OMAGGIO A IGNAZIO SILONE & ANNIBALE GENTILE

Il 22 agosto 1978 Ignazio Silone, ricoverato in una clinica svizzera, moriva a Ginevra. Il 18 aprile 2012, Annibale Gentile, uno dei suoi più attenti ed esigenti studiosi, ci ha lasciati a seguito di una banale caduta sulla strada mentre stava rincasando ad Avezzano. Ad entrambi è dedicato questo mio inedito testo.

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Introduzione di A. Gasbarrini al volume di Antonio Gasbarrini – Annibale Gentile I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone (in corso di pubblicazione)

INTRODUZIONE

«L’unica mia paura è che quando morirò i lupi ti divoreranno».
«Quali lupi?” chiesi. «Non ne ho mai visti fuori dallo zoo».
«Lupi in veste umana» rispose gravemente.
In Severina (da un colloquio tra Ignazio e Darina Silone, qualche giorno prima della morte)

Aiutò a capire per poter lottare.
Aiutò ad amare per poter capire.
Annibale Gentile

Allorché si progetta la stesura di un libro, per di più scritto a quattro mani, è dato sapere solo quando si inizia (anno di grazia 1976). Né è facilmente prevedibile se sarà portato giammai a termine. ? il caso de I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone.
Questa la fedele genesi e la cronistoria della sua mancata pubblicazione.
Il giornalista, pittore, caricaturista, saggista, fotografo Annibale Gentile, nella sua amata veste di “Maestro di scuola elementare” in una quinta classe a Pescina dei Marsi dove insegnava, incardinava a metà degli anni Settanta l’intero corso di studio (italiano, storia, geografia…) su Fontamara.
Dalla lettura delle sue pagine i giovanissimi neo-fontamaresi, traevano poi gli spunti necessari per la loro reinterpretazione e riattualizzazione documentaria-creativa, con disegni, interviste, fotografie. Reinterpretazione compendiata nei quattro fogli del giornale rivoluzionario Che fare? Giornale dei cafoni di Fontamara, riproposto nella cartella d’arte I Fontamaresi di cui si dirà appresso
Tre gli articoli della prima pagina scritti con un pennarello marroncino citando letteralmente brani tratti dal libro, illustrati con altrettanti disegni. Il giornale della rivolta è il titolo scelto per l’editoriale («Volevamo dare al nostro giornale un titolo diverso. Abbiamo fatto tante proposte ma Scarpone non è stato d’accordo con noi. […] Il titolo che abbiamo alla fine scelto è stato quello di Scarpone: “Che fare?” […] Questo è un giornale per i cafoni, un giornale scritto a mano. Il primo giornale dei cafoni. Il giornale della rivolta»). Segue Hanno ammazzato Berardo Viola. Che fare? («Hanno ammazzato Berardo Viola. Lo hanno torturato, lo hanno impiccato per far credere che si era impiccato. […] Hanno ammazzato il cafone più forte, ma non sanno che la morte di Berardo ci ha fatto diventare più forti anche a noi. Abbiamo deciso di fare la rivoluzione. W BERARDO VIOLA»). Chiude con È morta anche Elvira («Per il dolore è morta anche Elvira. […] Sono morti tutti e due come Romeo e Giulietta»).
Nella seconda pagina, anch’essa tripartita, campeggiano i testi ed i disegni di Hanno tolto l’acqua. Che fare? e Hanno dato le terre ai Ricchi. Che fare?, mentre per il terzo articolo Il prete si rifiuta di seppellire i nostri morti. Che fare? è riportato unicamente il disegno. Anche nella terza pagina sono effigiate le sole illustrazioni di In nome della legge violentano le nostre donne. Che fare? e L’impresario ci tratta peggio dei suoi cani. Che fare?, mentre sotto il titolo e la relativa vignetta di Don Circostanza è una carogna. Che fare? c’è una NOTA DELLA REDAZIONE firmata da Annibale Gentile (datata Pescina dei Marsi, dicembre 1978, e perciò a circa quattro mesi dalla scomparsa dello scrittore abruzzes), il quale chiarisce le ragione degli spazi “tipografici” lasciati in bianco: «Quattro anni dopo. Che fare? Questo giornale, il giornale della “rivolta dei cafoni” è rimasto incompiuto. Al termine di quell’indimenticabile anno scolastico le nostre strade si divisero. Dovemmo lasciarci troppo presto. Ecco perché nel giornale sono rimasti gli spazi in bianco. Ma proprio per questo ora abbiamo una ragione in più per rivederci, per ritrovarci. Sarà domani, o chissà, ma ci ritroveremo. Dobbiamo riempire quegli spazi vuoti, dobbiamo riprendere un lavoro interrotto. E insieme un cammino. Ripartiremo da Fontamara, per arrivare lontano, dove ci porterà la grande lezione di Ignazio Silone». A seguire i nomi dei 18 alunni e “il loro maestro di quinta elementare Annibale Gentile”. Della quarta pagina, eccone il titolo ed il testo scritti in caratteri cubitali: «Cafoni, ribelliamoci. Dopo tante pene e tanti lutti, tante lacrime e tante piaghe, tanto odio, tante ingiustizie e tanta disperazione, Che fare?».
