Settembre 2012


http://www.youtube.com/watch?v=wDbZ6UQ6C-U&feature=colike

Voci: Achille Millo, Enrico Urbini


Sabato 6 ottobre, ore 19, presso PALLADINO EDITORE & C., Via Colle Delle Api 170, Campobasso, MAGIE BARBARE, opere recenti di Gian Ruggero Manzoni. Catalogo in mostra.

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Biografia
Nato a Medicina, in provincia di Bologna, nel 1949, Marco De Luca si diploma presso L’Istituto d’Arte per il Mosaico Gino Severini di Ravenna nel 1968 e presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna nel 1973. Tra il 1973 e il 1975 collabora con il laboratorio Il Mosaico di Carlo Signorini realizzando molte opere musive su progetto di artisti di fama internazionale e partecipando a numerose campagne di restauro per conto della Soprintendenza ai Beni Culturali di Ravenna e di Bari.
Nel 1976 viene nominato docente di ruolo in discipline pittoriche all’Istituto Statale d’Arte per il Mosaico di Ravenna, dove insegna fino al 2002. Nel 2007 è incaricato dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna per la docenza di Work Shop mosaico. Nel 1998 pubblica il volume Il mosaico per immagini.. A partire dal 1973 inizia ad esporre in numerose mostre personali e collettive, in Italia, Stati Uniti, Giappone, Inghilterra, Francia, Lussemburgo, Turchia, Russia. Tra le ultime esposizioni in ordine di tempo, si segnala la partecipazione nel 2011 alla IV Biennale di Mosca (Musivum Gallery, 1 marzo – 8 aprile 2012), dove ha presentato la personale Silicio Con-Forme.

Mostra: Marco De Luca
Sede: Museo d’Arte della città di Ravenna
Ente organizzatore: Mar – Museo d’Arte della città di Ravenna
Periodo: 23 settembre – 4 novembre 2012
Con il contributo di : Autorità Portuale – Ravenna
Inaugurazione: sabato 22 settembre 2012, ore 18.00
Conferenza stampa: venerdì 21 settembre ore 11.00
Orari: martedì, giovedì e venerdì: 9.00-13.30 / 15.00-18.00
mercoledì e sabato: 9.00-13.30 – domenica 15.00-18.00
lunedì: chiuso
Ingresso: ingresso libero

MAR – Ufficio relazioni esterne e promozione
Nada Mamish – Francesca Boschetti
tel. +39.0544.482017 / 482775
fax +39.0544.212092
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Ufficio Stampa Nazionale

Culturalia di Norma Waltmann
Bologna – Vicolo Bolognetti 11
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mob: +39-392-2527126
email: info@culturaliart.com – web: www.culturaliart.com

Helena Manzan è in viaggio per l’Amazzonia. Ritorna alle sue ricerche con l’Università brasiliana per sperimentare lo studio della natura animale della foresta unita alla creatività artistica. Vero metodo Archetyp’Art.

helena perchè dipingi, non avresti fatto meglio a sentire musica tutti i giorni e a dormire?

Mi trovo in alcune frasi di Giaccomet;
Dipingo ;(..)per essere il più libero possibile, per vederci meglio, per capire meglio ciò che ho intorno, capire meglio per essere più libero, più forte possibile, per spendere, per correre la mia avventura, per scoprire nuovi mondi, per combattere la mia guerra, per difendermi contro la fame, contro il freddo, per il piacere? per la gioia? per il piacere di vincere .,(…)”
Insomma… quando ho qualcosa da dire! per raccontare al mondo quelle qui vedo, per raccontare l’amore, per raccontare un dolore…

ecco cosi’ risponde un’artista brasialiana che ha nel sangue l’arte e la natura, ma adesso vediamo quanto c’è di infuenza brasiliana nell’arte che produci ormai da anni in Italia.

Minha pintura è cambiata molto, oggi la vedo piu italiana , piu me sento influenzata non della mia origine ma da quello che mi circonda,
Un artista Contemporaneo racconta il momento attuale; se oggi vivo in Italia racconto L’Italia la sua gente ,i suoi conflitti, la su natura.
Di Brasile nelle mie opere ci sarà la mia forza, la grinta di non molare mai…la mia spiritualità!…

Helen sei ormai di casa in amazzonia a creare nella foresta con l’università brasiliana credi la natura quando crei ti osservi?

Crede sie il mio io interiori quelle a mi osservare di piu quando sono li…
Perché entro in sintonia con l’anima della natura e mi faccio guidare da loro forza, facendo con qui ogni forma di vitta libere energia x di me…li..si, me sento osservata.

hai lavorato con me per molto tempo sei un’artista archetyp’art ti è stato utile il rapporto con il critico

Si moltissimo!

per cosa e come

Per avere aiudato ad uscire fuori tutta la magia della mia anima e trans por-la in arte,
Per insegnarmi a sentire il codice archetyp della natura qui cera in me,
Mi ai insegnato che in ogni cose che faccio cioè..oni singlo gesto ciè arte, ciè amore., ciè vitta.
Tutto questo me ascoltando… mi guidando e portando al mio equilibrio e “desiquilibri” necessari, qui mi portò a creare autenticità nel mio lavoro.

adesso indicami un segreto che nessuno sa

Que un vero cappo lavoro esche quando abbiamo raggiunto la piu assoluta semplicità di exprezione.
Quanto a un segreto mio?…nessuno sa che uso solo calcine di colori diversi!!!!

