e di calcolo delle sincronie e delle commisurazioni.

La nostra esistenza, inoltre, sembrerebbe poggiata oggi su una rete creata dalla organizzazione, dalla sovrapposizione e dal transito di aggregati di energie.

Quanto ho scritto nei miei saggi, ribadisco, si trova in sintonia anche con quanto Heidegger paventava, con segno negativo, quando affermò la fine della supremazia della ricerca tedesca condotta nella forma della filosofia in una conferenza del 1965, Das Ende des Denkens in der Gestalt der Philosophie [La fine del pensiero nella forma di filosofia].

[«Il saggio, di M. Heidegger, con un’ottima introduzione di Adriano Fabris, è stato tradotto col titolo italiano Filosofia e cibernetica, Pisa, ETS editrice, 1989. In un’altra intervista del Der Spiegel (M. Heidegger, Ormai solo un Dio ci può salvare. Intervista con lo Spigel, Parma, Guanda, 1987), che fu pubblicata postuma, per volontà di Heidegger, con le sue correzioni approvate, il filosofo usò toni più catastrofici, contro un pensiero espresso in termini matematici che avrebbe soppiantato la filosofia, o meglio il dominio della filosofia tedesca su tutti gli altri modi di usare la filologia filosofica. L’avversione di Heidegger contro il pensiero matematico fu giustificato in quanto manifestazione della crescita della tecnologia, che si coglie bene nel seguente passo: “Heidegger: le scienze, per noi oggi persino le scienze naturali (con la fisica matematica come scienza fondamentale), sono traducibili in tutti i linguaggi del mondo — ovvero, per essere precisi, esse non vengono tradotte, ma si parla universalmente lo stesso linguaggio matematico. La filosofia non sarà in grado di provocare alcun cambiamento immediato delle condizioni del mondo. Ciò vale non soltanto per la filosofia, ma per ogni riflessione e sforzo puramente umani. Soltanto un Dio può salvarci. […] Il ruolo che ebbe la filosofia è stato assunto dalle scienze […] La filosofia oggi si dissolve nelle singole scienze: psicologia, logica, scienze politiche. ‘der Spiegel’: E che cosa prende il posto della filosofia oggi? Heidegger: La cibernetica”». Riportato in F. J. Tipler, La fisica dell’immortalità, Milano, Mondadori, 1995, p. 83». Il passo citato e messo tra virgolette «caporali», è ripreso dalla prima nota del mio saggio non ancora pubblicato integralmente: «Dalla Comunicazione alla Teoria dell’Informazione, ovvero Il passaggio dal Comunicare all’Informare attraverso il riconoscimento di un saggio di Heidegger e la “previsione” di McLuhan»].

Il delinearsi del nuovo universo. Con la cibernetica abbiamo scoperto, così, un universo non più spiegabile attraverso leggi generali e immutabili.

Ci troviamo in un mondo dove nessuna disciplina, neanche la scienza, oggi, è fornita di una legge universale, con cui raccogliere in una qualche teoria unificata tutto lo scibile.

La scienza, anzi, ammette e conserva tutte le molteplici e frammentate organizzazioni teoretiche — ognuna valida nel proprio sistema —, anche se contraddittorie; basta che con esse sia possibile commisurare ed organizzare attraverso il dominio di un calcolo logico una serie di percezioni-strutture.

Una posizione del genere nel campo del linguaggio è stata assunta già da Ugo Volli nei suoi testi, dove egli traccia un’equivalenza tra racconto genetico e termodinamico anche per l’organizzazione semiotica [ciò mi apparve chiaro specie nel suo breve ma intenso saggio Fattoidi e memi: per un’ecologia semiotica, sta in Alberto Abruzzese e Agata Piromallo (a cura di) Videoculture di fine secolo, Napoli, Liguori, 1989].

È questa una svolta epocale, che va ben compresa.

La cultura è trattata da parecchi studiosi come trasmissione di strutture informative, con cui si assumono dei “modelli” e delle “funzioni” nel proprio ambiente d’argomentazione; come, ad esempio, è possibile assemblare in modo “generativo” le strutture linguistico-filosofiche nel proprio ambiente vitale [si veda a tal proposito N. Chomsky, Nuovi orizzonti nello studio del linguaggio e della mente, Milano, il Saggiatore, 2005].

L’unificazione in un sistema, delle diverse organizzazioni linguistico-culturali e della percezione da parte di un osservatore “quantistico-generativo”, è avvenuta attraverso l’assunzione del nuovo sistema di calcolo: l’energia-informazione.

Percepire e raccontare il mondo attraverso le organizzazioni informativo-energetiche è diverso, e pone una serie di misurazioni dissimili da quelli degli altri sistemi, a partire dal percepire il mondo attraverso il superato concetto di materia-natura.

Va, per questo, ricordato che «Un vecchio pregiudizio dice che l’informazione e la cultura possono espandersi e moltiplicarsi senza costi e pregiudizi per nessuno, anzi con vantaggi di tutti. Dobbiamo mettere in discussione questo punto di vista consolante. Anche l’informazione è soggetta alla seconda legge di termodinamica, come ogni sistema fisico: ce lo assicura la stessa definizione di Shannon e Wiener, che identifica l’informazione su un sistema e il reciproco dell’entropia di quello stesso sistema. L’entropia non può diminuire in un sistema isolato se non scaricando al suo esterno sotto forma di rifiuti, e in quantità superiore all’ordine raggiunto: questo ci assicura la termodinamica. E come ogni sistema chiuso — essere vivente, processo chimico, fabbrica, o sistema ecologico — per questa ragione strettamente generale deve scaricare i suoi rifiuti fuori da sé per non disorganizzarsi, così accade esattamente per le stesse ragioni — a ogni sistema semiotico. Che i rifiuti siano materiali che informativi, non ha qui nessuna importanza: tanto più un sistema è complesso e riccamente strutturato, tanto più comporta un costo in termini di rifiuti esportati. […] Mi basta sottolineare questa situazione effettiva di inquinamento semiotico cui siamo sottoposti, che mette a dura prova la resistenza dei nostri codici informativi ed estetici». [U. Volli, Fattoidi e memi: per un’ecologia semiotica, op. cit., pp. 148-149].

Su questa linea vanno interpretate come continuum le strutture di informazioni, che vanno equiparate alla commisurazione di un “sentire”, specie quando si presentano come organizzate in forme di un racconto che riferiscono di un punto di vista.

Queste posizioni sono riscontrabili anche nel metodo logico-ecologista dell’auto-analisi, come, ad esempio, fu proposto dall’antipsichiatra-poeta Ronald Laing [Rimando qui al suo più famoso libro di poesie, in voga negli anni passati, a dimostrazione — e come interfaccia — della sua ricerca, R. D. Laing, Nodi, Torino, Einaudi, 1974].

Qualsiasi forma di esclusione, che pone una interrogazione ad un osservatore-percettore-elaboratore-di-una-struttura-di-analisi-che-configura-il-reiterarsi-di-sincronie-in-territorio,  annuncia sempre una probabile iper-produzione d’energia, che prima o poi può portare il sistema ad un collasso. Per questo motivo bisogna che ogni struttura — sia nuova che vecchia — sia funzionale ad un abbassamento di tensioni e non ad un eccitamento di tensioni, e che tutta l’energia-informazione sia consumata, convertita e rimessa in ciclo nell’interno del sistema. Le “scorie” che si producono, poi, vanno espulse o riciclate, ed anche queste rientrano nella valutazione che comprende la funzione assunta dalla struttura nel sistema (un eccessivo calo di tensione, infatti, senza espulsione delle scorie potrebbe lo stesso portare ad un collasso di uno degli elementi “difettosi” del sistema, che in questo caso imploderebbe per occlusione).

L’uomo di scienza e l’uomo umanista, oggi, perseguono lo spostamento dell’energia dinamica quando analizzano le organizzazioni, le relazioni e le sincronie, trasmesse attraverso le culture ed i linguaggi nel nostro “villaggio globale”.

Dalla rete del sistema, purtroppo, non possiamo più essere scollegati, perché ne va delle nostre relazioni di sopravvivenza descritte con una configurazione; infatti, ogni sopravvivenza è permessa solo dalla funzione espressa da una struttura, che è assunta col tipo di relazioni “reiterative” che si sincronizzano con quelle delle altre strutture presenti in un territorio.

Una volta che si sono stabilite delle sincronie in una organizzazione, la vita dei singoli non deve subire troppe sollecitazioni che inducano a modiche radicali della struttura; a questo concorre la ricerca degli “aggiustamenti strutturali”, che riportano equilibrio nelle scelte quotidiane.

In effetti, il pensiero attuale, fondato su passati automatismi e relazioni, andrebbe arricchito o riformato, specie con l’introduzione dei paradigmi di tutte discipline “scientifiche” attuali — a partire da quelle fisico-matematico-biologiche —, che andrebbero collegate alla ricerca delle altre scienze filosofico-umanistico-letterarie.

La proposta di questa riforma già è stata presentata. Fu esposta da Edgar Morin nel 1999 con una relazione. Egli sottopose al vaglio del ministero della cultura francese il proprio progetto, che prevedeva “una riforma dell’insegnamento e una riforma del pensiero”. [Il progetto fu anche tradotto in italiano, E. Morin, La testa ben fatta, Milano, Raffaello Cortina editore, 2000].

In questa relazione, Morin ha auspicato non solo una comprensione inter-soggettiva degli eventi, ma della intera cultura, seguendo sette principî “emergenti”:

«1. Il principio sistemico od organizzazionale» [riferito alla sistemica di Pascal, che si oppone all’idea riduzionista, secondo cui non si può conoscere il tutto senza le parti e le parti senza il tutto; pertanto, la organizzazione di quest’ultimo (il tutto), ogni volta produce qualità o proprietà nuove se confrontate alle varie altre parti manifestatesi e considerate isolatamente: le emergenze].

«2. Il principio “ologrammatico”», [ispirato all’ologramma, che è costruito secondo uno schema, per cui ogni punto di esso (ologramma) contiene la quasi totalità dell’informazione dell’oggetto che rappresenta].

«3. Il principio dell’anello retroattivo», [questo è stato introdotto nell’osservazione da Norbert Wiener, e permette la conoscenza dei processi auto-regolatori di un sistema, con il procedimento di feed-back (retroazione)].

«4. Il principio dell’anello ricorsivo» [si propone come un sistema di auto-produzione e auto-organizzazione della conoscenza, in cui gli effetti discendono da informazioni di cui gli stessi prodotti sono stati produttori].

«5. Il principio d’autonomia/dipendenza (auto-eco-organizzazione)», [considera i sistemi biologici viventi come strutture auto-organizzate e auto-organizzatrici, queste si trovano nella condizione di un continuo aggiustamento strutturale con l’ambiente in cui vivono. Essi (i sistemi biologici viventi) non possono vivere e morire continuamente se non evolvendosi in simbiosi con l’ambiente «secondo la formula di Eraclito: “vivere di morte, morire di vita”; le due idee antagoniste di morte e di vita sono allo stesso tempo anche complementari». Ivi, p. 98].

«6. Il principio dialogico», [è individuato, credo, seguendo i dettami de’ La Nuova Alleanza di Prigogine e Stengers, con l’introduzione del caos dissipativo; infatti, secondo questo principio si è indotti a guardare i fenomeni, gli eventi e le relazioni secondo una dialogica fondata su «ordine/disordine/organizzazione», che — secondo Morin — implica una relazione d’interfaccia. Questo tipo di dialogica costruisce, —secondo chi scrive, che si sente “in sincronia” con l’autore, — gli stati (equilibri momentanei d’indecisione) e le decisioni (fatti) trasportati dalle informazioni in un percorso che produce scorie. Ogni percorso, appunto, va analizzato seguendo i principî rilevati dalla termodinamica quantistica, dove le nano-particelle della materia sono percepibili sia come corpuscoli (aggregazioni fisiche) e sia come onde (aggregazioni di energie), in cui un termine non esclude l’altro. La “doppia natura” di onda-particella è trasferita da Morin anche alle macro-strutture, come ad esempio accade per il sistema biologico vivente umano, che è in accoppiamento strutturale col suo ambiente di relazione].

«7. Il principio della reintegrazione del soggetto conoscente in ogni processo di conoscenza» [implica un procedimento cognitivo nuovo applicabile alla ricerca; infatti, a partire «dalla percezione alla teoria scientifica ogni conoscenza è una ricostruzione, traduzione da parte di una mente/cervello in una data cultura e in un dato tempo», che chi le scrive ha specificato più volte come una configurazione, e non più come una rappresentazione statica della cultura e dei racconti tratti da un osservatore degli eventi]. [Per i sette punti si veda, Ivi, pp. 96-101].

La riforma del pensiero, secondo Morin, che anch’io spesso qui richiamo, è quella di «integrare nelle due culture le idee capitali nate a margine dell’una e dell’altra, nei mondi dei matematici-ingegneri-pensatori come Wiener, von Neumann, von Foerster. Permetterebbe così la comunicazione tra queste due culture, che finirebbero per costituire i due poli di una sola cultura». [Ivi, p. 100].

