Febbraio 2018


Cinzia Tani ospite d’onore con Guadagnuolo ad Aprilia per celebrare la Giornata Internazionale della Donna 2018

“Il Convivio sulla nave tra immaginazione e realtà” l’omaggio di Guadagnuolo a Cinzia Tani in “TUTTI A BORDO!

Sarà la città di Aprilia ad accogliere, nella Festa della Donna, l’ospite d’onore la scrittrice Cinzia Tani e l’artista Francesco Guadagnuolo. Mercoledì 7 marzo 2018 alle ore 11,00 presso l’Aula Magna “Duilio Cambellotti” dell’Istituto “Giacomo Matteotti”.  Cinzia Tani, scrittrice, giornalista e conduttrice televisiva e radiofonica presenterà l’ultimo libro scritto dall’autrice, dal titolo: “Tutti a Bordo!”, Giulio Perrone Editore, inaugurando la 16ª Edizione del Progetto “Arte in Classe” 2018 con la proiezione della videoarte “Tutti a Bordo!” in omaggio a Cinzia Tani realizzato dall’allievo Daniele Colaiacovo.

Mentre l’omaggio di Francesco Guadagnuolo a Cinzia Tani è una grande opera pittorica “Il Convivio sulla nave tra immaginazione e realtà”, che ha tratto dal suo romanzo “Tutti a Bordo!”, affrontando quei personaggi citati nel libro che hanno tutti a che fare con il mare. L’artista immagina di trovarsi in mezzo tra invitati reali e di fantasia scaturiti dalla mente di altrettanti scrittori. Tutti si raccolgono all’interno di una nave seduti ad un tavolo ovale apparecchiato con ogni tipo di pesce. Sulla balaustra la sirenetta, non vuole farsi vedere, controlla gli ospiti. Al convivio partecipano i due grandi navigatori Cristoforo Colombo e Ferdinando Magellano che discutono delle loro scoperte. C’è anche l’eroe Ammiraglio Nelson che racconta le sue imprese. Il Capitano Nemo ascolta interessato i due navigatori. Siede Ulisse con accanto Penelope, che è venuta a riprenderlo dai suoi lunghi viaggi.  Achab racconta le vicende di Moby Dick, la balena bianca. Il Corsaro Nero conversa delle sue avventure, tesoro compreso. Capitan Uncino si fa vedere assieme al pirata Long John Silver con il suo immancabile pappagallo. Robinson Crusoe se ne sta in disparte con Venerdì. Noè aspetta il suo momento quando ha ritrovato gli ultimi animali per salpare con la sua Arca. Hemingway prende appunti per il suo prossimo romanzo in compagnia del suo amico pescatore Gregorio Fuentes. Da una parte Otello infelice per il tradimento di Desdemona, che sta seduta con gli occhi abbassati confortata da Penelope.

Guadagnuolo trae dal libro di Cinzia Tani una riflessione che ci porta a pensare a questi straordinari personaggi che tutti amano il mare calandoli sugli aspetti umani, come se realmente siamo abituati a conoscerli da tempo. Egli riesce ad instaurare la scena come viva e i personaggi esordiscono occupando lo spazio l’uno dell’altro partecipando al grande convivio.

Alla fine del banchetto “gli amici se ne vanno”, così cantava Ornella Vanoni con voce malinconica riportandoci al reale perché, nonostante tutto, la vita esiste, anche se non vorremo mai lasciare quella nave. Con la fantasia costruiamo la nostra vita con la nostra voglia di ripartire. È un modo per dire che nella vita reale non è tutto splendido. Pensando al tono malinconico di questa canzone ci riporta ai nostri problemi quotidiani, c’è poco da sognare.

 

Interverranno: la Dott.ssa Cinzia Tani, il sociologo Michele Rucco, il Dirigente Scolastico Raffaella Fedele e l’artista Francesco Guadagnuolo.

 

 

 

 

 

Massimo Pulini presenta il suo libro “Mal’ occhio” sul pittore Guercino

Massimo Pulini e  il suo libro “Mal’ occhio – I cinque sentimenti di Guercino” (CartaCanta Editore) incentrato sulla figura di uno dei massimi artisti del Seicento: Giovan Francesco Barbieri detto Guercino.

