Oltre che  per il forte temperamento musicale, Elena attrae come compositrice di rara qualità espressiva. All’avanguardia rispetto ai suoi tempi, è tra le pochissime donne a conseguire – siamo nel 1916 – il diploma di piano e violino, quello di composizione e direzione d’orchestra. A Berlino, si perfeziona presso il maestro di tecnica pianistica Kreutzer, discendente del grande Konradin. Ma la musica non le basta, perché, da quando ha potuto tenere un pastello in mano, ha  disegnato e  dipinto, senza più smettere. E’ entrato nel mito di famiglia  un episodio che mi ha riferito Leonardo: era ancora una ragazzina quando un giorno Elena corse dal padre con gli occhi scuri scintillanti per l’eccitazione mostrandogli orgogliosa un ritratto formato tessera. L’avvocato, pur essendo abituato a tenere per sé i propri sentimenti, ebbe un moto mal dissimulato di meraviglia: il ritratto che la sua secondogenita gli porgeva sembrava proprio una sua foto! Quella ragazza non finiva mai di stupirlo… Di fronte alla sperata reazione paterna  Elena con baldanza gli esternò un’idea che le frullava per il capo, e che trovava assai divertente: far passare quel ritratto come un normale documento di riconoscimento del padre. «Mai mi presterò a questo gioco!» protestò Giacinto Ciamarra. Che alla fine capitolò, non riuscendo ad arginare l’entusiasmo della ragazza. L’esperimento riuscì: nessuno si accorse del “falso”. ( da Rita Frattolillo)

Così, un giorno Ser Piero, raccolti i suoi disegni lo porta nella mitica bottega di Andrea del Verrocchio. Sarebbe come portar oggi un adolescente nello studio di un archistar come Alessandro Mendini o Renzo Piano. L’atelier del  Verrocchio è situato non lontano da Piazza della Signoria e fa di tutto: grandi dipinti per chiese, progetti di palazzi, statue di bronzo, gioielli, decorazioni, scenografie e persino allestimenti per funerali. Ci lavorano giovanotti di belle speranze come (due nomi a caso) BotticelliPiero Vannucci, detto il Perugino. È una fabbrica dove si lavora duro, ma dove si respira una libertà di pensiero e di costumi non comune al resto d’Italia. Si mangia, si beve e si scherza insieme tra compagni di età diverse, tra emulazioni, competizioni e gelosie. S’impara a diventare “grandi”.