Gennaio 2012



Corpo a corpo con l’inferno: il recupero delle origini e la tendenza retrospettiva dell’artista morto suicida a 77 anni l’estate scorsa
Stando alle analisi di K. Jaspers, che risalgono ai primi anni del Novecento, l’opera di Pisani appare all’interno della sua aura epilettica che rimane metaforicamente dettata dalla vischiosità della condizione estetica e conflittuale contemporanea. L’arte di Pisani è politica perché tratta di un’isteria pubblica (o meglio in pubblico), che tende a colpire il fruitore tramite il Theatrum della ferita. Con l’attualissima, e fino alla fine presente, Maschile, femminile e androgino. Incesto e cannibalismo in Marcel Duchamp, Vettor Pisani – nel portare avanti gli insegnamenti Rosacroce, i riti alchemici, le filosofie esoteriche, il mistero della Sfinge, il mito di Edipo e la figura di Klein e Beuys, sulla scia di una psicoanalisi della libertà, intesa come pensiero tragico ed ermeneutica dell’esperienza simbolica – ripropone il problema della possibile compatibilità fra esistenza dell’arte e realtà del male, cercando di trascendere la radicata tendenza occidentale di attenuare, o addirittura rimuovere, quell’incoercibile e demoniaca energia malvagia, che impronta ineluttabilmente il creato, pietra d’inciampo che l’arte, l’estetica e l’etica tutta, non possono permettersi di aggirare o ignorare”. Così Gabriele Perretta scrive nel testo Sull’esperienza culminante e l’ontologia dello Scorrevole in Vettor Pisani! Artis initium dolor.
Un universo caleidoscopico
Disegno e collage come pratiche preparatorie e di graduale avvicinamento all’oggetto. Edipo, Madonne e miracoli, Veneri e Angeli dell’Apocalisse, prelevati dal giacimento di mitologie inesauste, dal Museo e dai grandi personaggi del Novecento come Nietzsche, Freud e Hitler. Poi il controcanto, la pratica dell’accostamento tra orrido e classico, del funzionale e dell’inutile, non meno che l’omogeneità di materia (e materiali) concettualmente diseguale a fronte della frammentazione esplosiva dello spazio espositivo. Tutto ciò è solo un antipasto del caleidoscopico universo di Vettor Pisani, morto suicida l’estate scorsa. Una parabola tragica la sua, forse perché tale è, spesse volte, la sorte di gran parte degli autori che superano l’apogeo del protagonismo e del tempo loro e vengono inopinatamente rimpiazzati dalla macchina cannibale del mercato. Il catalogo di Vanillaedizioni, prefato da una dolente lirica di Mimma Pisani (compagna di tutta la vita e “gemella cognitiva” dell’autore), è corredato da contributi critici di Renato Barilli, Gabriele Perretta e Marisa Vescovo. Le tavole iconografiche esplorano la produzione recente (a ritroso sino al 2007), scelta che permette a chi si avvicina a Pisani per la prima volta di percorrerlo in modo fedele. In quanto ché l’autore rimase osservante ai crismi del dadaismo mistico fino all’ultima stazione. Un tragico coup de théâtre, come abbiamo detto, ha portato via Pisani lo scorso agosto a 77 anni, nella sua casa romana di via Paolo Castelli. Ciò nondimeno, lo spirito nichilista e franto, aperto da Lo Scorrevole (pensato e realizzato per la prima volta nel 1970 e poi riproposto a Documenta 5 a Kassel nel 1972) gli evitò di indulgere nell’estetica della perdita di coscienza (Perretta), preferendo a quest’ultima, vogliamo aggiungere qui, una disseminazione ragionata di emblemi e allegorie (portatrici di un testo segreto, il quale c’è per non essere scoperto) “spostati” dal contrasto pittorico della tela allo spazio cubico di una terra museografica, esplorata all’insegna della dissipazione e del misticismo negativo. La citazione come horror pleni.