Le scienze, le filosofie, le arti e le applicazioni teoretiche e meccaniche ritrovano una loro unità nella scienza sistemica di sopravvivenza e della vita, per mezzo dell’analisi di un osservatore che “valuta” — da un punto di vista e in un contesto —  l’organizzazione e la commisurazione di sincronie ed energie di un sistema.

In questa rivisitazione, scientifico-matematico e logico-filosofica dell’energia-informazione, l’umanesimo dovrebbe trovare una sua rigenerazione.

«Ricordiamo che l’umanesimo europeo di oggi non ha come sola origine l’eredità ateniese (la sovranità dei cittadini sulla loro città, la sovranità della ragione sul pensiero) e l’eredità giudeo-cristiana (L’uomo a immagine e somiglianza di Dio, Dio che prende forma e carne umane). Esso ha ricevuto l’apporto di quattro scoperte nate dalle scienze e che situano l’essere umano nel mondo sgretolando ogni antropocentrismo. È Copernico che toglie all’uomo il privilegio di essere al centro dell’universo, È Darwin che ne fa discendente degli antropoidi e non una creatura a immagine del suo Creatore. È Freud che desacralizza lo spirito umano. Ed è infine Hubble che ci esilia in una delle periferie più lontane del cosmo. L’umanesimo non dovrebbe più essere portavoce dell’orgogliosa volontà di dominare l’universo. Diviene essenzialmente quello della solidarietà fra umani, la quale implica una relazione ombelicale tra la natura e il cosmo.  Questo indica che un modo di pensare capace di interconnettere e solidarizzare delle conoscenze separate, è capace di prolungarsi in un’etica di interconnessione e di solidarietà tra umani. Un pensiero capace di non richiudersi nel locale e nel particolare, ma capace di concepire gli insiemi, sarebbe adatto a favorire il senso della responsabilità e il senso della cittadinanza: la riforma di pensiero avrebbe dunque conseguenze esistenziali, etiche e civiche». [Ivi, pp. 100-101].

In questa prospettiva, e con queste finalità, va introdotto quello che si può chiamare il nuovo racconto del “sentire” estetico.

Si tratta, in effetti, di un “sentire” che è prodotto in un ambiente relazionale, e che sebbene connette il vecchio sentimento generato con una «scossa» emozionale all’energia-informazione che l’ha prodotta e veicolata, è stata organizzata in principî-mezzi-fini in un contesto e dalle strutture di rilevamento di un osservatore — che da ora in poi non ricorderemo più che produce, implicitamente, dopo una sua scelta, anche delle scorie —.

Ancora una volta vi è l’unione tra natura [φύσις (physis), “natura”] e il cosmo [κόσμος (kósmos) “ordine”], a cui si connettono le strutture e con cui si producono le commisurazioni variabili tra le energie e le forme del «percepito», per la scelta di un osservatore. Ma quale percorso e quali relazioni si possono tracciare, secondo le nuove teorie sorte dalle leggi dell’elettrodinamica quantistica?

Il soggetto-oggetto-struttura, con l’avvento di una misurazione energetica, è da considerarsi innanzitutto un’interfaccia indistinguibile di materia-organismo-energia; mentre le sue configurazioni divengono l’oggetto di verifica dell’indagine, egli — da soggetto — è impegnato a porre ordine alla successione degli eventi o a determinare e a scegliere lo “stato” di un elemento.

È sempre il soggetto-oggetto-struttura che analizza gli eventi, oggi. Egli li rileva e li percepisce per mezzo di determinati intervalli sincronici prodotti dalla sua decisione; infatti, come produttore di una osservazione stabilisce gli strumenti, e così organizza anche i parametri del manifestarsi dell’energia-informazione.

Ogni sistema biologico vivente, considerato come un osservatore, pertanto, non solo crea la struttura relazionale ma ordina e determina anche il percorso dell’energia-informazione in un contesto.

Ogni manifestarsi di una struttura è generata da una scelta o da una direzione (utile al raggiungimento di una meta-stasi), attraverso quello che sono stati definiti gli stati (gli equilibri momentanei d’indecisione) e i fatti (le decisioni).

Con l’introduzione del calcolo probabilistico anche nel sapere della cultura umanistica, perciò, si è indotti ad analizzare il rapporto nascita-fine di una metastasi, secondo un procedimento che coinvolge il computo di una configurazione energetica prodotta da un osservatore. Non è più l’uomo che si valuta, ma la sua configurazione. La struttura può trovarsi sia in un contesto in cui si produce un’informazione su un organismo coinvolto durante lo svolgersi dell’atto dell’attraversamento energetico, e sia una informazione su come uno spettatore che guarda in prossimità — o da lontano — l’evento senza apparentemente esserne coinvolto.

In entrambi i casi, per la termodinamica, si genera una scelta di sistema.

Ogni scelta di sistema, che avviene quando si decide una struttura con cui si osservano le dinamiche delle relazioni, permette un’auto-modifica dei valori nel configurare i rapporti tra persone ed energie che si spostano in un territorio; almeno se si vuole considerare in che modo si forma l’apprendimento — che l’energia-informazione produce quando si muove —, quando, cioè, l’osservatore le applica una struttura di relazioni. Ogni atto di osservazione, per questo, si dice che auto-modifica le strutture — anche se impercettibilmente —, e con esse si auto-modificano le relazioni degli organismi presenti in un qualsiasi ambiente attraversato dall’energia-informazione.

Un “sentire”, perciò, implica un sistema che si auto-osserva, si auto-modifica e si auto-racconta, mentre osserva, racconta e percepisce anche il modificarsi dell’ambiente con cui un osservatore decide il modo di costruire le proprie relazioni.

Allo stesso modo accade a livello atomico: due particelle, per quanto siano distinte e separate, possono far parte dello stesso sistema quando a decidere è la scelta di un osservatore.

Di una energiainformazione quantistica, infatti, ciò che ci interessa è la posizione d’indecisione (stasi — o metastasi di stasi —) descrivibile col racconto di un osservatore, o il movimento-scelta di osservare un racconto che parte da un punto e giunge ad un altro punto di un ambiente relazionale (fatto — o metastasi di fatto —); perché solo dopo aver stabilito il punto di vista dell’organizzazione di un osservatore si può comprendere l’uso dell’energia-informazione, e determinare il tipo di racconto “significativamente codificato” rinvenuto, dopo la scelta di un sistema misurazione delle relazioni energetiche nel messaggio.

È necessario spiegare questo fenomeno con esempi che le sembreranno quelli più di un divulgatore scientifico, che di una persona che s’interessa di filosofia o di estetica.

Credo che questa teoria generata dalla meccanica quantistica, dove non ha più senso interrogarsi contemporaneamente dove si trova un atomo e come si muove, vada applicata anche ai nuovi meccanismi scoperti nel mondo relazionale umano.

Stiamo unificando il sapere sotto il segno dell’energia-informazione, e solo pochi si interrogano come si è giunti a questo sistema di commisurare, configurare e relazionare l’uomo al suo “sapere”.

Sarebbe ora, anche per il “sentire”, chiederci in che modo — in questo sistema —esso modifica le nostre relazioni e convinzioni.

Se l’energia-informazione, trasportata dall’elettrone di un atomo, può influenzare la sopravvivenza di un organismo nel mentre organizza il proprio universo quotidiano, tanto più lo può fare “un sentire” — che oggi andrebbe considerato come un sistema di equivalenze, determinato dalla ricerca di attrattori.

Cos’è cambiato nel nostro modo di concepire la vita?

Il mondo fisico fino a poco fa era osservato con uno sguardo che era comunque deterministico, ora lo sguardo è diventato d’indeterminazione.

I calcoli che si adoperano nelle scienze fisiche per un esperimento possono essere lunghi per la scelta di un procedimento di commisurazione e brevi nell’applicazione, oltre che ad essere diventati probabili.

Quello che è opportuno comprendere, oggi, in che modo entrano in gioco, nella vita e nel sentire, l’universo della probabilità, del caso e delle scelte, dalla maggior parte dei sistemi filosofici esclusi — specie nel recente passato —, quando il fine era sempre stato l’offrire una rappresentazione del mondo… unitaria.

Percepire, oggi, implica anche uno strumento di misurazione. Misurare impone un costruire un sistema di relazioni-commisurazioni tra oggetti — o metafore —, con cui si calcola e si valuta la possibilità di entrare in strutture sincroniche nell’ambiente in cui si vive, altrimenti si è subito espulsi e trattati come rifiuti, o espunti dal sistema.

Uno strumento di misurazione umana va sincronizzato sulla fisica-chimica-biologia.

L’uomo è fornito “naturalmente” (o “geneticamente”) di questo strumento di misurazione quando il suo organismo diventa un embrione, e gli è utile per muoversi in consonanza con l’ambiente e con gli altri organismi biologici viventi. Sul suo sistema di misurazione, egli fonda il proprio sistema di sopravvivenza energetica.

L’uomo ha sviluppato, però, anche di altri strumenti di misurazione, che oggi gli permettono di scrutare il cielo e di guardare il mondo infinitesimale delle nano-energie d’informazioni. Queste misurazioni sono frutto di diverse equivalenze, che organizzano altre consonanze e sincronie, e si ottengono adottando diversi rapporti di grandezze, che impongono l’utilizzo di varie metodologie.

[ Il tentativo è quello di unificare le varie discipline ad un unico sistema di calcolo. Mi preme ricordarle — rifacendomi specie ai suoi studi pregressi, cioè, non a quelli “significativi” da lei prodotti per la divulgazione della conoscenza dei problemi estetico-filosofici, — che vi è stato già chi ha tracciato una relazione tra il mondo fisico e il mondo chimico. Dmitri Mendeleev, nel 1871, organizzò gli elementi allora noti in una tavola periodica, lasciando vuote alcune caselle per alcuni elementi che furono scoperti successivamente, perché voleva collocare gli elementi simili vicini nella sua tavola. Egli costruì questa tavola seguendo un procedimento logico-matematico, a cui fece seguito la conoscenza. Si può «col senno di poi, considerare il successo delle previsioni come una conferma della comprensione dell’atomo da parte della meccanica quantistica. Un processo analogo avrebbe avuto luogo negli anni Settanta del secolo scorso, quando i fisici stavano classificando la pletora di particelle prodotte negli acceleratori. In linea di principio, l’equazione di Schrödinger dovrebbe essere in grado di predire non soltanto la struttura e lo spettro degli atomi, ma anche le interazioni tra loro, in questo modo la chimica diventa parte della fisica. Invece di misurare le velocità delle relazioni e le energie tra i componenti, sarebbe possibile predirle risolvendo un problema di meccanica quantistica. In pratica, però, tutto ciò è profondamente difficile da realizzare, e ancora oggi molti scienziati si stanno ancora sforzando di farlo nell’ambito della disciplina nota come chimica fisica». Sta in R. Oerter, La teoria del quasi tutto, Roma-Torino, Le Scienze Codice, 2006-2007, pp. 70-71. I problemi di chimica e di fisica oggi sono la ricerca e l’indagine di calcoli logico-matematici, in quanto l’indagine sulla meccanica quantistica rientra nella disciplina della filosofia e della scienza dell’informazione, — e che, da Heidegger, era già stata individuata nella scienza cibernetica, quale «scienza che unificherà tutte le altre scienze». Da aggiungere, che ieri, 20 maggio 2010, è stata una data importante per la scienza coeva: è stata sintetizzata in laboratorio la prima cellula vivente e replicante. Si è dato vita alla prima forma di vita genetica costruita in laboratorio, anche grazie alla citata formula matematica delle equivalenze di Schrödinger — denominata equazione di Schrödinger —. La formula che le riporto di seguito è legata all’esempio degli scienziati che affermano, che un qualsiasi “oggetto” che scivola avanti e indietro nel mondo quantico — ricordo che esso produce una serie di equivalenze e di calcoli diversi nel nostro mondo, come dall’esempio della formica coi pattini in una scodella, — , permette di calcolare e stabilire le qualità di un oscillatore armonico attraverso il rapporto distanza velocità. In ogni ambiente (nell’universo degli oggetti del micro-cosmo, o nell’universo degli oggetti della quotidianità, o nell’universo degli oggetti del macro-cosmo), si creano equivalenze nel moto attraverso reiterazioni presenti sia nelle leggi del mondo quantico che nelle leggi del nostro mondo degli oggetti, che nelle leggi delle relazioni tra pianeti. Per questo motivo, si cerca ancora una teoria che possa unificare questi mondi. I problemi degli organismi umani è che sono soggetti a leggi delle strutture che si basano su predominanze di equivalenza che implicano le l’interfaccia degli elementi che si creano e si organizzano come strutture composite di universi chimico-fisico-biologici, con predominanze e interazioni concatenate di relazioni.

Dimenticavo la formula è la seguente:

Rimando la esplicazione al testo sopra citato di Robert Oerter, dove si troveranno anche i disegni delle rappresentazione di onde, specie nel capitolo La fine del mondo così come lo conosciamo, pp. 49-71. Mi preme qui riportare la sua acuta osservazione sulla fisica classica dell’oscillatore armonico studiato attraverso «una formica con i pattini a rotelle». e la diversità di procedura che, invece, va adottata nella fisica quantistica. «La rappresentazione dell’oscillatore armonico tramite una formica con i pattini a rotelle è una rappresentazione classica, il che implica che è necessario conoscere:

*                     Il punto di partenza dell’oggetto: da quanto in alto, nella ciotola, abbiamo lasciato la formica.

