Settembre 2010


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Biografia di Mario Costantini

Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Roma con i maestri Mafai, Avenali e Bianchi Barriviera, si è dedicato all’indagine della tessitura etnica, con particolare attenzione alle declinazioni locali di una tradizione abruzzese filtrate però, sempre, da un linguaggio astratto e concettuale maturato anche all’interno della celebre arazzeria di Penne, fondata negli anni ’60 da Fernando Di Nicola. Qui si avvicendarono artisti come Afro, Capogrossi, Remo Brindisi, Primo Conti e in questo ambiente ha ideato la serie di “pittosculture”, ovvero interventi pittorici sull’ordito.
“Mario Costanti sposta il concetto di materia sul versante dell’indirizzo analitico, che l’afferma come trama tissulare, reticolo di nervature,texture geometrica sottesa allo spessore fenomenologico. Le suggestioni della tessitura sul telaio si sublimano concentrandosi con echi del’impressionismo, strutturalmente percepito, e del Klee che decortica il reale scoprendone il disegno fitto delle fibre” ) Mario Bologna, 1991 (altro…)

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Trasparente / Apparente è il titolo di una mostra che a Roma ha reso omaggio al percorso artistico del maestro molisano Gino Marotta. La sua ricerca prende l’avvio nel 1957 quando, contemporaneamente a Alberto Burri, inizia a interrogarsi sulle questioni dell’Informale e sulle possibilità della materia, adoperando stagno e piombo su tutti. Dopo un’incursione nell’universo industriale utilizzando acciaio, alluminio e ottone, Marotta, che è stato direttore dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, approda al linguaggio ancora oggi caratteristico della sua ricerca. A metà degli anni ’60 vengono esposte a Milano le sue sculture in metacrilato: alberi, fiori,animali coloratissimi e favolosi in una sorta di grande paesaggio artificiale. Al principio degli anni ’80 Marotta, come molti altri, riprende il pennello salvo tornare poi, nel corso della metà del decennio successivo, al metacrilato. Dopo la pittura a olio insomma, Marotta torna a riflettere sull’idea di fondo del suo fare arte: il rapporto tra il mondo tecnologico-artificiale e la conservazione della natura. Appartengono a questa fase lavori che non sono più culture ma vere e proprie pitture, nelle quali si sovrappongono sagome ritagliate, fatte per una visione frontale. Il percorso di Giano Marotta si è nutrito anche di esperienze significative nel campo del design e dell’architettura: suo il soffitto del Palazzo RAI di viale Mazzini o la vetrata del Centro Congressi di Bergamo. La mostra, articolata nelle tre sedi della galleria La Nuvola, ha testimoniato dunque, la complessità di un cammino artistico lungo e ricchissimo, portato avanti da Marotta con la coerenza di chi sa ancora provare, e far provare, stupore e meraviglia. L’evento è stato anche l’occasione per presentare una preziosa monografia sull’artista realizzata da Maurizio Calvesi, curatore dell’esposizione.
catalogo:
Maurizio Calvesi, Gino Marotta Trasparente –
Apparente, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2008
www.gallerialanuvola.it

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http://www.abruzzocultura.it/0015528_la-materia-nello-spazio-urbano-ricordo-di-elio-di-blasio/comment-page-1/#comment-7995

http://www.abruzzopedia.com/notizie-locali/la-materia-nello-spazio-urbano-ricordo-di-elio-di-blasio

http://mysticdriver.blogspot.com/2010/09/mediamuseum-pescara_25.html

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LA MATERIA NELLO SPAZIO URBANO

ANTONIO PICARIELLO

 

 

“Sono invaso dall’animismo dei fenomeni e delle cose […]. Quando il battente del mio vetusto armadio si spalanca da sé perché il nottolino rallentato non sa più trattenerlo, mi dico che l’anima dell’armadio lo respinge”.  Alberto Savinio

 