La complicità dei demoni
Perretta cita il conturbante saggio Simulacra di Pierre Kossolwski (a cura di Aldo Marroni, 2002), il quale, con un excursus a spirale, ci porta a esplorare la nozione di monomania simulacrale: contraffazione di un modello visibile per via di complicità demonica (i demoni, nella tradizione platonica e neoplatonica sono nature intermediarie fra gli dei impassibili e gli uomini assoggettati alle passioni) tra modello contemplato e simulacro prodotto dal contemplatore. Talvolta, ancora, il contemplatore confonde la tecnica che struttura l’opera con l’emozione procurata; la tecnica, se l’opera è necessaria, scompare nell’immagine che essa realizza nella misura in cui coincide con lo stile (sic!). Pisani era Rosacroce e, sempre Perretta, rammenta il motivo insalubre quanto radicato della riflessione sulla possibile compatibilità fra esistenza dell’arte e realtà del male. E l’Occidente ha portato con sé il memento mori dei due conflitti mondiali, del colonialismo come dello sfruttamento delle risorse e delle minoranze, eleggendo quasi inconsciamente il “racconto del male” a parabola espiatoria e assedio radicale; normativo e costitutivo della figurazione. Nietzsche già nella Nascita della Tragedia (1886) scriveva dell’esistenza del mondo (col suo carico di colpa affiorante con lo stesso prodursi del mondo), giustificabile solo come fenomeno estetico. Così in Pisani si produce quella particolare forma di esperienza sapienziale per la quale la verità è agita dagli “spett-attori” simultaneamente alla sperimentazione emotiva offerta dall’artista. Con lavori come Suzanne in uno stampo di cioccolato ? una testa muliebre di cioccolato sulla quale pende un peso per esercizi ginnici ? l’autore ischitano esempla questo prerequisito di coincidenza di miseria e grandezza non armonizzabile nel destino dell’umanità. Può sussistere il concetto esistentivo di coscienza se lo disarticoliamo dal giudizio? L’arte di Pisani ha, forse, un compito di traslazione di alcuni quesiti maiuscolari, non tanto come cura, quntunque l’arte conservi una capacità catartica importante, piuttosto come riesame crudo e inevaso. Senechismo, autarchia, palingenesi e problema della intersoggettività critica tra Io e Mondo possono essere sussunti in tre linee di irradiazione: la dimensione estetica borderline, quella politica e quella morale (incentrata, dice ancora Perretta, sull’uomo che vive la scissione tra opera e sapere). Dal bisogno alla libertà il percorso di Pisani è quello della responsabilità: la capacità di rispondere e cadere. Non di meno Pisani ha voluto suggerire la possibilità di una cura al dualismo lacerato (natura-logos) e al disagio della post modernità, deterritorializzata e fuggevole, che prende le mosse appunto dal bisogno per anelare ancora la libertà, nell’opera che oltrepassa la datità e ci riconsegna al “caosmo”. Non più lieti, quantunque consapevoli, e sebbene rivolti alla sola possibilità di una redenzione remota. Tra il nulla e Dio. Aperti, nonostante tutto, come suggerito da Marisa Vescovo nell’ultimo contributo al catalogo (Vettor Pisani: intorno ad un dio segreto), a una pioneristica teoria del risveglio.
Titolo: Vettor Pisani
Autore/Artista: Vettor Pisani
Testi: Renato Barilli, Gabriele Perretta, Marisa Vescovo
Editore: Vanilla
Anno: 2011
ISBN: 978-88-6057-144-1
Dimensione: cm 16,5×23
Rilegatura: Brossura filo refe
Pagine: 160
Illustrazioni: 80
Prezzo: € 20,00