Russia, Amazzonia, Brasile, Italia c’è in tutto questo in un solo cuore artistico
Si, perche le emozione di uno si mischia con l’atro formando uno solo.

helena chi sono i tuoi fantasmi danzano mai la samba?

Penso qui alcuni si… solo quelli qui fanno parte dell’mia anima Brasiliana!
Le altri osservano arrabbiati tutta la mia trasformazione e poi… si metti in gioco portando le sue loro vetta i storia nelle mie opere.!!!!

allora puoi concludere dicendo quanta musica c’è nel gesto artistico e quanto segno pittorico c’è nella musica siamo ancora nel 2012?

Dunque sia la musica quanto la pittura del nostro secolo ancora porta queste emozione una nel’altra.

Nel gesto artistico por ex. ciè la presenza aspra i cruda di un gesto che rialesava Basquiat,
como possiamo vedere anche nelle performance pittorica di artisti contemporanei rialesate duranti una musica rock.
Quanto nella musica; duranti un concerto di musiche elettroacustiche por ex: Il colori timbrico delle altoparlanti, i fari di proiezione di colori, nella musica elettronica, nel Jazz.

Pittura e musica si fondono portando il fruitore in una realtà fatta di emozioni, di astrattismo e di rappresentazione di una realtà interiore.

IL QUARTO STATO di Antonio di Pietro da Montenero di Bisaccia
Antonio PICARIELLO
Oggi mentre parlavo con un carissimo amico mi sono voltato e all’improvviso è apparso “lui” come in una magnifica canzone di Fabio Concato per il telefono azzurro “[…e all’ improvviso arrivi tu, un manifesto in
mezzo agli altri… (continuo perché la canzone mi piace ) – su quel faccino quanti pugni quante botte ma lo sai che ti potevano ammazzare su babbo smettila di bere non mi picchiare un’ altra volta che ogni volta ho piu’ paura e quando cerco di scappare
non arrivo mai alla porta mi raggiungi e sei una furia non c’entro niente coi tuoi guai non c’entro con
i dispiaceri non ti ricordi ieri che mi portavi al mare ( ecco ) ]- una canzone di fine secolo scorso che combatteva la violenza sui bambini. Poi quella violenza è diventata la violenza sulle donne, e poi la violenza si è diffusa nella società e tutti sono diventati violenti come in un racconto di Woody Allen per Zelig, il suo miglior film realizzato :” Ho 12 anni. Vado alla sinagoga. Chiedo al rabbino qual è il significato della vita. Lui mi dice qual è il significato della vita. Ma me lo dice in ebraico. Io non lo capisco, l’ebraico. Lui chiede 600 dollari per darmi lezioni di ebraico”. Qui il manifesto era di Di Pietro e emulava il quarto stato di Pellizza da Volpedo. Un Antonio che ciazz’ecca centrale con pantaloni neri camicia bianca e giacca a tracolla per fare il verso, maggiorandolo in forza espressiva, al manifesto con cui Michele Jorio ha pubblicizzato la sua ultima candidatura. È bastato voltarmi per capire il direttore creativo che ha realizzato la comunicazione è qualcuno che ha le palle solide. Ho pensato anche; finalmente l’arte entra in Molise per dare voce ai politici che fino ad ora hanno vissuto di cacicavalli e pollastri mantenendo saldo il proprio grado di conoscenza in fatto di cultura artistica. Dopo questo, “Il Quarto Stato” aprirà le porte alle discussioni, per forza o per amore perché la marcia del socialismo non potrà più essere ignorata dimostrando la mancanza minima di conoscenza come quando le jene hanno fatto capire agli italiani, intervistando parlamentari e politici in occasione dell’anniversario dell’Unità di Italia, che di conoscenza e cultura, sugli scranni da 12000 euro mensili, ne gira poca. Dopo questo manifesto i dirigenti e i segretari di partiti dovranno istruire dei corsi d’arte per non far passare per pecoroni i loro seguaci genuini. Allora apriamo un primo intervento sulla storia del quadro e del divisionismo, movimento artistico cui apparteneva come maggiore esponente insieme a Segantini, Pellizza da Volpedo (Volpedo, 28 luglio 1868 – Volpedo, 14 giugno 1907- Volpedo, Volped in dialetto locale, è un comune di 1.236 abitanti della provincia di Alessandria in Piemonte). L’opera ha una genesi particolare che va dal 1892 al 1901, per una prima parte, e dal 1901 ad oggi che con di Pietro ritorna nella sua funzione rappresentativa di un’identità pop-italy che merita per onore e qualità umana. Negli anni Ottanta la direttrice delle raccolte civiche “impone” il quadro trovi una sua collocazione fissa nella Galleria d’Arte Moderna dove è rimasto per lungo tempo fino all’ultimo trasloco indirizzato al Museo del Novecento