Caro Antonio
Che ne pensi del mio intervento sulla arte ed estetica topologia per le opere di Cardini? La stessa che usai per Nino, ma quella di Cardini è in ambiente e quella di Nino è sul piano della tela geppino- ps (fa’caldo e, sei il primo a saperlo, hanno incendiato anche il verde della montagna di fronte casa mia)
In occasione della performance topologica di Marco Cardini del 25 agosto
Il racconto artistico nelle due performance presentate da Marco Cardini alla ex discoteca Flamingo vico Sarosa di Laigueglia (Sv) è di carattere topologico, con questo termine faccio espresso riferimento a tutti gli studiosi che si sentono continuatori del discorso sulla teoria della forma della Gestalt. In particolare a quelle teorie che fanno espresso riferimento a Kurt Lewin, uno psicologo tedesco emigrato negli Stati Uniti, che fu professore di psicologia infantile alla Jowa University e che ha iniziato a dare i riferimenti sulle relazioni umane in base alla psicologia topologica. Gli studi dello psicologo si sono arricchiti anche dei termini della matematica topologica, e hanno dato nuovo impulso alla teoria della forma, ricordo qui che Lewin ha sviluppato gli insegnamenti di Wolfgang Köehler, suo maestro di Gestalt-psycologie all’Università di Berlino.
Cardini in queste performance non s’interessa di offrire riferimenti per costruire un racconto che si basi sulla fenomenologia delle forme, cioè di dare relazioni per trovare nessi logici tra le forme presenti in un ambiente relazionale. Sappiamo, infatti, che la forma fenomenologica può essere organizzata in un racconto, questo, tra l’altro, è molto più diffuso di ogni altro nell’arte coeva e, pertanto, potrebbe, anch’essa (forma fenomenologica), strutturare un racconto cibernetico, —Marco ha anche costruito per Laigueglia altri collegamenti narranti formali, interpretabili con il racconto etero-fenomenologico, e che fanno bella mostra di sé nella Galleria Sangiorgi dallo scorso 25 agosto al 23 settembre a Piazza Preve 14. Le opere di Marco in forma etero-fenomenologica sono opere visive e rientrano nel tema da me prescelto con il titolo di «isole logico-formali» 1, 2 e 3.
Non si desidera affrontare in questa sede perché è opportuno che l’interpretazione delle forme dell’arte abbiano bisogno sempre meno di un’analisi solo fenomenologica e sempre più di allargare il punto di vista all’analisi etero-fenomenologica, ma ci si vuol soffermare anche sulle comuni finalità di prodotti artistici ottenuti attraverso o una performance o un oggetto artistico, per rilevare gli stessi principî relazionali e, nel caso di Cardini, si fa espresso riferimento alla comunicazione o sovrapposizione interattiva di informazioni tra uomo e macchina, per una nuova forma di organizzazione della vita e dell’ambiente.
La performance di Marco Cardini consiste nel far muovere forme geometriche e forme irregolari  nello spazio costruito da bit del computer, le cui immagini in movimento costituiscono relazioni in un ambiente proiettato su un grande schermo. La sovrapposizione e intrusione nello spazio virtuale [qui inteso come simulazione algoritmica alias di procedure] dei movimenti dell’artista performer, attraverso le riprese di una telecamera, mette in relazione le sue forme-movimenti con altre forme o dati elaborati dal programma del computer — questo costruito dall’artista insieme al laboratorio di informatica del CNR di Pisa diretto da Leonello Tarabella — intervenendo su alcuni sviluppi logici, organizzati in forme e già predisposti col programma con delle variabili.
L’azione performativa di Marco segue uno schema di racconto interattivo topologico che nasce proprio dalla interazione uomo-macchina. Egli si chiede: in che modo organizza il nuovo racconto topologico nello spazio-tempo del computer, riportando eventi e impressioni di un uomo ripreso da una telecamera sullo spazio logico del computer, senza la composizione di un racconto formale? E come si coglie la dinamicità dei movimenti?