*                     La velocità iniziale dell’oggetto: nel nostro caso, la formica era a riposo quando l’abbiamo lasciata andare.

*                     le forze che agiscono sull’oggetto: la forza di gravità e forza di contatto tra la ciotola e i pattini della formica.

Da queste informazioni, come spiegato, conosciamo ciò che la formica sta facendo 8 e continuerà a fare per sempre). Nel mondo quantistico, la procedura è completamente diversa. Prima di tutto, abbiamo bisogno di rappresentare la particella (formica) tramite un campo quantistico, o una funzione d’onda. Il campo, poi, deve essere una soluzione di Schrödinger; […] Non è necessario capire la matematica dell’equazione, ma c’è un punto molto importante da notare: introduce una nuova costante fondamentale della natura  (si pronuncia “h tagliato”), nota ai fisici come cosytante di Planck. Come la velocità della luce,  può essere misurata da chiunque, dovunque in qualsiasi momento; il risultato sarà sempre lo stesso. Ogni volta in cui la costante di Planck fa capolino sappiamo che, in qualche modo, è coinvolta la meccanica quantistica. L’equazione di Schrödinger ci spiega come prendere l’onda associata alla particella e inserirla correttamente nella ciotola; scopriamo di fatti che l’onda sta soltanto in certi punti della scodella, dando un insieme discreto di livelli di energia». (Ibidem, pag. 63)].

Ciò che attualmente sappiamo è che, con l’elettrodinamica quantistica, si sta tentando di adottare — da quasi un secolo — un sistema di misurazione che permetta di unificare, mettere in interrelazione e in sincronia tutti gli altri sistemi di misurazione.

Come per lo strumento di misurazione elettrodinamico quantistico si deve far ricorso ad apparecchiature macroscopiche — e, basta questo, che si possa affermare che la realtà microscopica è inscindibile da quella macroscopica, perché le attrezzature di rilevamento usate sono costituite anch’esse da atomi che valutano l’energia di altra materia-energia, perciò, ci troviamo di fronte ad un «anello impossibile» di misurazione, dove il misurare è caratterizzato dal valore espresso da uno strumento e non dalla percezione, — così l’uomo che sente è in relazione ed agisce secondo le valutazioni della propria struttura, che dà una misura approssimativamente conforme alla unità stabilita per l’energia-informazione, e segue un ordine prescelto con cui valuta i comportamenti sincronici o diacronici. Tutte queste relazioni — presunte o prescelte — sono generate dall’energia-informazione che attraversa un ambiente, e determinano quel configurare un sistema di relazioni unitarie (o d’interfaccia) tra l’ambiente e l’organismo. Ogni configurazione, poi, è in continuo aggiustamento strutturale; in quanto i valori e i rapporti espressi dalle attrazioni nei passaggi di energia cambiano continuamente, a causa proprio di come sono apprese ed organizzate quelle energie-informazioni da un osservatore e dai sistemi interrelati nell’ambiente.

I sistemi interrelati e l’osservatore costituiscono la rete della configurazione utile per indicare un utilizzo dell’energia-informazione. Nascono così i metodi di rilevamento logici, che — col sistema della retroazione [feedback] — organizzano un sistema di misurazione chiuso che è messo a punto, o sincronizzato, dalla distribuzione delle funzioni. Sappiamo, poi, che qualsiasi sistema chiuso produce quelle scorie che vanno eliminate.

La scoria diventa qualsiasi altra parte della struttura d’energia-informazione, che pur se contiene un’altra organizzazione funzionale diversamente disposta, non è utilizzata dal sistema di misurazione dell’energia-informazione dominante in quel momento nell’ambiente, perché il riconoscimento dell’altro intervallo di reiterazione non è funzionale a quel sistema già sincronizzato.

Si viene espulsi da un sistema di valutazione e di organizzazione, infatti, quando o vi è una espunzione d’utilizzo, o una dichiarazione di poca funzionalità, o è adottato un ostracismo di esclusione della funzione — dovuto alla preoccupazione del mantenimento della propria autoreferenzialità dei membri che rendono coeso il sistema —, o quando si riconosce l’esaurimento della conservazione interna della coesione dell’organismo con la sopraggiunta morte della struttura.

In fondo, questa nuova teoria, permette una diversa osservazione, percezione e misurazione del mondo mai concepita finora, e si distanzia da tutte le altre che sono state prospettate. Un termine — o metafora — in questo sistema è una struttura di commisurazione che produce una funzione; in un altro contesto, lo stesso termine cambia sia il valore e sia la funzione. La storia si presenta sempre come un paradigma dell’organizzazione spazio-temporale, e mai un continuum. [Le ricordo a questo proposito quanto ho evidenziato nel mio saggio Arte e informazione cibernetica, ovvero: dell’arte come “bene culturale” «Questo nuovo pensiero filosofico si muove e si sviluppa in sintonia col nuovo modo di intendere la geografia e la storia, di cui Koiré era seguace. Dopo Vidal de la Blanche, Jean Brunhes, Albert Demangeon, Jules Sion, promotori di una geografia intesa come scienza degli uomini, vi sono i nuovi storiografi che parlano di una interdisciplinarietà che ha dato origine a scienze che si pongono oltre le vecchie frontiere collocate tra tutta la scienza dell’uomo e le scienze della natura o della vita. Questi pionieri della nuova storia si costruiscono sui testi di Lucien Febvre, di Marc Bloch, di Fernand Braudel fino alle successive generazioni quella di Jacques Le Goff, Philippe Ariès e Marcel Detienne padri indiscussi di tutta la presente storiografia, che tenta di legare la storia all’antropologia, e alla sociologia, oppure di andare oltre e di assorbire tutte le scienze umane in una “pan-storia ” o “scienza globale dell’uomo”. (A tal proposito, cfr. J. Le Goff, La nuova storia, sta in a cura di J. Le Goff, La nuova storia, Milano, Mondadori, 1980, p. 45)». Sta in G. Siano, L’estetica e il «sentire» nelle macchine, Napoli, ESI, 2006, p. 131].

David Bhom, noto studioso della teoria dei quanti, ha proposto i temi di un nuovo modo di concepire l’osservazione nelle scienze nel suo famoso Wholeness and the Implicate Order affermando che «La teoria dei quanti comporta un cambiamento d’ordine descrittivo fondamentale: è la rinuncia al concetto di analisi del mondo ripartito in frazioni relativamente autonome, che esistono separatamente ma che sono in interazione tra loro. Al contrario, si tende, per questo, a dare peso alla totalità indivisa in cui lo strumento d’osservazione non è separato da ciò che osserva». [Da D. Bhom, Wholeness and the Implicate Order, London, Routledge & Kigan Paul, 1980, p. 134].

Secondo questa teoria, il mondo non va più considerato come un insieme di cose separate, ma queste vanno collegate tra loro. In questo caso, Bohm richiama Werner Heisemberg quando afferma che «la normale separazione del mondo tra soggetto e oggetto, tra mondo interno e mondo esterno, tra corpo ed anima, non è più adeguata» [Ibidem].

Il nuovo cosmo è, ora, costituito da una rete di relazioni, posta (o interfacciata) da un osservatore all’interno del proprio sistema di osservazione-percezione-racconto.

Questo osservatore, nel ricostruire un sistema di osservazione degli spostamenti di energia-informazione, si muove in simbiosi con gli apparecchi che gli permettono il rilevamento ed il riconoscimento di una struttura di relazioni. L’osservatore, in effetti, riconosce e contribuisce ad indirizzare l’energia verso un proprio obiettivo.

Si afferma qui che, con la scelta di una organizzazione [sia essa descritta in una condizione di indecisione (stasi) o dopo una scelta che permette di tracciare un movimento (fatto), o percorso,] si produce un condizionamento del macrocoso sul movimento del microcosmo, con un’auto-modifica del sistema.

L’osservatore contribuisce a costruire e a dare al microcosmo una costituzione di “autentica realtà”; ciò avviene attraverso una serie di calcoli ed equazioni logico-matematiche, che permettono sia il computo di “valutare” l’influenza dello spazio-tempo sulle modifiche di un organismo, o di una situazione mentale, o fisica, o sociale, o di termini metaforici, ecc., e sia nell’indirizzare l’energia-informazione verso un bersaglio — e determinarne la storia con un procedimento di relazioni —.

Questo fa intendere che un sistema di relazioni tra grandezze si crea a partire dalla scelta della struttura logica adoperata dall’osservatore, con cui egli decide di percepire ed organizzare la propria configurazione nel suo ambiente.

Una misurazione del quantum di energia-informazione diventa una variante del problema filosofico di creare un sistema con l’interfacciare mente/cervello/corpo, o, ad esempio, nello stabilire un rapporto di interfaccia tra software e hardware.

L’argomento di interfacciare il corpo-cervello-mente è stata mia preoccupazione in altri scritti, qui le ricordo solo il celebre libro del neurobiologo di origine portoghese  Antonio R. Damasio, L’errore di Cartesio [Milano, Adelphi, 1995].

Per entrare in questo mondo della nuova misurazione elettrodinamica quantistica, prendiamo ad esempio un computer, esso è formato di software [programmi] e hardware [la cosiddetta ferraglia, o parte dura…, o parte fisica della struttura costruita per far passare l’energia-informazione].

Nell’osservazione elettrodinamica il software è paragonabile all’onda-energia che trasporta informazioni in uno spazio-tempo per mezzo di una particella (hardware).

Sia l’onda-energia che la particella sono considerate, entrambe, interfacce dello stesso elemento “divisibile”: l’atomo (questa configurazione, tradotta nel mondo antropomorfo del racconto terrestre, potrebbe essere considerata l’equivalente di una interfaccia indivisibile di una metafora dell’uomo, secondo Volli).

Quando “si effettua” una osservazione si produce una scelta; pertanto, con quella osservazione, si definisce ciò che viene osservato, in che modo e da quale punto di vista o posizione.

La scelta, pertanto, produce anche un sistema di commisurazione con cui si valutano gli elementi osservati.

Solo quando tutto è composto in un racconto, che ordina in sequenzialità e frequenze i fatti o gli accidenti, l’energia dispiega il suo movimento e rivela la sua strategia di correre verso il “suo” bersaglio; ed è allora che in fisica si dice che l’onda «collassa», perché è individuata in una condizione di equilibrio particolare a cui viene attribuito un “valore” definito insieme a tutto quanto è stato osservato.

L’azione, nel nostro universo del microcosmo, può essere valutata — da un osservatore — solo partendo dalla fine [principio di feed-back].

Ogni “stato” e “fatto” è storia e paradigma di un racconto che si collega ai valori espressi dell’osservatore, proprio come avviene rilevando un esperimento quantistico.

Poniamoci per un momento, ora, dalla parte dell’onda-energia (o hardware) di un elettrone, quando incontra un bersaglio sul suo cammino.

Essa rimbalza e produce due onde: una procede verso sinistra, e l’altra va verso destra.

Fino a quando non si realizza un’osservazione per stabilire dove sia diretto l’elettrone, non si sa se questo ha preso la strada di sinistra o di destra.

Bisogna supporre, pertanto, che i due elettroni fantasmi (quello di sinistra e quello di destra), o i due mondi fantasmi, coesistano in una sorta di possibile realtà, o in uno stato di irrealtà ibrida.

Solo all’atto dell’osservazione uno dei fantasmi scompare, e l’elettrone assume uno “stato” o indica un “fatto” concreto, espressi in strutture logiche, o in connessioni logiche che formano una equazione di rilevamento di sequenze, che può essere tradotta in un racconto.

Quando l’onda esaurisce la sua forza (ovvero “collassa” definitivamente), l’elettrone esce dal suo stato di possibilità, e attraverso la “decisione” assunta (e percepita) dall’osservatore assume una funzione nella realtà concreta.

È ancora sconosciuto il modo attraverso cui l’osservatore “rendere reale” un elettrone.

La soluzione può essere anch’essa biunivoca: è la mente che predomina sulla materia?, o è l’universo che si biforca in due universi paralleli?

La prima è la posizione di Eugen Wigner, la seconda è di Bryce De Witt [a tal proposito veda di E. Wigner, Remarks on the mind-body question, sta in I. J. Good (a cura di), The Scientist Speculates, London, Heinemann, 1962, e di B. S. De Witt. The many-universes interpretation of quantum mechanics, sta in B. d’Espagnant (a cura di), Foundation of Quantum machanics, London, Academic Press, 1971].

Eppure, quando l’osservatore decide la direzione (ovvero, scioglie l’interrogazione di dove è andato l’elettrone), l’altro universo svanisce, specie quando l’uomo si affida per le rilevazioni a delle macchine di amplificazione dell’energia meccanica; o alle strutture logiche con cui ha deciso il proprio sistema di valutazione o di computo umani nel proprio ambiente di sopravvivenza.

La teoria dei quanti, che attribuisce alla mente il ruolo importante di scegliere l’interpretazione e la direzione di un evento, permette di costruire una molteplicità di mondi tutti probabilmente veri.