http://www.goleminformazione.it/recensioni/libri/vettor-pisani%E2%80%9D.html

Il volume intende restituire l’orizzonte in cui si inseriscono le operazioni e le idee massoniche; le opere rappresentate rientrano in un milieu culturale influenzato dal pensiero massonico ovvero discendono da alcune matrici esoteriche confluite sia nella massoneria. operativa che in quella speculativa. Ne deriva un viaggio alla ricerca della Architettura Divina, di una spazialità sacrale che discende da modelli di perfezione, sovrumana, coniugando gli archetipi “divini” con l’aspirazione a riproporre una laica Civitas Dei di fraternità e solidarietà sociale se non anche l’ideale di nuovi Templi e Cattedrali della Umanità.
Vengono passate in rassegna le architetture ispirate dal Grande Architetto (Tabernacolo, Tempio, Arca) nonché gli archetipi dell’Ars Regia e i tre modelli “naturali” del costruire (la Capanna, la Caverna, la Tenda). In età medievale e moderna la protostoria della Massoneria si esplica sul duplice versante della operatività (cantiere delle Cattedrali) e della architettura “filosofale”. Viene poi riassunto il dibattito. sullo “stile” massonico, dalla ricerca di un linguaggio egemonico (come lo “stile romano” o il revival egizio) fino alla ricezione di stili diversi, nel segno della tolleranza e del sincretismo culturale. Il panorama delle regioni “massoniche” presenta opere rappresentative delle due grandi stagioni del Sette e Ottocento. In particolare viene dimostrata l’impostazione massonica di Washington, ispirata direttamente dal primo Presidente degli USA, Gran Maestro della Loggia di Alexandria: la nuova Capitale, immagine simbolica dell’unione federale, viene concepita per visualizzare il suo duplice ruolo di erede delle capitali del Vecchio Mondo e di Faro della Civiltà del Nuovo Mondo.
Vengono enucleati i simboli e le idee che maggiormente incidono sulla teoria e sulla prassi architettonica: la Squadra e il Compasso, la Pietra cubica, la Luce e le Tenebre, la Torre e la Fortezza, il Teatro della Memoria, la Sfera e la Piramide, la Tomba Iniziatica. Al mito della Cattedrale il pensiero illuminista affianca l’ideale della costruzione del Tempio delle Virtù, mentre il riformismo ottocentesco propone una serie di utopie socio-politiche chiaramente ispirate dall’ideologia massonica.
Va aggiunto, per concludere, che la Massoneria accanto al Rosacrocianesimo e alla Teosofia rappresenta una matrice fondamentale nella elaborazione teorica delle avanguardie artistiche e architettoniche fra Art Nouveau ed Espressionismo.

INDICE

Presentazione del Gran Maestro Gustavo Raffi

Premessa

Sezione I • DE DIVINA ARCHITECTURA
Il Grande Architetto dell’Universo. Virtù architettoniche . Il Tempio di Salomone come bibbia architettonica. Il Tempio di Salomone nell’interpretazione cabalistica. Il Tempio di Salomone nell’interpretazione di architetti massoni. Hiram, l’Architetto del Tempio. L’Arca di Noè. La Gerusalemme Celeste. Il Tempio della Sapienza. La Torre della Conoscenza e la Scala del Cielo. La Montagna Sacra.

Sezione II • ARCHETIPI DELL’ “ARS REGIA”: L’ORIGINE DELL’ARCHITETTURA
Le Meraviglie del Mondo: un itinerario esoterico. La Torre di Babele. Archetipi del costruire: la capanna . La caverna. La tenda.

Sezione III • LA COSTRUZIONE DELLA CATTEDRALE
I costruttori delle Cattedrali. Il “Compagnonnage”

Sezione IV • L’ARCHITETTURA FILOSOFALE
La Massoneria dei filosofi. Le ricostruzioni filosofiche. La torre simbolica e la fortezza. Le città filosofiche. Edifici mnemonici. Il tempio massonico come Teatro della Memoria.

Sezione V • LA “TRADIZIONE” E I REVIVALS
Lo “stile romano” e il revival classico. Eclettismo e sincretismo: i sette stili del Tempio. Il revival gotico. Il revival egizio.L’opera massonica: “Il flauto magico”.

Sezione VI • ARCHITETTURA E MASSONERIA TRA SETTE E OTTOCENTO
Inghilterra: il mondo di John Soane. La Francia dei Lumi: gli architetti “rivoluzionari”. Vienna e Berlino. Gli USA: il Grande Sigillo e l’Università della Virginia. Milano napoleonica: i progetti di Antolini e Pistocchi. Allegorie e misteri sabaudi. Simbolismo massonico nel Veneto. Influssi massonici nella Toscana granducale. Emilia neoclassica: simboli della Libertà. La Cattedrale di Roma come nuovo Tempio e Gerusalemme celeste. Antiquari, inglesi e massoni a Roma. Un principe massone nella Napoli dei Lumi. Sicilia sapienziale.

Sezione VII • IDEE E SIMBOLI MASSONICI
La luce e le tenebre. Euclide, Pitagora e la Divina Geometria. Il pentagramma e il Sigillo di Salomone. Le Colonne e l’ordine salomonico. La pietra cubica. La Squadra e il Compasso. Il pavimento mosaico.I Templi delle Virtù. La tomba iniziatica.

Sezione VIII • GIARDINI ESOTERICI a cura di Vincenzo Cazzato
Alexander Pope e il giardino iniziatico. William Kent e il giardino inglese del ‘700. La Francia e il paradiso degli stili. Grotte iniziatiche nella Mitteleuropa e nell’Europa del nord . Giardini massonici in Italia. Dalle ville nobiliari esoteriche alla Reggia di Portici. Presenze esoteriche nelle ville e nei giardini di Puglia. Architetture dei giardini simbolici a Palermo.