Nella primavera del 1975 il Maestro Gentile e la sua scolaresca vanno a trovare lo scrittore a Roma nel suo appartamento di Via di Villa Ricotti, esibiscono con orgoglio il loro giornale, raccontano per filo e per segno questo o quel passo di Fontamara, intervistano in diretta il “compaesano”. Vanno poi insieme, sullo stesso autobus da cui erano partiti da Pescina, in una trattoria scelta da Silone (si leggano, in proposito Silone vivo e Intervista a Ignazio Silone).
Il tutto è documentato da alcune belle foto scattate da Gentile, con Silone sprofondato in una poltrona: attorniato dai piccoli fontamaresi mentre sfoglia il Giornale dei cafoni di Fontamara, “tradendo” (questa volta sì) la sua connaturata tristezza somatica, con un compiaciuto sorriso. Quelle straordinarie immagini continuano ancor oggi a fare il giro del mondo. A proposito. Le foto n. 10 e n. 11 riprodotte nell’inserto al volume di Stanislao G. Pugliese Bitter Spring. A life of Ignazio Silone, New York, 2009, sono di Annibale Gentile, il cui nome viene arbitrariamente sostituito dall’autore con la didascalia “Courtesy Centro Studi Ignazio Silone, Pescina”; idem per la foto graficizzata nella copertina. Sarebbe stato sufficiente, più che aggirare il diritto d’autore, prendere esempio dalla quarta di copertina del romanzo incompiuto Severina – a cura di Darina Silone, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1983 – dove è riprodotto uno dei più malinconici ritratti fotografici di Ignazio Silone, con l’indicazione dell’autore, Annibale Gentile, appunto).
Subito dopo quest’irripetibile “incontro romano” nasceva in noi due l’idea di dare voce e corpo a I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone. Pubblicazione peraltro incoraggiata dallo stesso Silone e dalla moglie Darina.
Nel 1978 eravamo a buon punto per gli ultimi “ritocchi”, allorché ci ferì l’infausta notizia della scomparsa dello scrittore abruzzese in una clinica di Ginevra. Che fare?, per onorare al meglio la sua memoria?
Un altro libro. Incentrato questa volta sui giudizi di carattere politico, culturale ed artistico che stavano uscendo copiosamente su giornali, riviste, radio e televisioni in ogni angolo della terra. Detto e fatto: Silone tra l’Abruzzo e il mondo. Le due edizioni (la seconda ampliata), uscite tra l’inizio del 1979 e la metà del 1980 ci davano ragione sulla felice intuizione, grazie all’indubbio successo editoriale riscontrato.
E I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone? Ancora nel cassetto, sì, ma i cui contenuti testuali e iconografici venivano in parte anticipati con una cartella d’arte tirata in 70 esemplari, titolata appunto I Fontamaresi, pubblicata con il consenso ed il conforto della vedova Darina Silone. Recante tra l’altro, tre incisioni dell’artista Federico Gismondi ispirate alle pagine siloniane, nonché, come si è già detto, la riproduzione del Giornale dei cafoni di Fontamara.
Il denso materiale documentario sulla figura e l’opera dello scrittore abruzzese, raccolto e pubblicato in Silone tra l’Abruzzo e il mondo, aveva sollecitato la nostra curiosità “d’incalliti studiosi siloniani” soprattutto per quanto riguardava la sua militanza comunista. Facendo così slittare ulteriormente di ben “due lustri” la programmata uscita de I Fontamaresi.
Non eravamo soddisfatti, per il decennio 1921-1931, né per quanto rinarrato in Uscita di sicurezza e negli altri scritti autobiografici, né tanto meno per la rivisitazione di quel periodo emergente dagli articoli, dai saggi e dai vari documenti che sarebbero poi stati pubblicati nel nostro volume. Per questa semplice ragione, negli anni Ottanta ci buttavamo a capofitto in un’altra avventura editoriale. Dopo pluriennali ricerche d’archivio condotte prevalentemente nell’Istituto Gramsci di Roma, approdavamo nel 1989 nell’altra pubblicazione curata sempre a quattro mani Ignazio Silone comunista (1921-1931). Nelle sue dense pagine, in cui una serie di documenti inediti relativi alle relazioni tenute dal “compagno Pasquini” nelle riunioni degli organi apicali comunisti e alla corrispondenza intercorsa con i protagonisti del partito, nonché la riproposizione di molti