Con questa teoria si estende lo sviluppo della “realtà” ad una serie di previsioni e diramazioni, che assumono l’aspetto di una serie di strutture probabili ramificate e labirintiche, prima della scelta della direzione verso cui s’indirizza un’energia-informazione.

Sono le relazioni ed i sistemi che determinano il collasso dell’energia-informazione.

Una volta che si esaurisce il potere energetico, della direzione impressa ad un’energia-informazione, è possibile ricostruire un percorso e, con gli strumenti a disposizione di un osservatore, si determina il racconto.

Ogni racconto è un sistema chiuso, che inevitabilmente produce ed elimina le scorie.

Questo è un evento non solo applicabile alle strutture della materia, ma anche alla organizzazione logico-simbolica della percezione e agli strumenti adoperati per l’osservazione.

Se si prende in considerazione un’apparecchiatura di misurazione semplice a due posizioni, quella, cioè, che segnala se l’elettrone si trova a destra o a sinistra, si dirà che: il sistema totale dell’elettrone più l’apparecchiatura è definibile come un sistema quantico esteso. [Qui non si tiene qui conto delle altre apparecchiature organizzate secondo possibili e più complesse strutture di rilevamento e di calcolo, come ad esempio è rappresentato nella logica fuzzy, o dell’indistinto, che introduce nelle scelte anche i calcoli di stati intermedi; come, ad esempio, quando non si evoca più la logica bipolare — come acceso o spento di una lampadina —, ma s’introducono, col fuzzy-pensiero, le variabili di scelte complesse — come più caldo, caldo, medio, freddo, più freddo di un condizionatore d’aria —, (a tal proposito, si veda Bart Kosko, Il fuzzy-pensiero, Milano, Baldini & Castoldi, 1997)]

Dopo aver compreso questa correlazione, possiamo definire che un sistema quantistico esteso è formato dall’elettrone, più l’apparecchiatura che serve per rilevare e più l’osservatore, che compie e sceglie la struttura di riferimento e decide dove va a finire l’elettrone.

Questo rende noto che la natura ibrida dell’elettrone, rimbalzato su un bersaglio, coinvolge anche l’indicatore della misurazione e la scelta dell’osservatore.

Prima della scelta del modello, — ovvero, prima che non si chiuda la struttura con la decisione dell’osservatore, — con cui si decreta il collasso dell’onda, è lo strumento, a questo punto, che si trova in una situazione di limbo quantico; e l’indicatore dell’apparecchiatura non può trovarsi o nell’una posizione o nell’altra posizione, ma sia nell’una posizione e sia nell’altra posizione.

Qualcuno da tempo ha iniziato a supporre, che anche uno strumento di misura si può trovare in una condizione di limbo quantico e può produrre un “sentire” percepibile nel mondo degli umani; nel campo dell’estetica italiana c’è stato chi ha formulato la possibilità, teoricamente probabile se si fa riferimento al limbo quantico, del formasi di uno “stato” che è stato definito sublime tecnologico [Mario Costa, Il sublime tecnologico, Salerno, Edisud, 1990 e Roma, Castelvecchi, 1998].

L’atto della misurazione quantica amplifica il nostro attuale universo organizzatore di conoscenze, ed ora ogni evento e ogni condizione umana appare formato per metà da “fantasmi di quanti”.

Nel mondo della scienza, di recente, questi fantasmi della probabilità sono stati introdotti nel laboratorio; ma, a dire il vero, noi ne abbiamo da sempre considerato la loro esistenza, quando nel corso della storia parlavamo della percezione, dell’osservazione o della formazione del racconto nella “scelta estetica”.

Si parte dal principio che i fantasmi quantici sono tutti probabilmente veri nella loro organizzazione. Essi sono presenti e tutti validi fino a quando una struttura non prende una decisione, che dovrà essere assunta da un osservatore che sceglie.

Il sistema di sincronie prodotte dalla struttura logica prescelta, si manifesta solo dopo che l’osservatore ha manifestato un proprio ordine di commisurazione; infatti, solo dopo la decisione è possibile accordare “tutte le funzioni distribuite dal sistema”.

Nel mondo degli organismi del macrocosmo, infatti, gli eventi prima accadono e poi sono organizzati in sistema. Accade così anche con la percezione in un ambiente costruito da strutture biologiche viventi.

Quando “istintivamente” ci spostiamo per evitare un oggetto nel nostro ambiente, accade perché abbiamo misurato, calcolato e, poi, preventivamente ci spostiamo prima che probabilmente l’oggetto non ci travolga.

La logica formale è oggi indispensabile perché esprime dei modelli matematici applicabili sia alla natura, sia al cosmo, sia alle strutture biologiche viventi, sia alla materia, sia al linguaggio, attraverso le commisurazioni.

I vari mondi probabili, prima di una scelta, sono racchiusi e raccontabili in una posizione d’indecisione di partenza (stasi), quando si decide nel movimento-scelta ci si trova già in un racconto (fatto) che usa una logica compiuta.

Lo spostamento e la direzione, però, fugano una parte di fantasmi e ne producono altri, con la scelta di obiettivi intermedi (o metastasi-intermedia), rispetto all’altro obiettivo finale (o metastasi-finale).

Ogni punto di un percorso, analizzato lungo un procedere, mette un organismo sempre in una posizione biunivoca rispetto ad un punto esterno. Solo alla fine, con la scelta di un collasso di energia (metastasi), si può produrre un racconto relativo ad una commisurazione compiuta.

Questo non aggiunge nulla di nuovo, apparentemente, al racconto del passato.

Sembrerebbe una traduzione in una struttura fisico-matematica dell’analisi del racconto letterario.

Nel mondo subatomico — come in quello macrocosmico —, però, le cose non si verificano proprio così, vanno considerate le variabili e, inoltre, è la rete di relazioni e gli strumenti che si scelgono per valutare gli attrattori, che permette di configurare un universo di relazioni logiche, che probabilmente potrebbero essere vere.

Il matematico John von Neumann ha dimostrato, con un solo modello matematico, come il collegamento tra l’elettrone e lo strumento di misura oltre a costringere una scelta dell’elettrone ad indirizzarsi verso destra o verso sinistra, lo induce anche a trasferire questa condizione di irrealtà ibrida all’indicatore dello strumento.

Questa tesi stabilisce, ancora una volta, che uno strumento può trovarsi nella stessa situazione di indecidibilità umana.

Von Neumann ha provato, inoltre, che se lo strumento di misura usato, è a sua volta collegato ad un’altra apparecchiatura che ha il compito di rilevare la lettura, ciò induce a spostare sul primo indicatore la scelta tra due posizioni; perciò, toccherà alla seconda apparecchiatura entrare nello stato di “limbo quantico”. Possiamo, quindi, avere una catena di macchine che si rilevano l’una con l’altra, ognuna delle quali mostra una lettura ben definita, però vi sarà sempre un’ultima macchina che si troverà in uno stato di irrealtà.

Ogni stato d’indecisione, dopo la scelta dell’osservatore, si risolve in un racconto compiuto, anche senza decidere.

Si fugano i fantasmi con una decisione, ma se ne creano altri quando si sceglie un sistema finito, che esclude espellendo qualcosa dal sistema con le inevitabili scorie.

Solo in questo modo si è indotti a organizzare e configurare il mondo attraverso sincronie energetiche e strutture simboliche di commisurazioni logiche, che sono descritte con funzioni in un ambiente relazionale.

Gli stati e i fatti dell’osservare ordinario hanno spostato, per ora, dai concetti estetici la decisione o l’indecisione di una serie di relazioni utili a mantenere, attraverso le configurazioni e le valutazioni di funzioni, un ambiente dinamico momentaneamente in equilibrio. Un giorno sarà semplice affermare che il “sentire” è valutabile attraverso il tipo di relazione logico-matematica che un osservatore produce-rileva — con una configurazione — per mantenere in equilibrio un sistema.

Abbiamo bisogno di sviluppare il rapporto uomo-cosmo per “sistemare” altre informazioni sulla commisurazione metaforica di un ambiente. Si apprenda, per ora, che prima della scelta dell’osservatore di guardare, il sistema è in uno stato di indecisione o sospensione.

Non si sa cosa succede, tutto è probabilmente vero e tutto è probabilmente falso.

(La scelta di valutare la filosofia ed il “sentire” attraverso le strutture logico-matematiche, non è proprio una “epoché fenomenologica”, né poi si vuol dare un giudizio sul mondo, perché la mente adoperata per “conoscere” il mondo quantistico calcola le probabilità, e sa di trovare aggiustamenti strutturali momentanei e precari durante lo spostamento dell’energia-informazione. Una volta trovata una legge questa si replica all’infinito, fino a quando non cambiano le relazioni ed i valori. Nel mondo della probabilità delle strutture logico-matematiche nulla è definitivo, e il configurare strutture è un rendere relativo il sistema alle funzioni che organizza un osservatore, con cui egli decide di distribuire le relazioni).

Questo è stato descritto dal famoso paradosso di Schrödinger, del “suo” gatto chiuso nella scatola, su cui è bene soffermarci per comprendere cosa sta succedendo nel nostro “modo di pensare il mondo” con l’elettrodinamica quantistica.

Prima di entrare nel mondo dei quanti, attraverso Schrödinger, come continuità delle mie affermazioni, desidero evocare il movimento artistico dei Situazionisti, che per primi hanno rilevato alcuni importanti aspetti della commisurazione dello spazio e dell’ambiente fisico-metaforico che permette di rendere esplicito una critica sociale attraverso le architetture del pensiero; però, dopo questo movimento “artistico”, vi è stato Paul Virilio, un altro architetto, che ha presentato alcune riflessioni filosofiche sul nuovo concetto di spazio — critico — e sulle implicazioni che questo ha prodotto, e che io riporto in questa mia esposizione:

«Questa lunga digressione nel campo della fisica potrebbe apparire inutilmente ardua, ma sarebbe come misconoscere l’effetto di modellizzazione, l’effetto di realtà dei modelli teorici sulla geometria pratica, sullo spazio e sul tempo delle diverse rappresentazioni spaziali, architettoniche ed urbanistiche. La crisi delle dimensioni fisiche come crisi della misurazione, va di pari passo, come è facile comprendere, con la crisi del determinismo [J. Petiot, Géometrie du hasard, «Traverses», n. 26, 1982,] e riguarda, oggi, l’insieme delle rappresentazioni del mondo. Dal momento che si conosce l’importanza delle figure, del movimento e dell’estensione nell’organizzazione e nella pianificazione dello spazio, si può agevolmente intuire l’effetto della loro relativizzazione (statistica), e cioè della loro improvvisa derealizzazione a causa delle tecnologie della rappresentazione assistita dal computer. In effetti, se la rappresentazione teorica su scala microscopica (le particelle atomiche) è ormai acquisita dalla meccanica quantica, o, in altri termini, dal quantum d’azione, di energia, da questo granulo di materia o di luce (neutrone, elettrone, fotone…) e dall’incertezza della sua velocità o della sua posizione, in un ambiente fondamentalmente incerto, su scala macroscopica (umana), la rappresentazione pratica è ora effetto di una sorta di meccanica puntica (alfa numerica), che, se sembra sacrificare la capacità della memoria di trama delle classiche coordinate cartesiane, poggia nondimeno, ed in modo essenziale, sulle video-prestazioni di un punctum d’azione, il pixel (o punto luminoso dell’ottica elettronica), dando come risultato la forma-immagine sintetica dovuta non solo alle proprietà del programma del software, ma anche, e soprattutto, al vettore-velocità d’effettuazione, vettore-velocità delle particelle elementari (elettroni), che ci ricorda, se ve ne fosse bisogno, che la “telematica” non è data soltanto dall’accoppiamento tra informatica e trasmissione istantanea a distanza, ma innanzi tutto, dall’effetto dell’istantaneità dell’emissione sur place di una figura, di un movimento o di un’estensione apparente, nell’interfaccia di uno schermo; figura analogica o numerica che risulta essa stessa dall’assenza di campo e di profondità di campo, poiché tale “profondità” è solo quella delle video-prestazioni temporali del pixel. L’antinomia classica delle nozioni di campo (continuo) e di granulo o punto (discontinuo viene a trovarsi nell’ambiguità stessa  della nozione di interfaccia, o in altre parole, trovandosi tale antinomia nell’attuale mutazione dell’antica “limitazione” in “commutazione” — commutazione che cessa di essere analogica (valore fisico continuo, lunghezza, angoli…) per divenire numerica (numeri, numerazione discontinua…) o piuttosto temporale — si può meglio percepire, ora, l’importanza teorica e pratica della nozione di interfaccia, questa nuovissima “superficie” che annulla la separazione classica tra posizione, istante ed oggetto, così come annulla la tradizionale ripartizione dello spazio in dimensioni fisiche a vantaggio di una configurazione istantanea , o quasi, in cui l’osservatore e l’osservato sono bruscamente accoppiati, confusi e concatenati da un linguaggio codificato [C. Couchot, Réthorique de la technologie, «Traverses», n. 26, 1982,] da cui discende l’ambiguità dell’interpretazione delle forme-immagini rappresentate, ambiguità che investe anche, è importante ricordarlo, quella dei media audiovisivi, in particolare la televisione in diretta e quella incerta collocazioni delle immagini televisive  così come della geometria della loro ritrasmissione, e tutto questo malgrado l’utilità della teoria delle reti». (P. Virilio, Lo spazio critico, Bari, Edizioni Dedalo, 1988, pp. 50-51. Il corsivo e il maiuscoletto sono suoi; in parentesi quadra, inoltre, sono riportate le note dei suoi riferimenti).