Sezione IX • CITTA DEL SOLE E UTOPIA MASSONICA
La Città del Sole da Campanella a Versailles e Karlsruhe. La Città del Sale di Ledoux e le ‘visioni’ dell’Illuminismo. Dalle Cittadelle dell’Armonia a Cosmopoli: momenti del socialismo utopico. Città “utopiche” e ideologia massonica.

Sezione X • WASHINGTON: UNA CAPITALE MASSONICA
Il recinto sacro del Distretto Federale . Direttrici del piano urbanistico. Il Parco dei Templi e delle Rimembranze. L’eredità di Washington in quattro nuove capitali.

Sezione XI • L’ESOTERISMO DELLE AVANGUARDIE ARCHITETTONICHE
Il geroglifico degli “architetti sconosciuti”. Storia e “tradizione”. L’esoterismo della “costruzione” nella cultura tedesca. La cupola cosmica. La montagna cosmica e il mito dell’India. Babilonia e l’Egitto. La nuova Gerusalemme. La Cattedrale di Cristallo e l’operatività gotica. Il fiore, la stella e la cittadella ermetica. La Piramide in espansione. Il visionario spazio “interno” di Finsterlin.

Epilogo • TEMPLI E CATTEDRALI PER L’UMANITA’
Monumenti alla Pace e al Progresso. La Città della Pace e dell’Unione mondiale. Cattedrali per l’Umanità. Spazio, Tempo e Sacro: due progetti di santuari ecumenici.

Bibliografia

Marcello Fagiolo è professore ordinario di Storia dell’Architettura presso l’Università di Roma “La Sapienza”.
Direttore del Centro di Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma e ideatore di una rete di Centri di Studi sul Barocco, dirige l’Atlante del Barocco in Italia. Per il Ministero per i Beni Culturali ha promosso o coordinato dal 1980 vari Comitati Nazionali ed è Presidente del Comitato Nazionale per i giardini storici. È autore di oltre 250 pubblicazioni sul Barocco, sulla storia di Roma e su altri settori di storia dell’architettura e dell’urbanistica dall’antichità all’età contemporanea.