suoi dimenticati testi usciti prevalentemente su Lo Stato Operaio, emergeva a tutto tondo, e per la prima volta, un’inedita figura dell’Ignazio Silone rivoluzionario. Anche questo secondo volume fu ben accolto, innanzitutto da storici e studiosi siloniani. Figura storicamente, e di riflesso, letterariamente sfregiata dalla metà degli anni Novanta – si può affermare sino ai giorni nostri – dall’escalation di scoop “diramati” a distanza cadenzata dagli storici Biocca e Canali (i paventati lupi «in veste umana»). Dalle loro ricostruzioni pseudo-biografiche basate su carte d’archivio, quello stinco di santo d’Ignazio Silone altri non era (e, alla fin fine non è stato) che una precoce spia di 19 anni al servizio della polizia politica prima dell’avvento del fascismo, dell’OVRA poi, ancora, degli americani dell’OSS negli anni Quaranta e persino della CIA in quelli Cinquanta-Sessanta.
Non è questa la sede per controbattere con la sola logica e non già carta su carta d’archivio – così come hanno già fatto solidi storici della levatura di Mimmo Franzinelli, Sergio Soave e Giuseppe Tamburrano o fini critici letterari alla stregua di Bruno Falcetto curatore dei due monumentali volumi mondadoriani dedicati allo scrittore abruzzese – le corrosive tesi dei due studiosi. Sfociate nel 2005 nella falsificante biografia bioccana Ignazio Silone. La doppia vita di un italiano.
Da parte mia e Gentile si dava subito mano all’“impianto” di un altro libro scritto di nuovo a quattro mani sull’intera vicenda titolato Ignazio Silone: la spia in/fame venuta da Fontamara, all’insegna del “lasciamo decantare la sterile contrapposizione tra innocentisti e colpevolisti” (a breve, ed a distanza di poco più di tre lustri, dovrebbe anch’esso vedere finalmente la luce).
Quest’obbligata scelta rimandava ancora una volta alle calende greche l’uscita de I Fontamaresi. Agli inizi del 2009 era già tutto pronto per la stampa (ancora non avevamo scritto la presentazione, anch’essa prevista a quattro mani) allorché il tragico sisma aquilano del 6 aprile scombussolava il tran tran della mia vita quotidiana, costringendo me ed i miei familiari ad un forzoso e perdurante esilio nella costa teramana, tant’è che il mio nuovo alias è Il Naufrago.
Pubblicazione adesso portata personalmente a termine anche per onorare l’impegno morale ed ideale preso con Annibale. Precocemente scomparso qualche giorno fa a causa di un banale, sciagurato incidente* .
Ma, naufragi(o) esistenziali a parte, dalla lettura de I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà nella Fontamara d’Ignazio Silone, dovrebbe scaturire, anche per il lettore più smaliziato, quella naturale empatia con i Fontamaresi di ieri, oggi e domani, così magistralmente effigiati e profeticamente prefigurati (mi riferisco ai nuovi poveri-cristi-cafoni contemporanei) nelle scarne, ossute, eppur splendide quanto attualissime pagine del primo scritto creativo di Silone durante il quindicennale esilio in terra svizzera.
Nell’Appendice, anche per controbattere educatamente il primo non-scoop del Silone-spia dell’OVRA divulgato ai quattro venti massmediatici da Dario Biocca nel 1996, si ripropone integralmente l’informativa dell’OVRA datata 16 gennaio 1935 in cui si può tra l’altro leggere: «Il Tranquilli, com’è noto, non fa mistero alcuno del suo profondo odio contro il Fascismo, cui, da comunista qual è, attribuisce la morte, avvenuta nelle carceri italiane, del fratello Romolo, che egli cercò di giovar quando tentò di prestarsi come nostro informatore [il corsivo è mio] e che ritiene fermamente sia morto in seguito a sevizie subite». L’editato documento, messoci a suo tempo a disposizione dal nipote di Silone, Romolo Tranquilli jr., è stato infatti pubblicato sul finire degli anni Settanta proprio nelle due edizioni del nostro Silone tra l’Abruzzo e il mondo; perciò ben “tre lustri prima” del falso scoop di Biocca. Inoltre i tanti documenti reperiti da Romolo Tranquilli jr. erano stati già resi di dominio pubblico con un’apposita mostra tenuta a Pescina nell’aprile del 1979 in concomitanza del Convegno internazionale “Incontro-dibattito sulla figura e l’opera d’Ignazio Silone” a cui partecipammo anch’io e Gentile. L’informativa pertanto era ben conosciuta, contrariamente a quanto affermerà Biocca in vari passi dei suoi scritti, sia da Darina Silone che da Luce D’Eramo, entrambe attive collaboratrici con testi scritti ad hoc, come Primo incontro con Ignazio Silone della stessa Darina.