Nei tre lunghi periodi citati di Virilio, è già dispiegata la nuova filosofia e percezione della geometria elettrodinamica dell’energia-informazione. Questa introduce, nell’azione dell’osservare, l’interfaccia del “sentire” come se fosse un dispiegamento di varie forme di valutazioni, a partire dal punto di vista e da quale dimensione dello spazio-tempo si costruiscono le relazioni in una configurazione.

Continuando nel segno del gatto di Schrödinger e della meccanica quantistica, e ritornando al fenomeno fisico dei fantasmi quantici creati dall’onda luce-suono. ll paradosso del “Gatto di Schrödinger” fu proposto nel 1935 da Erwin Schrödinger, uno dei fondatori della meccanica quantistica.

Con questa teoria, abbiamo affermato che gli oggetti non possono essere descritti con la precisione che prima aveva la scienza, senza incorrere in conseguenze paradossali: una particella si può trovare in più di un posto contemporaneamente, e un elettrone può passare attraverso barriere invalicabili.

Gli effetti, come ho poco sopra descritto, riguardano soltanto il mondo microscopico, invece nella realtà di tutti i giorni non possiamo percepire nulla di simile.

Nel caso del paradosso di Schrödinger, però, sembra che la meccanica quantistica può essere applicata ad un gatto “quantistico”.

Molti, come me, fanno risalire a questo paradosso l’inizio di un riscontro della metodologia della scienza infinitesimale nell’applicazione delle esperienze quotidiane.

Per includere questo paradosso nel macro-mondo dobbiamo accostare il paradigma quantistico all’esperienza di tutti i giorni.

Iniziamo a ricordare come avviene un fenomeno quantistico.

Per questo, estendiamo il nostro sguardo a ciò che chiamiamo i fenomeni ondulatori, e subito ci rendiamo conto che le vibrazioni sono percepite in ogni attività della vita.

Noi, fin da bambini, quando ci indicano che da qualche parte si è prodotta una vibrazione, subito pensiamo ad una corda di uno strumento musicale tesa che viene fatta oscillare.

Sappiamo, anche, che qualsiasi corpo emana e trasmette onde; basta un archetto, o emettere suoni con la bocca, o semplicemente quando una massa materiale si sposta nello spazio che è percepibile il fenomeno della produzione di onde.

Quasi tutti sanno che le onde, che si trasmettono nell’aria, si diffondono sotto forma di onde sonore e di onde luminose.

Diciamo, infatti, che una lunghezza d’onda caratterizza l’altezza del suono.

Abbiamo imparato, pure, che minore è la lunghezza d’onda, più acuto diventa il suono. Il violino, le cui corde sono corte, produrrebbe un suono di tonalità più alta rispetto al contrabbasso, anche se ad entrambi gli strumenti si potessero applicare la stessa grandezza di corde.

Abbiamo pure appreso, che la stessa propagazione della luce rientra nel campo della teoria ondulatoria.

Dobbiamo a James Clerk Maxwell, se si è dimostrato nella seconda metà dell’Ottocento che luce è composta da onde elettromagnetiche; e, nel 1867, che i gas si comportano secondo la teoria atomica.

Ciò che a noi interessa sapere, è che la lunghezza d’onda determina anche il colore della luce; che una radiazione con lunghezza d’onda maggiore (poco meno di un millesimo di millimetro) ha colore rosso, quella con lunghezza d’onda minore (circa mezzo millesimo di millimetro) violetto.

È risaputo infatti, fin dai tempi di Newton, che la normale luce atmosferica, la cosiddetta luce “bianca”, è composta dall’insieme delle onde di tutti i colori, in cui quella luce bianca può essere scomposta. Un esempio di scomposizione naturale della luce “bianca” è l’arcobaleno. In esso (arcobaleno), è possibile guardare la diffrazione fisica di tutte le lunghezze d’onda visibili, dove la luce rossa si trova ad una estremità, e la luce violetta all’estremità opposta.

Gli esperimenti di laboratorio confermano l’esistenza della natura ondulatoria della luce. I raggi luminosi, inoltre, permettono di osservare i fenomeni di diffrazione e di interferenza.

Costringendo un raggio di luce ad attraversare un impercettibile forellino dietro il quale vi è un ambiente oscuro e schermato, si assiste al fenomeno di percepire in che modo si raccoglie la luce sullo schermo.

Il raggio di luce è osservabile come una macchia luminosa con i bordi colorati (la cosiddetta figura di diffrazione), che è spiegabile con la teoria ondulatoria.

Gli studiosi del fenomeno si sono convinti che la figura che si ottiene dall’interferenza dei raggi, può essere spiegata con la teoria ondulatoria della luce.

Essi sono convinti che per rilevare un’interferenza c’è bisogno di far passare due raggi luminosi attraverso un cartone, che abbia almeno due sottili aperture.

Nel chiudere prima l’una, e poi l’altra fessura, si può osservare che si ottengono due figure di diffrazione.

Mantenendo aperte tutte e due le fessure, invece, non si osserva la sovrapposizione delle due figure di diffrazione, come ci si aspetterebbe, ma una successione di frange scure e luminose.

Nei vari punti dello schermo, infatti, la luce proveniente da ciascuna delle due fenditure percorre una distanza diversa.

Se l’osservatore si pone in una posizione centrale ed equidistante dai fori, il percorso è identico per i due raggi luminosi.

Spostandosi, invece, verso l’una o l’altra delle aperture si può osservare che il percorso del raggio proveniente dalla fenditura più vicina è più breve, rispetto a quello del raggio proveniente dalla apertura più lontana.

Ora si deduce, che se la differenza di percorso è uguale alla lunghezza d’onda della radiazione (o ad un suo multiplo), i due raggi luminosi si trovano entrambi nella parte “alta” o nella parte “bassa” dell’onda; pertanto, questi raggi non solo si sovrappongono, ma si percepisce nell’area della loro incidenza una luminosità elevata.

Se invece la differenza di percorso corrisponde a metà della lunghezza d’onda (o ad un suo multiplo più un mezzo) la parte “alta” di un raggio viene ad incontrarsi con la parte “bassa” dell’altro raggio,  pertanto, i due raggi si annullano a vicenda e si osserva nell’area una frangia scura.

Da ciò si deduce che la posizione di un osservatore è fondamentale, per cogliere in che modo si configura un sistema di relazioni.

Quando si desidera studiare le particelle dalla meccanica quantistica, bisogna dapprima sapere che hanno una dimensione infinitesimale, e le loro radiazioni sono impercettibili ad occhio nudo.

Siamo entrati in un mondo dove l’uomo deve necessariamente, per percepire un atomo, affidarsi a degli strumenti di rilevamento.

L’elettrone, infatti, è uno dei componenti dell’atomo, assieme a protone e neutrone.

Normalmente esso è rappresentato come una particella, con la sua massa e la sua carica elettrica.

In alcuni esperimenti, è stato osservato — come ho già mostrato — che l’elettrone si comporta in maniera sorprendente.

Se, ad esempio, si modifica l’esperimento delle due fenditure, sostituendo alla sorgente di luce una sorgente di elettroni, ed allo schermo un rivelatore di particelle, si osserva una figura di interferenza — (questa va connessa alla successione di zone colpite da molte particelle e di zone colpite da pochissime particelle) —, che fanno supporre che gli elettroni sembrano comportarsi come onde.

La meccanica quantistica, infatti, è la scienza che ha iniziato a spiegare il movimento seguendo le varie figure d’interferenza degli elettroni, specie quando si attribuisce alla loro condotta i comportamenti delle onde.

L’onda che produce l’elettrone (o il suo spin), però, non è un’onda ordinaria; infatti, nella meccanica quantistica è considerata ed è calcolata come un’onda di probabilità.

Ogni particella è descritta da una funzione d’onda, che indica la probabilità che essa si trovi in una determinata posizione.

L’interferenza tra gli elettroni è verificabile — come abbiamo descritto sopra, procedendo per altri percorsi, — perché una certa quota di probabilità di un elettrone passa da una fessura ed un’altra quota di probabilità passa da un’altra apertura.

L’elettrone, infatti, passa da entrambe le fessure fino a quando non interviene una decisione.

L’aspetto più curioso è che non ci si può chiedere da quale fessura sia passato un elettrone se non interviene un osservatore, che applica il suo strumento di rilevamento davanti almeno ad uno dei due fori.

Va ricordato, però, che se mettessimo un contatore di elettroni su una delle due fenditure sapremmo con esattezza se un elettrone è passato da una apertura o dall’altra, ma allo stesso tempo il  fenomeno di interferenza scomparirebbe.

Cosa ci induce a dubitare sulle affermazioni logiche e matematiche della meccanica quantistica?

Le formule della meccanica quantistica sono molto precise nel prevedere i risultati degli esperimenti, però la loro interpretazione è controversa.

L’interpretazione sulle interferenze degli elettroni è detta “interpretazione di Copenhagen”, città di Niels Bohr, che la propose per la prima volta nel 1927.

Questa interpretazione si avvale non di una misura, ma di un “procedimento di misura”.

Il calcolo della misurazione è, all’inizio, in una situazione non prevedibile.

Prima di un “calcolo” di una misura, infatti, l’elettrone si trova in uno stato indefinito; possiamo soltanto ipotizzare una serie di probabilità di risultati che con quella misura si potrà ottenere.

Il procedimento di misura implica una interazione tra lo strumento di rilevamento e il posto occupato dall’elettrone.

Questa interazione, pone, anche un altro problema, secondo cui è possibile che dopo la misura l’intero stato del sistema soggetto a calcolo possa trovarsi modificato in altre strutte di relazioni.

Nel caso dell’esperimento delle due fessure, l’elettrone si trova in una mescolanza di stati che produce una interferenza.

Per comprendere a quale stato appartiene — ovvero, attraverso quale fessura l’elettrone sia effettivamente passato, — dobbiamo produrre sempre un procedimento di misura.

Potremmo, ad esempio, mettere un rilevatore di particelle su ogni apertura.

La misura ci direbbe in quale dei due stati si trova l’elettrone, ma questo tipo di misurazione farebbe precipitare anche lo stato dell’elettrone; di conseguenza, dopo la misura non si potrà più osservare interferenza, perché essa durante il procedimento di misurazione viene eliminata.

Mettendo in pratica il procedimento della misurazione, si è scoperto che una delle due onde non esiste; e, pertanto, se un’onda non esiste non potrebbe interagire con l’altra onda, mentre se non sappiamo quale delle due onde effettivamente esista, esse possono interagire tra loro.

Questa interpretazione ci costringe a ripensare il significato dei fenomeni fisici, con ripercussioni anche nel mondo della teoria filosofica ed estetica della percezione e del “sentire”; — i cultori della nostra disciplina, oggi, da più parti, chiedono, sempre con maggiore frequenza, infatti, che la teoria trovi il suo riscontro sia in un metodo di osservare e sia in un contesto.

Secondo l’interpretazione di Copenhagen, un fenomeno non è tale fino a quando non viene osservato, cioè con l’assunzione di una decisione.

Se non mettiamo in atto il procedimento della misurazione della posizione dell’elettrone, non possiamo sapere da quale fessura esso passa; anzi si può affermare che questa è una domanda priva di senso. Bisogna decidere o, altrimenti, affermare che l’elettrone passa contemporaneamente da entrambe le fenditure.

Un procedimento di misurazione e di osservazione del genere, per molti è possibile solo nella meccanica quantistica, ed è confinato nel “suo mondo” dell’infinitamente piccolo.

Il paradosso proposto da Schrödinger, invece, sembra indicare che la meccanica quantistica può entrare anche nel mondo delle decisioni del nostro quotidiano.

«Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme con la seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla  possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza  radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegra, ma anche in modo parimenti verosimile nessuno; se ciò succede, allora il contatore lo segnala e aziona un relé [relais] di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato. La prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione Ψ dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono stati puri, ma miscelati con uguale peso». [La citazione è presa da Wikipedia, ed è riporta qui, insieme al riferimento trovato, senza che io ne abbia ancora verificato l’esattezza, E. Schrödinger: Die  gegenwärtige Situation in der Quantenmechanik [La situazione attuale della meccanica quantistica], Die Naturwissenschaften 23 (1935) 807–812, 823–828, 844–849; la citazione è a pag. 812].

Con questo paradosso, ci troviamo a produrre un calcolo attraverso un sistema di procedimento che fa riferimento agli stati della misura quantistica. È coinvolta, nella misurazione, il decadimento di una sostanza radioattiva, che nell’implicare l’emissione di una particella da parte di un nucleo atomico che può trasformarsi in un altro elemento, può compromettere anche l’esistenza fisica di un gatto.

Quello che mi preme evidenziare, è che ci troviamo ad analizzare un fenomeno regolato dai principi della meccanica quantistica nel nostro cosmo quotidiano.

