grafika02.jpg500.jpgbajs2.jpgEmotional Landscapes 
Immagine tremula tra città paradiso e città inferno, tra Gerusalemme e Babilonia, nella nostra immaginazione, guidata spesso dai nostri istinti e tendenze, viaggiando e arrivando nelle nuove e ritornando nelle familiari città importiamo sempre in loro noi stessi.Cambiano i luoghi nei quali soggiorniamo, viaggiando scopriamo noi stessi. Nella poesia Citt del1910, Konstantin Kavafis ha espresso in poesia l’ idea del vagare e della speranza, che è il tema di questa esposizione:
Hai detto: “Per altre terre andrò per altro mare.
Altra città più amabile di questa, dove
ogni mio sforzo è votato al fallimento,
dove il mio cuore come un morto sta sepolto,
ci sarà pure. Fino a quando patirò questa mia inerzia?
Dei lunghi anni, se mi guardo attorno,
della mia vita consumata qui, non vedo
che nere macerie e solitudine e rovina”.
Non troverai altro luogo non troverai altro mare.
La città ti verrà dietro. Andrai vagando
per le stesse strade. Invecchierai nello stesso quartiere.
Imbiancherai in queste stesse case. Sempre
farai capo a questa città. Altrove, non sperare,
non c’è nave non c’è strada per te.
Perchè sciupando la tua vita in questo angolo discreto
tu l’hai sciupata su tutta la terra.
L’incontro tra l’anima della città e le persone che vi vivono crea e colora un’atmosfera difficilmente percepibile che cerchiamo di sentire, ricordare e comprendere quando ci troviamo in essa, e inconsciamente prendiamo parte alla sua costruzione tanto quanto i suoi abitanti. Soltanto la perdita dell’identità ci fa diventare stranieri. Aperti alle esperienze emotive personali siamo pronti ad accettare la realtà per quello che è, il che ci fa provare una sensazione di sollievo e felicità. In quell’istante sia razionalmente che spiritualmente noi prendiamo coscienza dello spazio della città che ci comprende in sé; di conseguenza non esistono veri stranieri per quanto riguarda l’appartenenza alla civiltà umana. Perché le città sono i nodi della rete che collega l’umanità ed ogni individuo é unico e allo stesso tempo completamente uguale agli altri rispetto alle possibilità di sviluppare potenzialità personali in compagnia di altre persone. Soprattutto quelle che riguardano l’ individualismo secondo la teoria di Carl Jung. In questo modo ciascun individuo ha la possibilità di diventare cittadino di tutte le città, dopo che ha trovato il proprio posto e il proprio senso in una.La pittura di Tijana Ðapovic, basata su gestualità e tratto spontaneo guidato dall’improvvisazione psicologica, appartiene alla astrazione lirica. Spontaneità, gestualità,improvvisazione, le forme nella metamorfosi e l’automatismo sono le caratteristiche della pittura che vuole oltrepassare i limiti della coscienza controllata e razionale, che vuole cercare le esperienze interiori, le emozioni e i contenuti, che é l’elaborazione e lo sviluppo del concetto dell’espressione surrealistica e automatica nel campo della pittura astratta ed espressiva. In essa sono rappresentati i rapporti poetici e metafisici della forma astratta sul dipinto e della natura umana, in questo caso confronto tra l’immagine astratta della città e la sua concezione, che in questo caso quasi coincidono. La cromaticità sembra dominata da una colorata armonia ma in verità non è altro che il riflesso dell’anima della città, colorata dalle emozioni personali e dal senso di appartenenza alla sua unità, soltanto un granello di sabbia mescolato al colore acrilico, con la combinazione del quale queste tele vengono create e allo stesso tempo legate alla natura effimera della civiltà, il ciclo del nascere e dello spegnersi nel quale soltanto il cambiamento è eterno. Le tele di Ðapovic sono autoritratti osservati da una prospettiva non definita, nella quale la soggettività della pittrice è un tutt’uno con gli abitanti della città e di individuale c’è soltanto il suo modo di percepire, con il quale lei non si allontana analiticamente dal soggetto, ma invece resta immersa nella massa di altre creature di Dio, nel caos delle città proposte. New York, Venezia, Belgrado… Non a caso…Identificate prima di tutto dall’armonia superiore che fatalmente le ha collegate a lei, in ognuna di esse Tijana Ðapovic riconosce, senza fare una differenza di fatto, un posto positivo che aumenterà il peso specifico della sua anima e nel quale ogni esperienza diventerà una pietra preziosa sul viale dell’individualizzazione.Senza tener conto della direzione di questo viale, sia essa orientata dal buono al cattivo, dal brutto al bello, per gli spiriti coscienti come lo è quello della Ðapovic queste sono soltanto le manifestazioni di un’armonia completa che dobbiamo rispettare ed amare. Solo in questo modo aumenterà la nostra capacità cognitiva, che non è fine a se stessa ma invece il dono che ci renderà quieti e soddisfatti dovunque ci troviamo.Guillaume d’Auvergine nel XIII secolo immagina la città ideale come un insieme di individui perfetti “[…]imaginabimur civitatem aggregatam ex hominibus sic perfectis […]”.Al contrario sulle tele della Ðapovic le città diventano aperte agli individui così come sono, senza costringerli a cambiare o adattarsi, riconoscendo che la loro unicità e bellezza sboccia proprio quando le differenze diventano virtù.
Belgrado, marzo 2007 Vuk F. Dautovic Storico dell’arte