Il campo di relazione e di formazione di un racconto topologico sono le strutture ambientali, ovvero l’ambiente e lo spazio strutturati in un modo ben determinato. Questi elementi (ambiente e spazio) diventano principî che influenzano la persona; in questo modo si mette in parentesi la psicologia della forma della Gestalt, con cui si poneva l’attenzione sulla persona, il cui principio attivo, per mezzo del suo essere struttura percettiva, procede ad organizzare spazî e forme.
Non si pensi che il campo topologico sia tutto centrato sull’ambiente, perché allora potrebbe diventare un luogo dove regna il determinismo, sia per la persona che per il suo comportamento. Cardini, che trasmette i suoi gesti sullo schermo-ambiente della macchina computerizzata, mostra come il mettere in relazione il linguaggio umano con quello della macchina da calcolo genera sempre un nuovo ambiente, i cui comportamenti interagiscono come strutture, e s’influenzano, causando un nuovo modo di presentarsi delle informazioni. Le immagini formali dinamiche così si muovono l’una dentro l’altra e scaturiscono l’una dall’altra.
Il comportamento diventa, così, una funzione della persona che coinvolge un ambiente ulteriore, in cui s’incontrano le interattività dell’uomo e della macchina: l’uomo e la macchina s’incontrano e finalmente iniziano un racconto scritto in comune. Vi è allora il riconoscimento di una filosofia, di un’estetica e di un’arte.
La persona nuova, che riveste un carattere topologico e che s’incontra in un ambiente logico-formale, non la ritroviamo delimitata da uno spazio astratto cartesiano o come una forma presente in uno spazio prospettico dell’arte figurativa e della rappresentazione, ma in base alla psicologia topologica ci troviamo into life space (nello spazio di vita) e, per ciò, è una struttura che si muove. Non è, quindi, organismo ben formato, ma solo strutture in movimento. La semiotica proporrebbe una semianalisi, ma qui sarebbe complicata per il sovrapporsi di tante e continue forme in movimento.
La persona topologica in movimento, in questo spazio di vita, è molto più di un semplice individuo. Essa si sente avvolta e coinvolta nelle relazioni dell’ambiente, e così diventa un organismo storico di nessi che appaiono e scompaiono. Nell’affermazione «Ogni parte dipende da ogni altra parte» è contenuta la continuità della psicologia della forma, ed è in essa che si riconosce la psicologia topologica.
Solo dopo la definizione di spazio topologico, si può comprendere come Marco Cardini nelle sue performance organizza il suo un racconto: questo costituito da spazi interni che si muovono e procedono a costruire rapporti e relazioni fino a dei confini. In questo modo la natura fisica sociale concettuale è indotta a disegnare e ad interagire con regioni (lo spazio interno ad un confine), con frontiere (le barriere dentro la regione) e seguono gli impulsi, le forze e i movimenti costruendo relazioni interattive.
In questo modo si costruisce così quella interazione tra l’ambiente umano e quello del programma della macchina e si crea il nuovo racconto estetico topologico, che scaturisce da questo incontro relazionale.
Non vi è ancora predisposto nel programma l’aggiustamento strutturale della macchina, ma con l’elaborazione del programma, anche la macchina potrebbe scegliere tra più percorsi autonomamente il suo e interagire con la performance dell’uomo.
Marco Cardini usa spesso nelle sue performance le curve di Jordan (la curva di Jordan è una linea chiusa che non interseca se stessa, e questo la fa equiparare alle linee di frontiera che separano le regioni interne da quelle esterne). Altro concetto fondamentale della psicologia e matematica topologica è la connessione, che è una linea che collega due punti dello spazio (essa può essere interna o esterna, o intercettare la frontiera di  due regioni). Basta una configurazione circolare di due cerchi uno nell’altro, che diventano cerchi di Jordan con una semplice connessione (la connessione di Jordan è, infatti, una linea di frontiera che collega due spazi, o una regione esterna e una interna, cioè sempre due spazi). Marco con i suoi movimenti tra le regioni crea le sue connessioni.
