L’ ANNA MARIA ORTESE di Esther BASILE

Maria Stella Rossi

Con il volume Anna Maria Ortese, pubblicato da Alieno Editrice ( Perugia), Esther Basile entra in quella rosa eletta di critici che si sono occupati della scrittrice, di cui ricorreva, nel 2014, il centenario della nascita.

Nella pubblicazione, Esther Basile intreccia e specifica tratti conosciuti e meno indagati dell’Ortese in un discorso narrativo che si dipana fra adesione spirituale, esegetica, speculativa.

Sullo sfondo del racconto critico della Basile si possono leggere nomi, realtà intellettuali, storie personali e di avvenimenti storici che danno nuova luce e richiamano ulteriore interesse sulla figura della Ortese.

Entrare nel mondo ortesiano così intenso, variegato e profondamente attento e partecipe di tutti i palpiti della vita intima/esteriore/sociale/culturale, è stato di certo un lavoro di forte impegno che la Basile ha delineato in maniera organica e attrattiva anche dal punto di vista dello stile narrativo strutturato sulla scia del tema del viaggio nella produzione ortesiana.

Il viaggio, nelle opere della Ortese, più che di luoghi o di spazi sottende il più delle volte l’incontro con un cielo turchino, con sguardi di dolore, con una città, con gli occhi di un animale, con voci e suoni, ma anche con gli spasimi di una solitudine, con la musica tenerissima del vento marzaiolo, con lo sguardo, più umano di ogni umano, di un’iguana (L’iguana nelle pagine dell’Ortese diventa ibridazione mitica densa di pietà e di emozioni, che cela, tra le sue grinze e le sue squame, tutto il pudore di teneri sentimenti e tutta la consapevolezza penosa della sofferenza della vita […] dalla presentazione del Bando- Premio L’Iguana- Castello di Prata Sannita- seconda edizione).

E di un incontro parla Esther Basile, quello che dà l’incipit allo stesso nascere dell’idea di uno scritto sull’Ortese:

“ Forse ho incontrato Anna Maria Orstese sullo scalone dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di via monte di Dio 14, in una di quelle serate piovose napoletane in cui fra ombre e luci ti sembra di ascoltare dei passi[…]”.

Questo l’avvio del primo capitolo titolato Il Mondo- viaggio che inizia quel chiarire e dialogare a lungo con se stessi, con i propri pensieri e quelli cercati, con acuta introspezione, nei libri ortesiani.

Il pregio critico di Esther Basile sta soprattutto nell’individuare nelle opere di Anna Maria Orstese il nucleo propulsivo quel quid nascosto ma ben visibile a chi ha ritmi cardiaci simili “ il cuore stesso della scrittrice” come dirà Gerardo Marotta nella presentazione nell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

Ebbene la Basile si pone, in questo lavoro di ricerca e di scrittura, accanto alla scrittrice quasi ripercorrendone i faticosi ma densi tragitti di vita vissuti “Al di fuori delle mappe geografiche” come scrive Lucia Stefanelli Cervelli, nella prefazione.

 

Allora nel volume Anna Maria Ortese leggiamo pagine cercate e vagliate dalla Basile in stretta rispondenza con le opere ortesiane da Il mormorio di Parigi [… ] Parigi!Ecco Parigi! Per molto tempo ricorderò questo pezzetto di marciapiede sul boulevard de Clichy, questa fioca luce d’estate, come di un’estate ricordata o dipinta….insieme ai raggi del sole, una musica di gioia di malessere, di confusa, ostinata speranza….Invano, dolorosamente sono qui, di terrestre, e sfuggente, qui, non ci sono che il cielo, gli alberi, l’odore del caffè, il fioco sole d’agosto sulla pelle del braccio:il resto è un paradiso perduto[…].

Ma il dolorante senso della vita, che rimane in traccia negli scritti ortesiani e anche negli articoli giornalistici, guarda e indaga la realtà visibile e nascosta e ne trae pensieri di una filosofia umana/sociale / universale, potente “ tutte le riforme che non abbiamo per oggetto un rinnovamento, la rinascita della vita morale dell’uomo sono illusorie e destinate alla sconfitta in partenza[…] (da La lente scura).

In Uno strazio senza grido del 1973, che prevede e preannuncia realtà attuali conturbanti e malvagie, la Ortese si immerge in temi di per sé strazianti: quello sulla violenza e sulla prepotenza perpetrata dall’uomo sugli animali e quello sulla pratica della vivisezione, argomenti che si pongono in linea con i temi politici e sociali ortesiani, sempre in difesa dei più deboli.

Lei stessa si definisce “eterno naufrago” ma ha ben chiaro quale dovrebbe/potrebbe diventare una possibile realtà vivibile, […] il più piccolo atto di giustizia ( non oso dire verità o compassione) vale tutto un libro. Il ritorno della legge, poi, -intendo della legge morale-, essendo la seconda natura stessa, vale la cultura tutta intera[…] (dall’intervista di Dario Bellezza del 1977).

L’adesione totale di Esther Basile al mondo ortesiano- perché tale è, un mondo che comprende non solo i libri, gli articoli, le interviste, ma la sua stessa vita di intellettuale che percepisce e scrive della cultura dominante e di quella più autenticamente attenta al profondo- la ritrovo in uno stralcio del libro quando scrive “[…] la geografia della Ortese non è mai esclusivamente territoriale ma acquisisce significato dalla comunità che abita i luoghi. E se la constatazione del conflitto, del rifiuto, della diseguaglianza, prevale nettamente rivelandosi negatività, il Corpo celeste diventa una vera e propria invocazione, quasi una preghiera: “ le parole ragione e vita mi sono parse sempre così grandi, che provo un senso di sgomento pensando di averle pronunciate tranquillamente. Sono parole tremende. Tutta la grandezza è là: i due volti dell’essere[…]”.

