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È stata veramente un’esperienza scioccante assistere alla presentazione del museo di arte contemporanea “Franco Libertucci” a Casacalenda, luogo che detiene uno dei più qualificati musei all’aperto e di arte ambientale d’Italia. Kalenarte che raccoglie prestigiosi artisti:

Ciriaco Campus-Mauro Folci-Claudio Palmieri-Elio Cavone-Igino Legnaghi-Michele Peri-Antonio Cimino-Carlo Lorenzetti-Alfredo Romano-Andrea Colaianni- Nino Barone-Teodosio Magnoni-Carmine Tornincasa-Tonino D’Erme-Lino Mastropaolo-Adrian Tranquilli-Fabrizio Fabbri-Hidetoshi Nagasawa-Costas Varotsos…. Solo per citarne alcuni che segnano le pagine dell’enciclopedia della storia dell’arte contemporanea. Museo inventato dalla sapienza di F. Pommier e la costanza di M.Palumbo che in occasione dell’overture del nuovo museo interno, di arte contemporanea, presenta il suo libro : Franco Libertucci scultore Re,Regine, Alfieri,Torri,Cavalli. Levante editore. I Conferenzieri, Franco Purini, che si è guardato bene dal venire in sede intuendo, forse, la qualità messa in spettacolo dalla limitata possibilità offerta da un Sindaco a cui Bonito Oliva, in occasione della magnifica rappresentazione, MoliseCinema, senza molti scrupoli, come è nel modello avanzato del critico, ha chiesto, “Ma lei che studi Ha?” E la risposta sublime in pubblico è stata : “ Ma mo, questo che c’entra?”. C’entra c’entra, eccome c’entra…..C’entra, perché senza un’adeguata preparazione di base, senza la copertura di esperti che possano sostituire il vuoto conoscitivo, questo tipo di occasioni culturali, di presa di coscienza collettiva, diventano, come poi è stato, una fiera dei ringraziamenti e degli encomi che portano solo passerelle politiche cui, la decadenza pubblica e politica italiana, manifesta nel suo pieno limite il senso della contemporaneità. C’entra perché non si può restare basiti davanti a situazioni che hanno dell’incredibile e che possono essere messe in atto solo da chi è latore di un’immensa mancanza del sapere ( di discipline artistiche e umanistiche) come lasciare un quadro della rosa degli artisti partecipanti alla composizione del museo, in una stanza ad ornamentare le giornate dell’impiegato che la abita durante le ore di ufficio. Ci vorrebbe un’analisi attenta e scrupolosa e non solo di stampo sociologico e umanistico, ma anche “lacaniano” per spiegare, per spiegarci, la fenomenologia che instaura queste manovre “border limite”: c’est quoi ca?… Si è assistito alla pazienza di Francesco Meschini che ha dovuto tagliare la recita epica di Massimo Palumbo che pur avendo costruito un ottimo testo facendo intuire la sua buona volontà per la salvezza del tutto, ha dato visione di una mancanza, purtroppo, di conoscenza delle modalità conferenziali, cadendo nella trappola comune che vuole i contenuti del discorso misurati con il fascino della scena e dei tempi di intervento. Non a caso Lorenzo Canova si è limitato a ringraziare tutti e tutto per lasciare voce a quelli che sono stati i veri e salubri discorsi messi in campo; La buona analisi di Iole Ramaglia, e il sentito esperto intervento dell’assessore regionale Sandro Arco. Personalmente mi sarebbe piaciuto che qualcuno spiegasse il rapporto filologico e “analogico referenziale” del monumento ai caduti di Franco Libertucci e la famosa fotografia di guerra di Robert Capa “miliziano morente”, e il simbolismo dell’intero impianto monumentale; orizzontalità della morte, verticalità dell’albero frontale indice della nascita che passa attraverso i percorsi sociali e destinali, anche quelli scacchistici, della vita fino al termine escatologico che porta il senso vero dell’esistenza. Credo di sapere che avrei preteso troppo… a. p.