Non se ne può più di questi artisti prodotti a tavolino dalla genialità manageriale dei galleristi che ormai hanno acquisito, rifacendosi alle furberie delle antiche strade della seta, la conoscenza captatoria che porta ad utilizzare, secondo il progetto mercantile da mettere in atto, ovvero, secondo il nuovo prodotto industriale da vendere sul mercato, una capacità gestionale che porta alla sovranità assoluta. Con metodo Luigi XIV, questi nuovi geni, i galleristi, della “biomercantarte”, ( andrebbe detto altrettanto per gli amministratori e politici dei vari enti pezzantucoli italiani) individuano, al pari delle tecniche della convinzione pubblicitaria, nella schiera elemosinante dei critici, quello che meglio si adatta al prodotto artista da sparare sul tavolo delle trattative. Non c’è la morte dell’arte come romanticamente ancora qualcuno enuncia per trovare un senso alla sua vita, c’è la detrazione miserrima, invece, del sistema e della mentalità delle arti. L’illuminismo ha esalato il suo ultimo respiro, la razionalità e la dignità dell’uno verso l’altro, almeno che, se per “uno” si possa ancora intendere una parvenza di compattezza non ancora schizofrenica ed esplosa, è inesorabilmente decaduto lasciando posto, a pieno merito per la trascuratezza sciattosa delle nuove generazioni intellettualistiche, a ciò che è sostanzialmente il modello mentale e assoluto della malavita. Sistema occulto nella progettualità a priori: associazioni che sussurrano da dietro le colonne i loro interessi da mettere in campo, e operatori efficienti alla luce del sole capaci di applicarli e presentarli, una volta conclusi, questi progetti del pizzullo, con alta gradazione di perizia e qualità, fotografano adesso quello che è lo scheletro reumatico dell’arte. Ecco come si costruisce la rete dell’arte in Italia. Non è che, poi, questo pietoso modello non venga proposto e usato in altri luoghi occidentali, ma lo stile provinciale e da caporalato, esiste e si promuove solo qui da noi, nell’Italia di dante e “Beatrice”, o dei bignardi alla crema che dipingono di smalto creativo le vesti delle spose con profumazione pasticcera….. questo solo per pescarne qualcuno nel popolo di Volpedo che ancora recita la canzonetta dei poeti e dei navigatori… Così artistucoli di coda, in pochi anni, balzano ai livelli superiori delle piramidi informative, nonostante questi produttori del niente e della cafoneria non sappiano che masticare gomme americane a simbolo di qualche allucinatorio invito ricevuto in passato nelle cantine senza storia, se non per qualche stufa in ghisa presidenziale, di New York. Ed è in questo modo che l’Italia si mostra al mondo con tenacia e continuità profusionale, diabetica e insulinare con le chiacchiere da scala quaranta e il fazzoletto sporco nel taschino a ri/membrare, con getto continuo, tutta la sua aurea benjamiana di piccola borghesia provinciale. Andiamo alle mostre a sentire il nuovo che avanza, ascoltiamo i sussurri di questi giovani artisti con il prezzamolo nelle orecchie e la paura di cantare, scriviamo le loro gesta e promuoviamo l’arte dei galleristi che per lo più, adesso, provengono dai fallimenti degli operatori di borsa e dalle sottigliezze bancarie. Ma a’nnate affanc… tanto a chi la racconterete,…. L’arte è qualità e sostanza, provate pure a metterla nei vostri tabulati ragionieristici il massimo che ne ricaverete sarà sterco del demonio…No! Aggiunto al vostro non vi allungherà certamente la vita….

(chi vuole intendere intenda)

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