Una ballerina meccanica, un pittore trapassato e uno spazio espositivo poco convenzionale. A Bologna le iniziative di Fantomars con un interessante decalogo sul mercato dell’arte contemporanea
Pochi giorni prima delle feste natalizie, Fantomars ha invitato amici e nemici all’inaugurazione di una mostra personale del solito artista “trapassato presente” Gioacchino Montagna, incentrata sulla figura della ballerina, in particolare della ballerina meccanica, Coppelia appunto, dal titolo dell’omonimo balletto. La bambola animata che volteggia come una ragazza in carne e ossa, rivisitata in variegate rappresentazioni, diventa metafora della vita, dalla cui grazia possiamo lasciarci incantare pur sapendo che è illusoria la nostra pretesa di influenzarne le movenze, già programmate dal destino giocattolaio. Un’occasione per pacificarsi, dopo un anno per molti non troppo felice, con se stessi e con coloro che accoglieranno l’invito, rispondendo senza paura all’indecifrabile sorriso di colei che compie “giri di danza e di dolcezza”, per dirla con Eluard.
La mente e il cuore di Fantomars, Giovanni Monti direttore dell’associazione culturale bolognese incastonata nel quartiere Sant’Isaia, dice di non volere apparire come persona. Nel senso di non desiderare altro che emerga ciò che ha fatto — produzione, nel suo insieme, decisamente rimarchevole sia in termini artistici che letterari, tanto da bastare a colmare qualche centinaio di metri quadri di una Fondazione medio grande — e che questo appaia come una sorta di movimento aggregativo.
Fantomars arte accessibile nasce dall’idea di portare l’arte in un luogo fisico diverso dai consueti circuiti mercantili e istituzionali di esposizione e smercio, e questa parola non si intenda scelta a caso, dice Giovanni Monti. Sicché basterebbe varcarne la soglia per capirlo, in quanto l’insieme si da tutto in una stanza che appare subito come una specie di bric à brac delle meraviglie. La filosofia iniziale, al momento della fondazione, fu quella delle gallerie a basso costo di ispirazione iberica: nessun pezzo doveva, e così è, superare gli ottocento euro.
Prima di oltrepassarne la soglia una locandina recita così:
Fantomars è uno spazio misteriosamente scaturito dal nulla in via Frassinago numero tre D, a Bologna.
Dove potrai:
Entrare sentendoti libera oppure libero, o anche tutti e due, di restare dieci secondi o due ore.
Guardare tutto quello che vuoi, toccare tutto quello che vedi, cercare pure quello che non vedi, trovarlo e toccarlo.
Godere di quello che vedi, tocchi e trovi.
Lasciandolo sciogliere dentro i tuoi sensi come una caramella se lo trovi dolce, come un bicchiere di vino se lo trovi forte, come una sorpresa se lo trovi emozionante.
L’arte è una delle poche cose rimaste di cui possiamo godere senza bisogno di possederla materialmente.
Il piacere che provi vedendola, guardandola, toccandola è ripetibile.
Per esempio se ripassi di qua per vedere nuovamente quella cosa che ti è piaciuta o altre che non hai ancora visto, ma sospetti che ti possano piacere.
Ti potrebbe anche piacere portarti a casa qualcosa che hai riconosciuto, che parla il tuo stesso linguaggio, oppure un linguaggio assolutamente diverso che però entra in risonanza con le tue vibrazioni.
Solo in tal caso te la potremmo vendere.
Se proprio insisti.
Non per una questione di mercato, semmai di entusiasmo.
Del tuo entusiasmo.
Dell’entusiasmo dell’artista che ha fatto quella cosa e di tutti gli altri che hanno fatto tutte le cose qui.
Qui non esistono cose come obiettivi e risultato, noi sappiamo che ci sarà comunque lo scambio delle energie prima di quello della materia, che sia questa materia denaro o colore.
Se scambiamo energie la cosa gioverà a tutti.
Gli artisti creano solo per energia.
Quelli che creano per altri motivi non ci interessano, manco se sono bravi.
Questi qui sono liberi.
Ciao, te.
P.S.: potrai entrare qui anche semplicemente perché fuori piove.
L’avvento del web ha rappresentato un notevole polmone per respirare situazioni alternative», sostiene Giovanni Monti; con blog e siti dedicati alle espressioni meno codificate e più spontanee dell’attività creativa. Tuttavia, l’aggregazione e lo scambio virtuale hanno un naturale limite nella fruizione diretta dei lavori proposti e nella condizione “prima” dello scambio, il quale deve essere in prima istanza epidermico e, in seguito, proporsi di incontrare un pubblico possibilmente più vasto ed eterogeneo possibile. Potremmo persino osare parlare di dono, osservando la funzione sociale che ha assunto Fantomars, anzitutto per il tipo di persone che hanno deciso di esporvi e che si riuniscono con una certa frequenza a banchettare dopo ogni iniziativa in mostra. Come in una sorta di piccola comunità.
In un paio di anni di vita l’esperimento di uno spazio aperto a molte energie, non deputato a una funzione meramente mercantile quanto a uno scambio orizzontale fra chi propone arte e chi ne gode, ha dato notevoli risultati in termini di spunti e proposte, e ha naturalmente selezionato una sorta di movimento estremamente fluido e libero, dentro il quale operano e si muovono molti interessanti personaggi, non solo strettamente legati alle forme più tradizionali del fare artistico.
L’approccio informale e poco “paludato”, che ha alcuni punti di contatto con l’ironico distacco dalle convenzioni caro ai crismi surrealisti, ha permesso che emergessero voci altrimenti relegate in comparti stagni e settori definiti “minori”, i quali, invece, hanno potuto fondersi dando vita a fenomeni talora inspiegabili.
Per esempio ? mi riferisce quasi con orgoglio divertito Giovanni Monti ? durante l’inaugurazione della mostra collettiva sulla magia, che vedeva la presenza anche di foto medianiche realizzate da uno studioso della materia, misteriosi influssi hanno fatto sì che un paio di quadri cambiassero di posto senza troppo farsi notare; di sicuro per opera dello spirito burlone immortalato, è il caso di dirlo, trattandosi di morto, nello spettrogramma colorato della sua energia, volatile ma non certo inerte. E così durante il ciclo estivo, inserito nel cartellone di Bologna estate 2011, di “incontri artistico esoterici”, con mostre personali a pareti alternate, e sinergica lettura dei tarocchi, sono state presentate tavole realizzate in canalizzazione con l’anima inquieta del trapassato pittore Gioacchino Montagna, vissuto (o forse no?) alla fine del 1500. Insomma l’espansione dei limiti mentali che sempre contraddistingue l’artista, si addentra in Fantomars dentro territori vergini e fertili, dove ciò che viene generato non è quasi mai monetizzabile, ma è per questa stessa ragione ancora più prezioso, perché capace di generare cerchi nell’acqua stagnante del panorama culturale metropolitano, magari cerchi quadrati come li avrebbe voluti De Dominicis (sic!), anconetano, quest’ultimo, come lo stesso Monti.