La topologia, già analizzando questi primi elementi, possiamo dire che sia la scienza delle relazioni spaziali, ovvero ciò che lega le parti col tutto, ed è basata sul concetto di inclusione, ovvero di una parte che viene inclusa nell’insieme.
Il racconto topologico, così come lo configura Cardini, implica la relazione tra A e B e non importa se sia A parte di B, o viceversa; importante invece è l’operazione che definisce la relazione spaziale parte-tutto, gli intorni o ambiti spaziali, e, bisogna dire, inoltre, che questa operazione è la risultante di una somma intesa come intersezioni di regioni o campi spaziali.
Il dare impulso a immagini visive di rapporti spaziali in movimento, e farli scivolare in un insieme di messaggi sviluppati dall’organizzazione di un programma del computer che interagisce con movimenti generati dall’artista Marco Cardini, produce senz’altro un’emozione, o meglio, un «sentire» che ha il carattere di essere topologico.
La topologia è stata più volte usata anche da Gilles Deleuze a spiegare una nostra forma di percezione estetica, il cui concetto spaziale fondamentale è la regione linguistica, che è ogni insieme delimitato da un contorno (Deleuze, come i topologi, lo ha chiamato territorio, e la perdita del confine deterritorializzazione, per la creazione di un nuovo confine linguistico-strutturale).
Il contorno può essere indifferentemente un qualsiasi organismo complesso che si muove in un qualsiasi ambiente, esso stabilisce le regioni, in quanto i moduli psicologici (come ad esempio quelli letterari e di ogni altra organizzazione dei viventi) sono uguali ai moduli spaziali.
La persona e il proprio ambito di vita producono, spesso, gli stessi moduli relazionali. Il rapporto 2 a 1, o 3 a 2, o da 1 a 3, nella topologia sono equivalenti, perché per questa scienza non è importante la distanza metrica ma la connessione all’interno di una regione spaziale, o fisica, o sociale, o concettuale.
In una configurazione spaziale possiamo avere regioni chiuse, regioni aperte (o illimitate) e regioni limitate, inoltre possiamo avere regioni semplicemente o molteplicemente connesse, a seconda che vi sia un solo collegamento interno tra due punti del confine, o più collegamenti che dividono la regione o più regioni interne del confine.
La psicologia topologica di una regione è coordinata quando ogni spazio di vita si muove seguendo un insieme o gruppo sociale. In questo spazio-ambiente determinato il gruppo che si muove o compie locomozioni si connette ad altri ambienti creando relazioni interattive e, quindi, scambia organizzazioni e instaura comunicazioni; dà, cioè, una serie d’informazioni sulle proprie connessioni e relazioni d’ambiente.
Le performance di Marco Cardini, con le sue sonorità — altrove trattate —, si muovono in questa direzione, e i suoi transiti in un ambiente topologico-formale costruito dal programma del computer, fanno assistere a come le diverse nostre regioni, psicologiche e spaziali, interagiscono.
Le regioni che crea Marco si muovono per connessioni, ecco perché, ripeto, nello stesso ambiente della macchina, assistiamo al muoversi in simbiosi di gesti creati dall’uomo e di procedimenti algoritmici tradotti in frequenze dalla macchina. Siamo al primo stadio emozionale, ideato da un artista della nuova informazione topologica, in uno spazio logico costruito in un ambiente trans-umano, con cui ci si può connettere attraverso dispositivi. Possiamo dire, cioè, che si stanno cercando le prime connessioni per una interazione comunicativa tra il medium [mezzo] uomo ed il medium [mezzo] macchina per creare un ambiente emozionale comune, condivisibile dall’uomo e dalla macchina.
Cardini, pertanto, è da considerarsi anche nelle performance un artista cibernetico, alla ricerca di un nuovo spazio u-topico per le conquiste del racconto che si rinnova sempre e descrive la nuova sensibilità e il nuovo ambiente del letterario (qui inteso non solo come percettivo, ma ora anche logico-visivo, delle forme linguistiche).
Giuseppe Siano