L’immediatezza semantica del titolo scatena immagini magiche. Non a caso l’animismo di Alberto Savinio, il vero genio di famiglia, sollecita la corrispondenza metafisica del fratello  De Chirico. Le città si animano di materia sospesa e i “dioscuro” esplodono in segni sconfinanti la percezione dei sensi. L’alfabeto metafisico richiama il Novecento; secolo di avanguardie e di sperimentazioni. Secolo coraggioso costellato di fantasmi generazionali costruttori di continuità di senso incatenati   al sistema della provocazione scientifica votata  alla ricerca assidua del mutamento; svelare la sostanza del codice attraverso il fremito emotivo e passionale sottratto alla canonicità della struttura organizzata per regole. La fenomenologia dirompe nell’ossatura dell’esperienza trasformando la filosofia in epistemologia. Scienza e natura concorrono alla forma della città che nel situazionismo liberatorio di Guy Debord assumono la dominanza della preveggenza progettuale e una sorta di psicogeografia urbana sfoga  le intuizioni strutturali del Bauhaus e di ULM  per dare corpo ad  un genere di concertazione   potenzialmente magico, capace di rinvigorire gli automatismi smorti della conservatoria  ordinati per schemi  nella  coscienza  collettiva.   La città ritorna pensiero relazionale e l’urbanistica prevede i corpi e le menti  che la abiteranno. Le forme attraccheranno alle percezioni per dare senso di continuità alla vita che nel Futurismo del genio di Alessandra d’Egitto collocherà il pensiero elastico per favorire l’ avvento della materia artistica  più famosa  del XX secolo: L’orinatoio e  una  Monna Lisa con baffi e pizzetto. Il ready-made  avvinto alle  molecole di un attaccapanni o di  uno scolabottiglie apre la modernità  con il chiavistello del  concettuale  in cui il pensiero artistico diventa opzione della scelta; individuare  l’oggetto, isolarlo  dal contesto clonante della produzione industriale e attribuirgli l’anima affettiva  dell’artista. Duchamp-Duchamp come un’icona dei Pink Floyd ispirata alla carta da parati con le mucche di Andy Warhol contrapposte allo stile di vita “classico” formattato dal Rock and Roll  degli anni ’50 (l’arte di amoreggiare al drive-in cigolando  nella mitologica deux chevaux  del 1948) e dare sfogo alla vita libera della cultura Hippy degli anni ’60 sortita dal ventre paterno della Beat Generation. Ma la scienza della significazione (interpretativa,  generativa e polare) non applica modelli preconfezionati ai suoi oggetti di ricerca e  predilige, per il nostro discorso,  l’attenzione analitica a favore della creatività dei  fratelli De Chirico  forniti di una solipsistica vocazione inconscia capace di anticipare la ricerca del linguaggio scientifico affascinato dai  segni organizzatori dell’immaginario. Da qui parte la creazione che trasformerà la teoria in arte modellando la materia nello spazio urbano prima come  materia onirica, poi come sistema dell’inquietudine a sollecito di una visionarietà moderata dell’inconscio successivamente  ereditata in campo  cinematografico ( in omaggio al luogo che ci ospita) da un Visconti magnetico cui i linguaggi degli artisti costruttori di questa mostra, per ovvie ragioni, accettano o rinnegano nel consiglio collettivo delle opere.  Si organizza così un discorso euristico in tensione comparativa tra ciò che è stato pensiero storico e la vitalità attiva del pensiero immediato della contemporaneità vivente.  Si apre in questo modo una sorta di schermo mentale su cui si proiettano gli  scopi dell’arte  assistente del  dovere di  aprire nuove esplosioni nella meccanicità usurante della gora artistica macerata dagli schematismi del sistema mercantile arrivato al limite del senso comportamentale. Pensiero collettivo votato per acclamazione del “possesso” alla prossemica della patologia di massa. Di controcanto il pensiero del Novecento suona nostalgico  quando dice:  Il nostro spazio   urbano, ma verrebbe da notificare anche mentale,  è  popolato di manichini. Siamo ancora  luoghi veri dalla logica impossibile dove non c’è più il tempo, ma orologi fermi e treni che vanno e che non arriveranno mai. C’è un segreto che ci è nascosto. C’è un messaggio che dovremmo capire; scorgere nei colori caldi e immobili, privi di vibrazioni atmosferiche. Siamo in questa  luce bassa opposta alle lunghe ombre. Lo spazio, il nostro spazio, si è fatto allucinante. Questa poetica del sospeso imprime la consapevolezza dirompente della nostra attuale condizione mentale messa in ossessione frattale dalla dinamica dei mezzi (messaggio) che ci obbligano a relazionarci con un possibile momento che passa in continuazione sottraendo alla riflessione artistica la biologica condizione del tempo ciclico, rituale, quasi liturgico sostituito da un obbligo direzionale contro cui l’unica maniera creativa del linguaggio dell’arte è quella di trovare continui approdi occasionali per non farsi trascinare nella dispersione del male. Siamo la metafisica dell’algoritmo che ci attraversa continuamente bruciando memoria. Ma “il filtro della mente è l’intuizione del genio” e il desiderio della riflessione viene inibito dalla sfrenatezza  imperante negli spazi assurdi delle metropoli verticali cui per emulazione  la provincia senza  identità fa riferimento.  Lo spazio orizzontale è assorbito dalla materia che produce altra  materia in un ciclo continuo del consumo di segni, di merci e di senso. I manichini di Ferrara, le muse inquietanti, hanno lasciato il posto ai fantasmi invisibili dell’elettronica e la spiritualità artistica si è ristretta nella protezione soffocante dei confini dell’ “IO”. (altro…)

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http://www.galeriaserpente.com

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Las plantas. ¿No las mojas?

 

No te quejes si acaso las ves en la terraza y las encuentras secas. Dices que todas las formas de vida llevan su belleza y luego añades que la belleza la entiendes  como calidad de la vida. Dices que las plantas son seres que no le hacen daño a nadie. Acercan la actividad muscular al pensamiento. Su estado lo sientes en el vientre. Corta. Dices que es bondad y ligereza de la muerte. En el vientre hay otras cosas. Células enfermas y amores echados a perder. Dices que es el hilo asesino de la hoja, dulce, diamantino. Te has quedado una imágen fotográfica que reproduce a un viejo contable de la seducción, la decadencia marchita del encanto. ¿Quieres  poner remedio a la muerte con nuevas semillas? ¿Crees que puedes hacer brotar tus buenas intenciones de la tierra húmeda? ¿Quieres en las iris aquellas manchas, aquellos colores, el sabor auténtico del deseo? El olor del moho generador de vida. He aquí lo que tienes que respirar de una mentira. Todavía tienes el gusto que le debes devolver al Duende que te lleva la cuenta. También estas secas. También estas de repente guardadas en la colección de la muerte.

 

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rielaborazione su f.to di Yasmeen Stewart

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