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Vitaldo Conte

“Sì, sono un libertino,lo riconosco: ho concepito tutto ciò
che si può concepire in questo
ambito, ma non ho certamente
fatto tutto ciò che ho concepito e
non lo farò certamente mai. Sono
un libertino, ma non sono un
criminale né un assassino”

. Così il marchese de Sade ‘si presenta’
in una lettera del 1791. Il libertinaggio
de-scritto nei suoi libri è da
considerare un corpo linguistico,
che vuol fare diventare realtà il
linguaggio stesso. Il reale e il letterario
non devono necessariamente essere legati
dall’obbligo della reciprocità. La sua lingua è da
considerare scrittura del desiderio, di quello «rimosso,
negato, messo a tacere dalla Legge» che «fa
sentire, con Sade, la sua voce. (…) La scrittura del
desiderio va oltre la trasgressione della Legge» (P.
Sollers). È la metafora di un linguaggio che vuole
costituire l’immaginario di una corporeità desiderante……