A confermare l’autentica attenzione della Basile per l’opera ortesiana sono anche le presentazioni portate in giro per l’Italia ideate e promosse nel corso dell’anno del centenario – Napoli, Terni, Narni, Pescocostanzo, Firenze, Roma, Abbazia

di san Vincenzo, Nola, Fondi- per citarne alcune che continuano anche in questo nuovo anno per chiudere, quasi un ideale cerchio, tornando in Santa Maria Ligure, proprio nei luoghi abitati dall’Ortese nell’ultimo periodo della sua esistenza, prima, però, portando l’ Ortese, il suo libro e ancora attenzione e approfondimenti ulteriori

nell’incontro culturale, presso la Camera dei Deputati, che diventa anche momento significativo che celebra, in maniera ufficiale, la grandezza di una scrittrice di respiro europeo.

 

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La bella  gioventù contemporanea invidia i valori delle generazioni del passato. Gioventù smarrita. Attaccata ai fili del cellulare ascolta le parole di J. Lennon  “immagina” e loro immaginano. Ma accade il paradiso che riescono a scorgere sia un  vecchio revival di musiche psichedeliche suonato con chitarre elettriche Fender e amplificatori Marchal che avevano l’anima delle valvole incastrata nella voce di un dio sconosciuto che parlava alle generazioni con i distorsori, i riverberi, i primi led e le frequenze uscite da un marsupiale  magico  e che formulava leggi cosmiche per   una nuova  fede nel viaggio e negli incontri.

“ Forse ho incontrato Anna Maria Ortese sullo scalone dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di via monte di Dio 14, in una di quelle serate piovose napoletane in cui fra ombre e luci ti sembra di ascoltare dei passi[…]”.

Questo è il tempo.  Una giovane donna decide di iniziare il suo lungo viaggio votato all’amore magico e silenzioso delle donne, al loro coraggio, alla loro bellezza caricata dalla natura simbolica che iscrive il loro unico modo di guardare i giri planetari e le fasi lunari tra le bellezze universali tanto care al paradiso delle piogge napoletane. Qui si muovono visioni mimiche dell’arte dall’occhio meraviglioso dell’iguana che sogna di volare come in un quadro azzurro creato dal métissage   culturel fatto di   tradizioni segrete apparse nell’arte dialogante e senza tempo di Chagall. E questa solipsistica spiritualità semplificata del mondo di Anna Maria Ortese credo sia stata, per obbligo transitivo, captata dallo stesso battito cardiaco che muove l’equilibrio in grazia nella scrittura di Esther Basile. Qui una Fender e un amplificatore Marchal rimettono in vita gli antichi canti mediterranei. Il mito si fa partecipazione, diventa conversazione di fede e il tema del viaggio ripercorre le stazioni dell’andata raccontate da Anna Maria Ortese con il racconto di ritorno di Esther Basile e un biglietto acquistato alla casa editrice perugina “Alieno”.  Il viaggio, come nella magnifica presentazione di Maria Stella Rossi alla seconda edizione del Premio del Castello di Prata Sannita, più che di luoghi o di spazi sottende il più delle volte l’incontro con un cielo turchino, con sguardi di dolore, con una città, con gli occhi di un animale, con voci e suoni, ma anche con gli spasimi di una solitudine, con la musica tenerissima del vento marzaiolo, con lo sguardo, più umano di ogni umano; lo sguardo di un’iguana. –  Sguardo dello spirito che conferma la  devozione letteraria  ortesiana portata in giro per l’Italia come un nuovo canto di fede letteraria dalle palpitazioni sincroniche di Esther Basile. Napoli, Terni, Narni, Pescocostanzo, Firenze, Roma, Abbazia di san Vincenzo, Nola, Fondi, come a rimettere in vita la  celebrazione di un’esistenza che aveva voto,  cuore e anima nella scrittura.

E ancora l’iguana nelle pagine dell’Ortese diventa ibridazione mitica densa di pietà e di emozioni, cela, tra le sue grinze e le sue squame, tutto il pudore di teneri sentimenti e tutta la consapevolezza penosa della sofferenza della vita nella forza di Esther Basile, che saluto con tutto l’affetto dovuto a chi ha fede e amore votato all’umana esistenza, e che per me diventa il celeste dominio della cosmologia popolare come  il volare nell’opera pittorica di un Russo diventa una canzone di Modugno. Così  ognuno di noi è parte di altri, ognuno con le sue  Frequenze elettriche con i suoi  suoni psichedelici e poi,  quando lo spirito dei simili riesce a baciarsi ci si accorge che  Ortese e Escher possono divenire  gocce d’acqua che cadono sull’incontro di due donne magnifiche. Qui il mare non bagna Napoli perché Napoli sa godere della piaggia,  ma la scrittura femminile che ha sangue nobile per la vita e che conosce la giustizia e che non tollera i soprusi, che aborrisce la violenza e ama gli animali,  questa scrittura può apparire e essere, e  lo è,  qualcosa di più forte di una percezione grafica e di una concettuale  semantica. Questa scrittura è una danza Sufi che prega per noi. Grazie per l’aiuto e la forza di farci credere che gli dei ci invidiano… un’iguana ha tutto il diritto di dirlo e le scrittrici vere hanno tutto il diritto di confermarlo. Credo qui ci sia stato a supporto anche uno spirito guida che sapeva rendere passioni di gioia anche con un “ cardillo addolorato “

Antonio Picariello