aperto nel 2010. Il quadro che Pellizza realizzò nel 1901 deve la sua incarnazione ringraziando altre opere precedenti che si sono sacrificate nel quasi silenzio per permettere alla vita del Quarto Stato di divenire emblema di un’epoca, il ‘900, di un movimento, il Divisionismo antiaccademico e anticlassico che apre la strada già tracciata sul manifesto de” Le Figaro” parigino, al manifesto del Futurismo di Marinetti e a Boccioni che ritroviamo in effige sull’Euro dell’Italia affogata di debiti, e al realismo sociale con un figurativismo carismatico che faciliterà il presenzialismo guttusiano nelle file del partito comunista italiano equilibrando l’ accanita disputa tra i sostenitori dell’astrattismo e i manutentori del figurativismo tradizionale. E in questa disputa ha capitale investito anche il territorio molisano che, come riferisce Lino Mastropaolo, un paio di opere di Guttuso presentate alla nuova apertura della sede del Partito Comunista, non si sa come siano finite poi a far da recinto di un gregge di capre. Il Quarto Stato prende vita nel 1892 quando Giuseppe Pellizza da Volpedo decide di affrontare il tema sociale con un’opera dal titolo “ Ambasciatori della fame”, per denunciare le condizioni di miseria dei lavoratori di fine Ottocento. Vi sono rappresentati tre uomini in un ambiente agricolo, probabilmente Volpedo paese, con Le tre figure poste al centro del quadro in preludio all’impianto costruttivo dell’opera finale del 1901. È l’inizio di un carriera iconica che parlerà per sempre il linguaggio riconoscibile dell’artista che fatalmente, in affinità con i messaggi incorporati nelle sue opere, morirà suicida nel 1907 dopo la delusione alle sue aspirazioni umane ed artistiche che impiantavano l’idea che il Quarto Stato avrebbe dovuto trovare subito un acquirente che non ci fu mai se non dieci anni dopo la sua scomparsa, nel 1920 quando, per sottoscrizione pubblica cui parteciparono banche, associazioni e cittadini, l’opera fu acquistata dalla città di Milano per 50.000 lire. E poi dicono che le banche sono prive di cuore…. Il Quarto Stato che come si è detto è partito dall’opera “ Ambasciatori della fame” si è modellato su l’opera Fiumana del 1895 oggi conservata alla Pinacoteca di Brera e da cui, credo, il manifesto dipietrino prende riferimento, matura con l’elaborazione raggiunta nel Cammino dei lavoratori del 1899, e infine si realizza nel Quarto Stato concretato nel 1901. In un primo tempo viene esposto presso il Castello Sforzesco, diventando ben presto icona e logo per il partito socialista ed i sindacati, ma il tema sociale, sarà anche il motivo per cui all’avvento del fascismo, dalle sale del castello, si ritroverà stipato in un deposito, finché il sindaco Ferrari collocherà l’opera presso Palazzo Marino in una sala consigliare. Nel 1954, l’opera riprende la sua forza di simbolo politico e di rinascita dopo la tragedia del fascismo e della guerra. Allora, beati loro, nelle sale consiliari si poteva fumare liberamente e il fumo danneggiò molto il quadro che richiese l’intervento di un restauro. Al seguito partì in tournée per Washington, poi Roma, fino agli anni Ottanta quando trovò casa nella Galleria d’Arte Moderna, da cui è stato spostato, come si diceva, al Museo del Novecento. Il Quarto Stato raffigura la conclusione di un secolo e la fine della pittura di Accademia; un capolavoro spesso dimenticato ma che di Pietro ha rimesso in circolo partendo proprio da una terra agricola, la sua, tanto simile a quella di Volpedo. A volte i manifesti servono anche a questo, a rigenerare involontariamente nella coscienza collettiva un vigore sotteso all’identità di un popolo che manovrato e fagocitato continuamente dalle spire pubblicitarie e dai facili linguaggi del convincimento spesso, per diverse motivazioni indifferenti all’intenzione comunicativa, scatenano una sorta di chimica interiore e allora avviene qualcosa che tutti conosciamo e che da anni aspettiamo come zombi rassegnati alla fermata di un autobus a cui è stato imposto un percorso diverso da quelle che sono le nostre oneste informazioni. Sperando che il rabbino, per spiegarsi il senso della vita, non ci chieda 600 dollari, immaginiamo il cruscotto del bus che sta ora girando l’angolo e che abbia stampato sul vetro il Quarto Stato, quello vero, di Pellizza da Volpedo. In fin dei conti anche le caciotte servono ad alleviare la tristezza dell’attesa.

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