Fino a quando non mettiamo in atto un procedimento di misura quantistica non possiamo sapere se il decadimento dell’elettrone ha avuto luogo, ed il gatto, di conseguenza, dalla vita è trapassato.

Il nucleo della sostanza radioattiva si trova in una mescolanza di stati, che coinvolge i due estremi — nucleo decaduto e nucleo non-decaduto —.

Soltanto un “atto di misurazione” (o di “verifica”) può permettere di capire quale dei due stati è stato assunto nella scatola d’acciaio in cui è stato rinchiuso il gatto.

Il procedimento della misurazione, però, senza un osservatore che apre la scatola non è possibile portarlo a compimento.

Il meccanismo di connessione logica, proposto da Schrödinger, estende l’ambiguità di questo tipo di osservazione dei fenomeni anche al mondo macroscopico.

Si connette la sorte dell’atomo radioattivo a quella del gatto.

Vi è una relazione tra loro, che produce informazione. Ed è dimostrato, pertanto, che è possibile e, in questo caso, “si è costretti” utilizzare il modello quantistico anche per il mondo quotidiano. Se si vuol sapere che fine ha fatto il gatto, bisogna che si produca la misura da parte di un osservatore, il quale deve aprire la camera d’acciaio, altrimenti rimaniamo nello stato d’indecisione, o di probabilità.

Il gatto, infatti, ha la stessa probabilità di essere morto quanto l’atomo di essere decaduto.

Fino a quando non ci sarà un osservatore che decide, l’atomo continuerà ad esistere nei due stati sovrapposti, e il gatto rimarrà sia vivo e sia morto nella scatola.

La probabilità, con un paradosso, si è introdotta nel mondo del calcolo, dell’analisi e della vita quotidiana.

Si può dire, perciò, che fino a quando un oggetto o un altro essere vivente non influenza le nostre strutture di analisi e di percezione della nostra organizzazione spazio-temporale di un ambiente, noi non ce ne occupiamo.

Sembra una ovvia osservazione banale, affermare che un oggetto o un essere vivente non desta attenzione, o non rientra nelle nostre strutture di valutazione, e non innesca il procedimento di una misurazione, se non diventa importante per determinare una qualche nostra organizzazione dell’universo, fisica, percettiva, descrittiva, attraverso un racconto.

Se non ce ne occupiamo, non operiamo un calcolo, o una commisurazione, pertanto, per il nostro sistema di sopravvivenza quella funzione non è importante.

Da ciò si deduce anche, che ogni racconto è un sistema che esprime valutazioni attraverso o una decisione, o una indecisione.

Bisogna aprire la scatola in cui è rinchiuso il gatto e partecipare alla misurazione di un evento quantistico, assumendo il punto di vista dell’osservatore che racconta la storia del gatto per una funzione ed una relazione nel nostro ambiente vitale.

Ogni struttura è funzionale ad un sistema di rilevamento e di osservazione (misurazione), questi procedimenti ci permettono di creare le sincronie e le commisurazioni se adoperate anche nel nostro ambiente vitale.

Se trasferiamo la nuova forma di misurazione quantica, e analizziamo le strutture osservate come sistemi di percezione elettrodinamica nel campo della scienza dei principî (metafisica) e dell’estetica (sentire), che tipo di interferenze abbiamo creato nel nostro comune modo di pensare, specie se ricordiamo che, per l’interpretazione di Copenhagen, un fenomeno non è tale fino a che non viene osservato e deciso?

Si ha sempre bisogno di un osservatore, ma quale sarebbe l’osservatore ideale che sceglie secondo un “giusto” “procedimento di misura”? In quale posto collocare la struttura di rilevamento dell’osservatore?

Tutti i cervelli elaborano le informazioni allo stesso modo, e tutti gli organismi percepiscono e sentono allo stesso modo?

Possiamo accettare che è sempre l’osservatore che “costringe” un elettrone a decidersi?

Va valutato in modo diverso ciò che si recepisce con un procedimento di misura?

E se da tutto quello che si muove è possibile rilevare un’organizzazione e un ordine, seguendo i vari “procedimenti di misura” forniti dalle logiche e dalle matematiche applicate agli organismi e alle strutture, possiamo affermare che quanto misuriamo è sempre qualcosa di relativo e prodotto da una estrapolazione di un calcolo più ampio di probabilità finite, dovuta ad una scelta (o interferenza) di un osservatore che l’inserisce in una struttura funzionale per raccontare di un contesto, o per configurare le sincronie di un proprio ambiente relazionale?

Se la scelta e l’ordine sono del mondo degli automatismi logico-matematici che interferiscono sulle energie-informazioni, la metafisica si può considerare come un qualsiasi ordine logico utile a chiudere e rendere autosufficiente un sistema?, oltre che a gettare uno sguardo — con l’assunzione della sua esistenza per probabilità — su qualsiasi altro sistema che influenza e crea delle scelte sincroniche anche nel territorio vitale?, la sua posizione è quella di porsi come un principio probabilmente esistente ma è non dimostrabile la sua compresenza?

La metafisica, per scelta, si pone come una struttura che pone una serie di principî che regolamentano la chiusura di un universo in un contesto di relazioni logiche.

Certamente, oggi, la metafisica non va più tratta più solo come un’organizzazione che permette la contemplazione di un pensiero. Essa è una struttura che influenza le scelte; altrimenti diventa quel racconto che si fonda su una indecisione di partenza, dove tutti i fantasmi sono possibili per il loro stato di irrealtà ibrida.

Il corpo umano, nel percepire il proprio ambiente vitale, potrebbe contravvenire in apparenza anche alle leggi fisiche, — così come ci sembra di apprendere da alcuni primi studi della materia oscura, e dalle decisioni che per quel corpo si assumono, — allora c’è da chiedersi se è possibile che nuovi campi d’indagine si dischiudono per comprendere l’organizzazione della materia oscura?

Le decisioni prese da un individuo sono il risultato delle indicazioni che provengono dall’organizzazione di informazioni assunte dal corpo-cervello-mente?

Organizzare una percezione-decisone da parte di un osservatore mette oggi insieme anche le varie aree del cervello in interfaccia inseparabile con ciò che per secoli si è definito mente e con ciò che oggi si chiama l’organismo (o sistema) biologico vivente?

Da ciò, sarebbe congruo immaginare che la percezione sia il risultato di tanti agenti raggruppati in tante agenzie interfacciate e collegate, dislocate sia nei tessuti, negli organi fisici interni ed esterni e, poi, nelle varie aree del cervello? [Come propose nel suo schema M. Minsky La Società della Mente, Milano, Adelphi, 1989, pp. 34-35].

Queste sono alcune domande che attendono una direzione, specie da coloro, che desiderano partecipare a questo nuovo ambiente di commisurazione quantica, che si sta dischiudendo con i calcoli delle probabilità.

Ammesso che non si dà alcuna risposta a queste interrogazioni, basta solo compiere le proprie scelte, che si può osservare come (il “senso”del-)le relazioni e dei rapporti tra organismi si sta modificando, con l’intromissione del calcolo della probabilità nel mondo delle “cose”, nonostante noi non ne facciamo uso nel nostro ambiente relazionale.

In effetti, ciò che sta mutando, nel nostro tessuto sociale, sono le relazioni con gli atteggiamenti assunti nei confronti di tutte le altre concezioni e “certezze” costruite e dibattute nel passato.

Questi problemi consigliano di battere altre piste, per ridare una unità comune a questa nuova forma di organizzazione dei “valori” configurati negli attuali organismi biologici viventi — locuzione che sostituisce ciò che prima definivamo come “essere” umano.

Quello che sappiamo per certo è che il calcolo delle probabilità è entrato nel nostro sistema di analisi del mondo, con la “decidibilità” e con l’osservatore che compie le scelte in un contesto.

Non vi è un punto fisso comune, se non quando si aggregano insiemi di organismi biologici viventi con il loro condividere una serie di energie-informazioni, che permettono di creare una rete complessa di strutture relazionali.

La rete stabilisce il sistema di relazioni, con cui gli organismi percepiscono e si muovono in sincronia in un territorio; dove, anche se si è da soli o ci si muove insieme all’energia-informazione di uno o di più osservatori che si dirigono verso le proprie meta-stasi, tutti sono coinvolti ad apportare ininterrotte auto-modifiche al sistema: per il continuo aggiustamento delle strutture e delle connessioni e per la diversa disposizione delle energie-organismi in un ambiente.

Ogni organismo, infatti, partecipa alla rete di relazioni con le proprie configurazioni dei passaggi di energia.

La ricerca diventa, a questo punto, di un fenomeno che aggrega insiemi olistici; al cui manifestarsi, ognuno presente nella rete relazionale dà risposte col proprio ordine, e dalla propria posizione assunta nel contesto-ambiente, nel mentre ogni struttura logica trova una propria soglia di percezione, di decisione e di uso dell’energia-informazione confacente e sincronizzabile con la propria organizzazione.

Si potrebbe affermare, ad esempio, che la nostra macchina di misurazione umana, si trova a interagire con una sovrapposizione di altri mondi energetici oscuri, per cui trova sicurezza e trae forza da un sistema sincronizzato e determinato da regole.

Questi sono, però, solo equilibri precari, perché un’energia-informazione se non diviene anche un sistema replicante non trova un proprio equilibrio (omeostasi) in un territorio.

Il singolo si può trovare anche in uno stato d’indecisione teoretica, che riguarda o l’organizzazione del proprio ambiente vitale, — dovuto all’insinuarsi di diversi rapporti logici tra fisico-metafisico, o grandezze diverse di altra natura, — o le scelte con cui si struttura un sistema di relazioni — il quale produce un calcolo anche per le macchine-organismi situati in possibili luoghi “contiguamente lontani” che influenzano le scelte quotidiane —. In nessun caso, però, egli può prescindere dalle funzioni assunte in un contesto da un procedimento di misura ordinato in sistema, a cui direttamente (o indirettamente) partecipa come “osservatore che si osserva e si auto-modifica mentre compie l’azione di rilevare relazioni tra stati e fatti causati da energie e da organismi dislocati nei territori”.

Si potrebbe ipotizzare, così, che ogni osservatore produca le proprie commisurazioni e calcoli approssimativi in un territorio instabile, utili ad organizzare sincronie di posizioni [alias d’indecisione di partenza] (stasi) e di movimenti [o scelta da parte dell’osservatore di un racconto compiuto] (fatto), con cui trovare un proprio equilibrio di sistema (attraverso il procedimento di misura) in un contestoambiente, — quest’ultimo è oggi considerato tanto indeterminato quanto complesso per le infinite variabili che si dovrebbero calcolare.

Il nostro sistema di misurazione — allargato dal fisico e dal chimico al biologico e all’informazione cibernetica, per la ricerca di un metodo di previsioni a partire dalla valutazione dall’elemento energetico quantico, — è, per questo, sempre pronto ad aggiustamenti strutturali della propria organizzazione con le altre organizzazioni presenti in un territorio.

L’interfaccia espressa dagli elementi di misurazione in sintonia con l’osservatore, si esprime con un calcolo basato sulla equivalenza tra energia-calore-informazione e le relazioni tra distanza e velocità di percorrenza.

Tutto è finalizzato alla ricerca di consonanze e di sincronie, con cui percepire e organizzare i molteplici sistemi di osservazione e di calcolo che (probabilmente) possono permettere di trovare degli equilibri, i quali oggi appaiono sempre più relativi e precari, nei propri spazi vitali — prima che avvengano delle scelte.

Una nuova filosofia sorge dalle forme con cui si producono probabili e definite scelte di misurazione quantica, ed è quella che si fonda, senza alcun dubbio, sull’energia-informazione.

[Non crede che sarebbe meglio, al posto di misurazione usare il termine “commisurazione”, specie se si pensa anche alla simmetria, o a quel sistema di confronto che sorge anche con la metafora-simbolo, e che permette di mettere in relazione grandezze diverse o equivalenti di almeno due elementi: un finito (entità fisica di misurazione più piccola), e un infinito (entità fisica di misurazione più grande)?].

L’energia-informazione, e il suo procedimento di misura creato dal calcolo di questo sistema probabilistico, si sta integrando — attraverso il configurare — ad una nuova forma di costruire gli ambienti logici e di decisione, che coinvolgono il nostro modo di pensare, e permette di creare, tener conto e descrivere le prime configurazioni di mondi probabili.

Tutto il racconto del nuovo universo si organizza — ed è radicato — sulle decisioni dell’osservatore; proprio perché esso (racconto) è strettamente legato al principio di indeterminazione logica del calcolo prodotto dalle decisioni dell’osservatore, con cui si percepiscono si configurano e si concatenano i fatti e si sciolgono le indecisioni degli stati, producendo un ambiente instabilmente coeso e sincronico di energie-informazioni.

Il simulacro è utilizzato come “passatempo” di commisurazioni cosmologiche geocentriche, eliocentriche o del Punto Omega, e crea le “molte storie”  probabili della elettrodinamica qualtistica. Risorge dal passato lo spettro delle dichiarazioni del sofista Gorgia di Leontini.

