benvenutialmuseo1.pdf   “Avevo solo voglia di sentirmi perso nella feriale assenza di questo luna park”
                                                                                                                            Michele Bitossi
       Prima di tutto occorre fissare un punto di partenza. E questo può essere dato dal critico e storico cinematografico Claude Beylie (1932-2001), che propone di inserire nel novero delle arti anche la radiotelevisione e il fumetto, rispettivamente come ottava e nona arte.

Alan e Frederic Le Diberder, nel loro libro  L’Universe des Jeux Vidéo, nel 1998, fanno un ulteriore passo in avanti  e dichiarano che i videogames possono essere considerati oggi, a pieno titolo, la decima arte. Come afferma Steven Poole  “most people are not yet so progressive, but videogames clearly have the potential to become an artform, even if there are not there yet” (Poole, 2001, pag.25). In Italia  Matteo Bittanti, docente di Teoria&Tecnica del Videogioco presso La Nuova Accademia delle Belle Arti  e Analisi degli Audiovisivi all’Università Cattolica di Milano, da anni si batte per una rivalutazione culturale di quello che, troppo superficialmente, viene etichettato come un passatempo o una semplice forma di intrattenimento periferica (ma una forma artistica non può divertire?).

Con un giro d’affari in costante crescita, l’industria dei videogames ha battuto nel 2001 quella della celluloide, producendo un fatturato mondiale stimato in 9,4 miliardi di dollari, contro i “soli” 8,3 racimolati da Hollywood. Le vendite di software in Europa e Stati Uniti sfonderanno il tetto dei diciassette miliardi di dollari entro il 2003. In altre parole, il fenomeno videoludico ha profondamente modificato i rituali di consumo di milioni di esseri umani, determinando nuove strategie di fruizione del tempo libero, tant’è vero che “the post-pub Playstation session is one of the joys of modern British life” (Poole 2001, pag. 17).

Il perfezionamento tecnologico e l’impiego di ingenti mezzi creativi hanno prodotto risultati che ormai non possono essere oscurati per pigrizia o malcelata ansia di difendere vecchi paradigmi, perciò ritengo offensivo parlarne ancora in termini di giochini o macchinette (per dirla alla Cacciari), a meno che riferendosi alla “Guernica” di Picasso o a “L’occhio del silenzio” di Max Ernst  uno dica semplicemente che è un  bel disegno (a proposito, in quelle paludi pietrificate e in quello stupefacente mondo metaforico che richiede una lettura non lineare, non si può leggere anche un prototipo degli scenari videoludici di oggi?). E’ bene infatti ricordare come fa Blue Lander in un articolo sulla rivista on-line Joystick 101 che “that there is no medium that is art in itself. It is what we do with the medium that makes it art.”.[…]