Il tutto, qui telegraficamente ricordato, doveva quasi certamente essere a conoscenza di Biocca e Canali (i due nostri libri compresi, mai citati nei loro scritti, a quanto mi risulta), tant’è che in una nota del loro volume L’informatore: Silone, i comunisti e la polizia uscito nel 2000, Biocca annota: «Desidero ringraziare quanti mi hanno aiutato a condurre a termine questo lavoro. […] Ringrazio anche Romolo Tranquilli per avermi incoraggiato a proseguire il lavoro di ricostruzione documentaria».
A fianco dell’informativa del ’35, e per ribadire l’esistenza storica di una verità “altra” rispetto a quella che sarebbe stata accreditata da Biocca e Canali, veniva pubblicata (ora riproposta sempre nell’Appendice) una delle prime recensioni di Fontamara. Guarda un po’ il caso, effettuata dall’OVRA. Datata Roma, 26 luglio 1933, era qui parafrasata (con una serie di strafalcioni) la recensione di Oda Olberg appena pubblicata sull’Arbeiterzeitung.
Tornando al sottotitolo de I Fontamaresi. La scuola “delle” libertà…, è bene fare un’utile precisazione. Dalla pubblicazione (a cura di Lamberto Mercuri, 1979) del “Memoriale” alla Procura Federale Svizzera scritto il 17 dicembre 1942 da Secondo Tranquilli mentre è rinchiuso nel carcere a Zurigo («[…] essendo sottoposto ad un’inchiesta per una certa attività politica da me svolta, assieme ad altri amici verso l’Italia […] Arrivato quasi a termine del mio romanzo “Il seme sotto la neve”, avevo cominciato allora a scrivere un altro libro, “La scuola della libertà”, come continuazione positiva e contrapposta alla “Scuola dei dittatori” […]»), si è potuto apprendere di questa sua intenzione lasciata per strada al solo stato d’abbozzo.
Quanto alla siloniana parola-guida Libertà, un non secondario particolare c’illumina sul contesto storico in cui il Centro Estero del Partito Socialista Italiano da lui guidato operava. Ulteriormente interrogato il 29 dicembre sull’avvenuto sequestro del cliché LIBERTÀ così rispondeva: «In una delle sue ultime comunicazioni il CI [Centro Interno del Partito Socialista Italiano, n.d.a.] ci informò di essere in possesso di una duplicatrice Gestetner, per la quale occorrevano però dei clichés dei quali essi non avevano disponibilità. Il CE si dichiarò disponibile ad acquistare dei clichés d’occasione per poterli pio inviare al CI. Non v’è dubbio che i cliché in questione siano proprio i clichés “Libertà”». Nella relazione datata Berna, 11 febbraio 1943, redatta dal Dipartimento di Polizia e Giustizia per l’espulsione di Tranquilli e Formica [un altro membro del CE arrestato, n.d.a.], in merito al cliché viene puntualizzato: «[…] Una ulteriore indagine condotta sull’accertamento dei vari favoreggiatori con nomi di copertura a Zurigo, portò alla scoperta del CE e all’arresto del Tranquilli il 14-12-1942. I clichés erano stati confezionati, per incarico del Tranquilli, alla ditta Allemand & Gheringer, Freistr. 24, Biel.[…]».
E, siccome il primo titolo originale del libro progettato era “La scuola del dittatore” (al singolare), in modo analogo ne I Fontamaresi “La scuola della libertà…” è stata trasformata ne La scuola “delle” libertà: libertà plurali e pluralistiche (pedagogiche e creative innanzitutto) seminate a piene mani dalla primaverile lectio magistralis di Annibale Gentile.

* Il 17 aprile 2012, intorno a mezzogiorno, Annibale Gentile cadeva rovinosamente in un sottopasso della strada che conduceva alla sua casa in Avezzano, battendo la testa sull’asfalto. Veniva subito soccorso da un passante che aveva assistito alla tragica scena e trasportato con un’autoambulanza, in stato di shock, nel reparto di rianimazione dell’ospedale civico. Alle ore 17 circa del giorno successivo veniva certificata la sua morte cerebrale.
Il 19, giorno del mio luttuoso compleanno, ero nel suo bunker-studio dove ho riletto il testo pubblicato nelle due edizioni del libro curato a quattro mani nel 1979 Silone tra l’Abruzzo e il Mondo. Decidevo là per là di utilizzare il suo scritto per la presentazione de I Fontamaresi. La scuola “delle libertà” nella Fontamara d’Ignazio Silone. I continui riferimenti a nomi e testate di giornali e riviste si riferiscono agli articoli usciti tra la data della morte dello scrittore abruzzese avvenuta il 22 agosto 1978 e quella della prima edizione di Silone tra l’Abruzzo e il mondo, articoli pubblicati in forma anastatica e debitamente tradotti, se necessario. (A. G.)