Egli, ne’ L’encomio di Elena, una volta sedotta l’assemblea, e avendola convinta che Elena avesse solo seguito l’amore nelle sue azioni, affermò, alla fine, che il suo eloquio era stato pronunciato per “passatempo”.

Che tutti i racconti della vita sono “organizzati” e “tramandati” non per un fine superiore, ma solo per mostrare la propria abilità con la scelta di un proprio “passatempo” in un contesto (o ambiente)?

In ogni contesto, probabilmente, possono acquisire “valore” solo le seduzioni-logiche che in quel momento — apparentemente — sembrano migliori per le decisioni da prendere per la sopravvivenza di un sistema con il suo apparato funzionale?

A chi attribuire il merito di una scelta “giusta”: all’abilità sperimentata e raggiunta nel calcolo, alla bravura innata nel controllo delle energie-informazioni… o alla “fortuna” nella scelta delle probabilità?

Per determinare le relazioni, non mi resta che parafrasare la domanda posta nel titolo del libro di Ian Stewart, uscito in Italia oltre un quindicennio fa: «Dio gioca a dadi?» [ I. Stewart, Dio gioca a dadi? Torino, Bollati Boringhieri, 1993].

Per agire come uno “scienziato quantico”, devo, oggi, sempre interfacciare almeno due misure e creare una commisurazione.

Questo non è lontano da quanto ricordava Poincaré, in Science et méthode, nell’edizione parigina con la Flammarion del 1914, in un passo di pag. 98: «Quando vogliamo controllare un’ipotesi, che cosa facciamo? Non possiamo verificare tutte le conseguenze poiché queste sarebbero in numero infinito; ci accontentiamo di verificarne qualcuna e, se ci riusciamo, dichiariamo confermata l’ipotesi» [citata da, Ian Stewart, Dio gioca a dadi?, op.cit., p. 312].

Ecco che in un mondo di scelte, qualsiasi struttura è ipotizzabile; tanto poi si decide, e si dà “valore” agli arbitrii logici con le verifiche delle decisioni prese da ognuno.

Questo per affermare, ancora una volta, che i calcoli delle decisioni non solo hanno origine da un’approssimazione attribuibile al caso, ma sono, anche, la conseguenza del tipo di strumento di misurazione (o procedimento di misura) che un osservatore sceglie.

Vi è qualcosa in più, però, di cui si dovrebbe tener conto, «essendo noi parte dell’universo, i nostri sforzi per predirlo possono interferire con ciò che sta per accadere» [Ibidem, p. 313], attraverso proprio quelle alternative-scissioni in mondi fantasmi (stati) che si parano davanti ogni momento, e che ci inducono a delle prese di posizione (fatti) — e non importa se, poi, quelle scelte ognuno di noi può attribuirle, intimamente, al caso o alla necessità —.

Siamo entrati in un universo in cui la scelta implica la logica interna adottata dal comportamento di una struttura, e non è più il concetto, o un pensiero, a determinare la struttura di un mondo percepito e raccontato, ma è un procedimento di relazione o procedimento di misura.

Il pensiero, oggi, non è separabile dall’energia-informazione che circola in un ambiente, e né si differenzia da un osservatore e dai suoi percorsi rintracciabili nella scelta di una commisurazione. Esso è prevedibile — solo dopo una scelta dell’osservatore — quando si applica al contesto una struttura logico-matematica, o un modo di funzionare (o sincronizzare un ambiente), che diventa un sistema.

Ma prima di ogni cosa, anche nei macro-mondi vi è da definire la funzione d’onda, in quanto un organismo è assemblato da atomi.

Gli atomi, sebbene creano regole solo per nano-mondi, non è escluso che possono invadere l’ambiente decisionale dei macromondi.

Secondo le commisurazioni della meccanica quantistica, il gatto nella scatola di piombo, dopo un’ora, non è né vivo né morto.

La funzione d’onda, invece, va calcolata secondo il criterio che consideri contemporaneamente il gatto vivo e il un gatto morto: ovvero la funzione d’onda quantica è un calcolo che permette di sommare la funzione d’onda sia di un gatto vivo, sia quella di un gatto morto.

Posizione, questa, molto più vicina ad una ontologia e ad una cosmologia dell’accoglienza, prodotta dall’universo quantico.

Il sistema logico-matematico di costruire un universo con le commisurazioni della meccanica quantistica affermano inequivocabilmente che esiste una condizione in cui il gatto è contemporaneamente vivo e morto, in palese contraddizione con il buon senso e con quanto si potrebbe verificare nella “realtà”.

Questo è, però, per i fisici, quanto la meccanica quantistica standard predice col procedimento di misura; anche se molti di essi non concordano sulla interpretazione della somma, come abbiamo già ricordato.

La loro discordia è sull’interpretazione da dare al procedimento del gatto vivo e del gatto morto.

Il procedimento è detto di «riduzione della funzione d’onda», che in questo caso coinvolge un sistema biologico vivente del macro-mondo: il gatto di Schrödinger.

Abbiamo già descritto come la coesistenza di un gatto vivo e di un gatto morto nella stessa scatola riduce la somma della funzione d’onda ad un duplice mondo, che ammette — da una parte — l’esistenza della somma della funzione d’onda del gatto morto e quella del gatto vivo rispetto alla presenza nella scatola del gatto morto, e —dall’altra — l’esistenza della somma della funzione d’onda del gatto morto e quella del gatto vivo rispetto alla presenza nella scatola del gatto vivo; non a entrambe però.

Da aggiungere, che nell’esperimento di Schrödinger la riduzione è casuale (sì, proprio dovuta al caso), pertanto, metà delle volte il gatto si ritiene vivo, e metà delle volte si ritiene l’animale morto.

Non esistono regole certe, o generali, per decidere quali oggetti fisici hanno la capacità di ridurre le funzioni d’onda.

Sappiamo che gli umani, muniti degli strumenti di osservazione attuali, ogni volta che osservano un oggetto si prestano a ridurre la loro esistenza alla “funzione d’onda del gatto”.

Questo è il sistema con cui si organizzano, si percepiscono e si pensano le “cose”.

Fatto del tutto marginale, per me, perché riguarda la scelta personale da parte di alcuni filosofi e scienziati che cerano una giustificazione riduzionista del calcolo delle sincronie. Da ricordare, perciò, che vi sono alcuni fisici che ritengono che l’interpretazione di Copenhagen vada spiegata secondo una eventuale “coscienza” per ridurre le funzioni d’onda (posizioni queste di R. Penrose e di E. Wigner), mentre altri come John A. Wheeler e Frank J. Tipler hanno stabilito che qualsiasi oggetto di commisurazione che si differenzia da un altro può innescare questo procedimento di misura — basta un «più grande» e un «più piccolo» —.

Per fugare ogni dubbio, sia esseri umani dotati di coscienza, sia oggetti «più grandi» e «più piccoli», sottoposti ad un sistema di riconoscimento di misurazione delle strutture d’onda, sono costituiti da atomi. Ciascuna struttura si muove in accordo alle leggi della meccanica quantistica standard con nessuna riduzione della funzione d’onda; pertanto, ad oggi, rimane difficile comprendere con precisione come mai possa verificarsi la riduzione di una funzione d’onda nella natura.

Quello che desidero sottoporle è come un problema di analisi della scienza, attraverso il gatto di Schrödinger, irrompe nella formulazione del racconto, e impone un nuovo metodo di analisi attraverso l’energia-informazione quantica delle strutture logiche.

Secondo l’interpretazione dei molti mondi (imm) — [le ricordo, “per la cronaca”, che Murray Gell-mann e Stephen Hawking preferiscono chiamarla interpretazione di molte storie] —, non vi è alcuna riduzione della funzione d’onda: vale a dire che, passata l’ora, nella scatola d’acciaio il gatto si trova davvero nello stato quantico «gatto morto più gatto vivo».

L’ imm risolve il problema d’incongruenza affermando che il decadimento radioattivo dell’atomo ha obbligato ogni pezzo dell’attrezzatura di osservazione e il gatto stesso a separarsi in due mondi diversi: in uno dei quali esso è vivo, nell’altro è morto.

Se noi, poi, tentiamo di osservare se il gatto è vivo o è morto, anche noi ci separiamo in due. In un mondo vediamo il gatto morto e in un altro il gatto vivo.

Nell’ imm il fatto notevole è che, una volta ipotizzato che tutti gli oggetti senza eccezione alcuna — compresi “gli esseri umani” — possano essere descritti secondo le commisurazioni della meccanica quantistica, le equazioni della meccanica quantistica obbligano ad accettare l’imm.

Attraverso le equazioni, Schrödinger dimostra in che modo la scissione dell’atomo si trasmette alla scissione dei due mondi del gatto. [per seguire le spiegazioni attraverso le funzioni logico-matematiche consulti all’Appendice I in F. J. Tipler, La fisica dell’immortalità, Milano, Mondadori, 1995, pp. 470-475]. Dopo il procedimento della dimostrazione simbolico-matematica delle equivalenze, Tipler ne esplica i passaggi, e conclude: «Ci sono dunque due “mondi”: in uno il gatto è morto e nell’altro è vivo. Se si aggiungesse al sistema un essere umano — per guardare se il gatto è vivo o è morto — allora l’interazione dell’essere umano con il sistema del gatto costringerebbe anche l’essere umano a scindersi. Se ci fossero altri esseri umani che guardano il primo essere umano e il gatto, anch’essi si scinderebbero in due mondi: in uno tutti vedrebbero il gatto vivo e sarebbero tutti d’accordo sul fatto che il gatto è vivo, mentre nell’altro vedrebbero tutti il gatto morto e sarebbero tutti d’accordo sul fatto che il gatto è morto. In conclusione l’imm ci è imposta da tre ipotesi:

1)        tutti i sistemi compresi gli esseri umani sono sistemi quantistici;

2)        tutta l’evoluzione temporale è lineare e governata dall’equazione di Schrödinger;

3)        tutti gli apparecchi di misura funzionano come dovrebbero. Se, per esempio il gatto è morto (se è in un autostato di “morte”) allora ogni strumento di misura che funzioni in maniera corretta deve affermare che il gatto è morto. In particolare, se gli strumenti sono esseri umani, allora, se il gatto è davvero morto, tutti gli esseri umani “che funzionano in modo corretto” devono vedere il gatto morto. (Tutti gli esseri umani “che non operano in modo corretto” vengono portati in un ospedale psichiatrico)». [Ibidem, p. 475 (il grassetto e il corsivo sono suoi)].

L’“ospedale psichiatrico” implica la esclusione, o il rifiuto, o l’ammissione che possano esistere mondi che alienano la percezione dell’evidenza, che non ammettono il malfunzionamento di una organizzazione, che è subito considerata una scoria, se si vuole costruire un sistema ben sincronizzato.

Vi sono anche persone che non costruiscono una informazione su costrutti logici, ma paralogici, e nonostante ciò riescono a replicarsi nell’ambiente.

In effetti, qualsiasi scelta che un osservatore decide, crea un sistema chiuso che si basa sul rapporto distanzavelocità e sulla energia che un organismo impiega per mantenere il sistema di relazioni. Ogni sistema chiuso, anche il più perfetto, crea scorie, le quali vanno smaltite o riciclate — o se danno fastidio vanno rinchiuse in “ospedali psichiatrici” —. Quanta energia ci vuole per il controllo, quanta per mantenere le relazioni (velocità) e quanta per le percorrenze degli spazi (distanza), da questa equazione si prevede la conservazione o la fine di un sistema.

Il racconto, pertanto, sorge con una commisurazione di almeno due grandezze, con cui è già possibile costruire un sistema di rilevamento attraverso la percezione e l’osservazione. Quando esso sorgere, presuppone un punto di vista posto in un luogo spazio-temporale chiuso da una struttura che osserva, e configura una sincronia di eventi costituita in energie-informazioni. Quando l’osservatore è indotto a scegliere uno dei sistemi di misurazione logica, si palesano una serie di stati e di fatti in modo da creare un macro-sistema di sincronie interconnesse e organizzate che spiegano il funzionamento delle relazioni con una configurazione di sistema.

Ogni narrare, grazie all’elettrodinamica quantistica, può essere valutato come un sistema di commisurazioni e di relazioni di sincronie, che hanno introdotto degli osservatori attraverso i vari linguaggi.

Ogni struttura, perciò, fa riferimento ad un ordine logico che, nel trasportare energie-informazioni, si replica e diviene attraverso le proprie sincronie; infatti, anche quando si trasmettono informazioni col linguaggio simbolico, esse sono considerate tracce — dagli analisti — di un sistema logico che ripete una condizione-movimento-scelta di un meccanismo che organizza relazioni di stati e di fatti in un contesto o ambiente.

La filosofia e la semiotica, per Volli, possono essere interpretate secondo i principî della termodinamica.

Ogni analisi sorge dalla probabilità che uno stato possa generare — o meno — un fatto, e dalla scelta dell’osservatore di analizzare gli eventi in metastasi.

Ma in quale dei mondi probabili sia sorta la biforcazione e la struttura che ora noi percepiamo e condividiamo con altre strutture, e se un indirizzo delle informazioni-energie-onde è applicabile al nostro mondo, questo sarà valutato solo dopo una decisione, o un atto, che cambia il biunivoco incedere delle organizzazioni.