Per ogni altra informazione si rimanda alla visione del sito www.fantomars.jimdo.com
FANTOSOFIA
1 Nessun attaccamento a un risultato preciso. La vendita non è prioritaria. Prima intenzione (non obiettivo) è offrire sensazioni e divertimento al pubblico e dare agli artisti la possibilità di offrirle.
2 Solo mostre collettive, e per di più tematiche. Più voci per ampliare la possibilità di “riconoscere” qualcosa di affine, e il caleidoscopio di avere tanti punti di vista diversi su un unico tema
3 No ai tabu galleristici. Es. lo spazio o il “troppo”. L’occhio non va isolato o guidato, può scegliere con grande libertà e anarchia e avere anche la possibilità di confondersi o addirittura smarrirsi.
4 Accessibilità bilaterale. Per il pubblico ma anche per chi vuole esporre, sempre gratuitamente e magari anche solo qualcosina nei books , ma esserci con la propria energia.
5 Atteggiamento orizzontale: l’arte non cala dall’alto, viene posta a metà tra chi la fa e chi ne gode, e quest’ultimo è libero di prenderne ciò che vuole (anche nulla).
6 Contatto: con adeguate protezioni trasparenti i lavori sono tutti maneggiabili. La materia può farsi sentire
7 Cambiamenti frequenti dei lavori e artisti, mostre esposte a parete rinnovate ogni 40 gg. circa e rotazioni anche degli altri lavori presenti negli album o negli scaffali
8 Happening frequenti tipo performance, letture (di poesie? di tarocchi? di occhi?) o anche semplici festicciuole.
9 Prezzi comunque contenuti, nessuna esclusiva sugli artisti, che sono liberi di riprendersi i lavori quando gli pare. Nessuna strategia di marketing, qualsiasi sia il nostro piano, il destino ne avrà uno migliore.
10 Giocosocazzonismo come filosofia di base. Se un artista si prende molto sul serio e si fa “il viaggio”, le pagine gialle sono piene di altre gallerie (di quelle “vere”).

Artisti rappresentativi della galleria:
Francesca Anita Modotti, Davide Pasciuti, Paolo Mattioli, Gabriele Codecà, Caterina Foresi, Pietro Franca, Daniele Pezzoli, Nicola Corona, Valerio de Filippis, Lara Zibret e tanti altri.

Anita Tania Giuga
Critico d’arte, ha seguito per due anni il dottorato di “Estetica e pratica delle Arti” dell’università di Catania. Ha collaborato al dipartimento di Psicologia dell’Arte del DAMS di Bologna e insegnato all’Accademia di Belle Arti di quella città. Ha cominciato a scrivere per periodici locali all’età di 19 anni (Il messaggero del Sud). È contributor per testate di settore come Flash Art (interna nel 2005), Juliet, Insideart (2008), Espoarte, art a part of cult(ure), Giudizio Universale, Demetra. Rimarchevoli le esperienze come curatore in visita alla Fondazione Antonio Ratti a Como (1-23/07/2008), dove ha preso parte al XIV Corso di Arti Visive, visiting professor Yona Friedman e la partecipazione a “Picnic al Tempio #5 Costruire Texure/Building Texture”, curatori Mario Lupano, Marco Navarra, Alessandro Rocca (workshop internazionale di design e costruzione, maggio 5/10/2009; ultimamente è stata segnalata nella rosa dei partecipanti del convegno nazionale sulla nuova critica d’arte “Tracker Art 2011” (Termoli) e a prendere parte al “III Corso di studi politici e culturali” nell’ambito del progetto: “Italia 150. L’Unità da ritrovare”, Direttrice del Corso Chiara Màrgani, Accademia Nazionale della Politica (a cura di), sul tema “Le città del futuro. Nuovi linguaggi artistici e architettonici: visual art, concept e urban desig”; 06 Giugno 2011 (S.Teresa – Ragusa Ibla), insieme ai proff. Antonio Mercadante e Marco Vozza.