Questo nuovo universo costruito sulle informazioni-energie-onde, pone una strana cosmologia e “ontologia” sorta dal calcolo quantistico, che ingloba anche quei calcoli più ridotti dell’essere e della cosmologia del passato.

Una ontologia, questa, abbraccia tutto l’universo come strutture organizzate da scelte che si moltiplicano e si divaricano in continuazione. Il movimento che si produce esiste solo se si riduce ad una funziona d’onda le interpretazioni dei molti mondi, o ammette che le funzioni d’onda non hanno regole, perciò «è impossibile fornire un’analisi precisa della contingenza quando questo processo è attivo. L’imm non risente di questo inconveniente: non vi è alcuna riduzione della funzione d’onda dell’universo. Oggi l’universo è quantistico così come lo era al principio. Nell’ imm, il raggio dell’universo è soltanto uno delle molte variabili quantistiche, come la vita del gatto nell’esperimento di Schrödinger. Quindi esistono molti universi con raggi diversi nel momento di massima espansione […]. Il caso ha voluto che noi vivessimo in uno di questi universi, ma ne esistono altri — ed è molto più probabile che in questi universi esistano altre versioni di noi stessi. Esistono molte storie. [Ibidem, p. 164].

Sembra proprio che quando l’universo si scinde, come avviene per la nascita di una nuova cellula, si divide anche la nostra mente in due menti distinte, ognuna delle quali va ad abitare in un universo. Ciascuna delle due menti è convinta, chiaramente, di essere unica e indivisa.  La scissione si ripete innumerevoli volte, a ritmo e con movimento incessante, che vedono coinvolti in ogni attimo ogni atomo con le sue particelle di informazione-energia-onda [che da ora in poi risemplificheremo in energia-informazione].

Per produrre queste scissioni non c’è bisogno che si compia una misurazione, basta che un corpuscolo microscopico interagisca con un altro corpuscolo e crei un ambiente relazionale colto da un osservatore.

Citando De Witt, Paul Devis, ci induce a considerare in che modo, con la teoria dei quanti, irrompono nel nostro mondo infiniti universi paralleli e, con essi, infiniti probabili modi per organizzare l’energia-informazione.

«Così scrive De Witt: “Ogni transizione quantica che ha luogo in qualsiasi stella, in qualsiasi galassia, in qualsiasi remoto angolo dell’universo scinde il mondo che vediamo intorno a noi in innumerevoli copie […] È una specie di “schizofrenia ad oltranza”. Come si vede, per restaurare la realtà del mondo si è dovuto pagare un prezzo, e questo prezzo è la molteplicità dei mondi paralleli che, in numero immenso e sempre crescente, divengono, ciascuno seguendo la propria via. […] I mondi paralleli, una volta che si siano separati, risultano fisicamente separati e dunque irraggiungibili. Per riunirci ad essi bisognerebbe invertire il processo della misurazione, il che richiederebbe un’inversione temporale: è come voler ricostruire un uovo che si è rotto, mettendo assieme un atomo dopo l’altro». [P. Davies, Dio e la nuova fisica, Milano, Mondadori, 1994].

Ci sono miliardi di miliardi di miliardi (fino alla ventitreesima potenza) di mondi paralleli che si biforcano nel corso di una vita. Ognuno vede coinvolta la scelta di una conseguenza a partire dall’osservare un fotone mentre passa in una delle due fenditure.

Mondi probabili e non più determinati, si affacciano alla nostra organizzazione, e non hanno nulla a che vedere con quegli universi che sorgevano da molta ontologia filosofica ed estetica, ora trapassate nella struttura. Alla nostra percezione, ora, affiorano mondi che si moltiplicano attraverso le indecisioni e le scelte delle commisurazioni, delle simmetrie e degli accoppiamenti strutturali che un osservatore coglie.

Sorge la nuova filosofia che Gaston Bachelard aveva lucidamente compreso. Essa è già insita nella organizzazione della fisica e delle valenze chimico-elettriche delle particelle dell’atomo. In questo modo spiega «la rivoluzione epistemologica delle qualità materiali» chimico-elettriche, a cui va però aggiunto il procedimento di misura, che è introdotto con la commisurazione di equivalenze nell’elettrodinamica quantistica, e che, con la probabilità, immette nel calcolo, anche la decisione di osservare il simbolico come un evento quantico. La scelta fa fugare gli altri probabili fantasmi sorti dalla indecisione, che non appartengono in alcun caso all’“irrazionale” costruito senza logica. Nel nuovo mondo dell’energia-informazione, infatti, tutti gli stati e i fatti, che partecipano ad un racconto, sono interfacce matematiche esprimibili con strutture logico-percettive.

«Così stando le cose, se si considera la notevole quantità di concezioni teoriche e di organizzazioni tecniche che richiede la nozione di elettrone, si deve senz’altro convenire che la sistematica chimica, non appena si fonda su questa nozione , riceve un nuovo carattere filosofico, quello stesso carattere che abbiamo messo sotto il segno di un razionalismo applicato. L’organizzazione elettronica, presa come un nuovo dominio di razionalità, rischiara indirettamente, ma profondamente, il nostro sapere empirico. La tavola di Mendeleev, riorganizzata al livello delle conoscenze attuali, accede ad un vero razionalismo aritmetico della materia; in altre parole, la tavola di Mendeleev è un vero pallottoliere che c’insegna l’aritmetica delle sostanze e che ci aiuta ad aritmetizzare la chimica. E si misuri bene questa essenziale differenza filosofica: la materia non è elettrica sostanzialmente; è elettronica aritmeticamente. La scienza della materia sfugge, con questa rivoluzione epistemologica, ai sogni di filosofie irrazionalistiche. Infatti, tutto ciò che l’irrazionalistica postulava come sostanza si presenta ora come struttura. Invano, preso dall’ebbrezza dell’insondabile, il filosofo irrazionalista obietta allo scienziato contemporaneo: “In fondo, voi non sapete che cosa è la sostanza dell’elettrone”; invano il filosofo irrazionalista crede di potere riportare l’ingenuità delle sue domande nell’aldilà sostanzialistico del corpuscolo costituente. Postulando una specie di trascendenza della profondità sostanzialistica, il filosofo irrazionalista non fa che mettersi i paraocchi. Il filosofo irrazionalista vuole sempre vedere le cose a modo suo. Ha la pretesa di limitarsi alle questioni primitive. Si rifiuta di seguire il lungo tirocinio che ha permesso allo scienziato di rettificare le previsioni iniziali e di affrontare una problematica precisa. Come potrebbe allora porre le domande che nascono appunto da un rovesciamento, per comprendere questo rovesciamento bisogna dire: le qualità sostanziali sono al di sopra, e non al di sotto, dell’organizzazione strutturale, dei rapporti della sostanza e della qualità? Per comprendere questo rovesciamento bisogna dire: le qualità sostanziali sono al di sopra, e non al di sotto, dell’organizzazione strutturale. Le qualità materiali sono fenomeni di composizione e non si trovano in una sostanza intima dei componenti. Tocchiamo un limite in cui il realismo non s’interiorizza più, in cui il realismo si esteriorizza». [G. Bachelard, Epistemologia, Roma-Bari, Laterza, 1975, pp. 86-7. Il corsivo è suo.].

La filosofia della “cosa” e quella della “cosa in sé” diventano strutture, composte in un aggregato di particelle di energia-informazione quantistica, che come un insieme configurano un sistema relazionale ed operativo.

Descrivere la funzione in un sistema di relazioni configura con più precisione il punto di vista, che la rappresentazione di una struttura concettuale.

Il futuro dei mondi teorici e percettivi, messi in relazione ed interfacciati ad un ambiente vitale da una struttura fisico-chimico-biologica vivente, sarà quello di conoscere la metodologia delle varie applicazioni di strutture logico-matematiche adoperate da un osservatore, con i cui automatismi di calcolo si costituiscono i sistemi di rilevamento di come si distribuiscono i rapporti tra distanza e velocità delle energie-informazioni, per prevederne la sopportabilità o la fine dell’organizzazione.

Ma, per che farne?

Per costruire previsioni!

Ogni calcolo sarà utilizzato per calcolare come un sistema si sposterà e quale posizione probabilmente assumerà, dopo le sollecitazioni dinamiche dell’energia-informazione, ricevute in un ambiente vitale.

Siamo passati dalla contemplazione di un mondo, all’azione “condizionatrice” di calcoli e di decisioni che sono prese, specie a causa di biforcazioni di stati, che sorgono dal sistema di calcolo elettrodinamico, con la scelta di un procedimento di misura.

Distanza velocità di percorrenza ed energia sono gli elementi cardini per la costruzione di una configurazione di una struttura di relazioni.

Arte scienza e filosofia, con tutte le altre scienze di commisurazione, si presteranno a condizionare la vita con l’analisi delle architetture e con la verifica dei sistemi di previsione, sia individuali che sociali.

Giuseppe Siano (prima parte della prima parte)

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Il Popolo delle carriole fotografa e denuncia all’autorità giudiziaria lo scandaloso abbandono delle pietre artistiche, monumentali e storiche

 

Una sentenza esemplare: colpire duramente tutti i colpevoli istituzionali dello scempio ……

P. S. Nell’ultima domenica di aprile e nella prima di maggio del 2010 il Popolo delle carriole, dopo aver dovuto forzare nuovamente le barriere per entrare nella zona rossa del centro storico, ha girovagato in lungo e in largo nelle zone adiacenti le chiese di S. Pietro, S. Domenico, S. Maria di Roio, S. Marciano, S. Caterina d’Alessandria, Beata Antonia ed altre ancora. Ha così potuto documentare con una serie di fotografie inviate alla magistratura a corredo di un esposto, lo scandaloso stato di abbandono dell’inestimabile patrimonio artistico, architettonico e monumentale diventato da oltre un anno facile preda di collezionisti, antiquari, operatori del settore edile e ladri comuni.

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IL GATTO ILLUSIONISTA.pps

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La Giornata mondiale del  libro, lo scatto bruciante delle carriole e le poesie dedicate il 25 aprile ai 9 Martiri aquilani

di Antonio Gasbarrini *

 

Il 23 aprile in tutto il mondo è stata celebrata la Giornata Mondiale del Libro e del Diritto d’autore.

Domenica 18 aprile, le carriole, con cinque giorni di anticipo, erano state riempite con libri donati dall’Università e da altri privati, portati poi, dalla Villa Comunale nel tendone di Piazza Duomo. Qui veniva allestita una piccola, ma funzionale biblioteca. Il 25 aprile, Festa della Liberazione dal nazi-fascismo, il Popolo delle carriole ha mantenuto la sua promessa, festeggiando nell’omonima piazza i 9 Martiri aquilani, con fiori, palloncini e letture di poesie.

P. S. Non può non esser ricordata quella radiosa domenica del 18 aprile con le carriole strapiene di libri salvati dal sisma. Libri & Macerie. Macerie & Libri. Senza il rilancio, la rivitalizzazione di una cultura ghigliottinata dal terremoto, la città invisibile-morta-fantasma-spettro non avrà alcun futuro.

Per rimetterla su fisicamente ci vorrà qualche anno. Per riannodare lo spezzato filo conduttore della sua plurisecolare civiltà, molto di più.

Per queste ragioni i versi scritti nel 2001 da alcuni poeti aquilani (I Nove Martiri aquilani, a cura del Gruppo d’Arte “Saturnino Gatti”, Angelus Novus Edizioni), hanno riacquistato nuova linfa con l’inusuale reading di poesie, coordinato da Maria Silvia Reversi, tenuto nello stesso luogo della memoria devastata. Riconquistato palmo a palmo, dall’indomito Popolo delle carriole, nelle domeniche precedenti. Rianimato, quindi, da quei versi amari letti, con partecipata emozione, dagli autori presenti.

La storicizzante introduzione di Alvaro Iovannitti sull’eccidio del 23 settembre del 1943 e la chiusura della manifestazione con la lettura di alcuni brani tratti da La città futura di Antonio Gramsci (febbraio 1917) a cura di Antonella Cocciante di Animaimmersa, hanno fatto da apripista al corale “Bella ciao”.

Questo l’incipit gramsciano, più che attuale per i tantissimi aquilani “bellamente defilitasi” rispetto ad una tragedia immane soverchiante di gran lunga i loro miserrimi egoismi di bottega: «Odio gli indifferenti. Credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire esser partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non esser cittadino, e parteggiare. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria., non è vita. Perciò odio gli indifferenti».

Personalmente non odio gli indifferenti: mi fanno solo pena. Molto meno di quelle secolari pietre di S. Pietro ammucchiate non solo dal terremoto, fotografate dall’autore un anno dopo il sisma (18 aprile 2010). Quanti “irresponsabili” istituzionali dovrebbero essere arrestati all’istante per la palese “omissione di soccorso”?  Le pietre della memoria civica non sono sassi, ma delicatissimi fiori profumati.

* Critico d’arte – Art Director del Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea Angelus Novus, fondato nel 1988 (L’Aquila, Via Sassa 15, ZONA ROSSA). Attualmente “naufrago” sulla costa teramana. antonio.gasbarrini@gmail.com

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