Il volume è stato realizzato con il patrocinio e il sostegno della The Sir Denis Mahon Charitable Trust, la fondazione inglese dedicata al collezionista e storico dell’arte Sir Denis Mahon e da sempre attenta all’ambito degli studi storico-artistici, con particolare interesse verso il pittore emiliano.

Il romanzo di Pulini è il primo a venir dedicato al Guercino, un pittore che fu talentuoso e geniale, malgrado fosse affetto da una grave forma di strabismo. Esposto allo scherno per la sua “diversità”, il giovane Guercino si forma nella solitudine e nello studio, inseguendo un’ossessiva ricerca di una tecnica e di uno stile unico che, negli anni Venti del Seicento, lo porteranno a Roma, dove otterrà un rapido ma amaro successo. Dentro “Mal’occhio” c’è tutta la galassia di relazioni fra arte e potere, assieme ai dilemmi che il pittore si pone nel suo rapporto coi sensi, coi sentimenti e con l’umanità che gli sta attorno. La vasta narrazione si pone parallela ai dipinti e ai disegni di Guercino: si guarda con gli occhi dell’artista, con quel suo sguardo obliquo, che conferisce una nuova profondità al mondo, consentendo di osservare l’umano paesaggio in modo diverso, più profondo e sincero.

 

Dal 17 Febbraio 2018 al 02 Aprile 2018

RIMINI

LUOGO: FAR Fabbrica Arte Rimini

CURATORI: Massimo Pulini

SITO UFFICIALE: http://www.comune.rimini.it/cultura-e-turismo/cultura/far

COMUNICATO STAMPA:
AR Fabbrica Arte Rimini presenta, dal 17 febbraio al 2 aprile 2018, “PET Island” dell’artista Matteo Peretti (Roma,1975), a cura di Massimo Pulini. Inaugurazione: sabato 17 febbraio, ore 16.00.

“PET Island” si compone di numerose installazioni, alcune create site-specific per l’esposizione romagnola, altre di pregressa produzione. Il materiale plastico risulta essere il filo rosso di tutta la mostra, sia in quanto componente principale di tutte le installazioni, sia concettualmente come tematica che riconduce ad altri temi caldi a sfondo sociale come l’inquinamento, il consumismo e la facile mercificazione.

Peretti per creare la sua “PET Island” gioca con spirito ironico e allo stesso tempo critico sulla notizia dell’enorme isola nell’Oceano Pacifico creatasi interamente dagli scarti plastici mondiali, costringendo lo spettatore ad intraprendere una riflessione critica dal punto di vista umano e sociale, oltre che artistico. C’è nel lavoro dell’artista romano una svalutazione dell’essenza elitaria e individualista dell’arte in direzione di una dimensione allargata e collettiva, del tutto attualizzata, capace di veicolare nel gesto artistico un intento sociale.

Per mezzo del lavoro di Matteo Peretti lo spazio museale del trecentesco Palazzo del Podestà e dell’Arengo diventa, come l’isola di plastica, una realtà alternativa che permette una considerazione più acuta sulle tematiche proposte, suggerendo la necessità di ristabilire una più forte e diffusa consapevolezza a livello sia individuale che collettivo. L’attuale stato del nostro pianeta, della società e dell’individuo, impongono un messaggio globale non nichilista o pessimistico, bensì educativo e portatore di speranza per un cambiamento radicale, possibile solo se operato da tutti noi.

La mostra si inserisce nell’evento espositivo “Arcipelago Peretti”, con la presentazione in contemporanea della mostra di Ferdinando Peretti, “Cuba-Giannutri”, al piano superiore del Palazzo.

Il FAR prosegue così le sue iniziative di eventi espositivi incentrati sul confronto generazionale tra artisti all’interno della medesima famiglia, iniziata con “Trittico famigliare”, mostra che riuniva le opere di tre generazioni di artisti, Primo Conti, Maria Novella del Signore e Tommaso del Signore.

L’evento terminerà con l’inaugurazione della terza edizione della “Biennale del Disegno”, importante rassegna dedicata alle opere su carta dall’antichità ad oggi.

La mostra sarà visitabile da martedì a domenica con orario 10.00-13.00 e 16.00-19.00, chiuso i lunedì non festivi.

 

«Bacco morì e nuovamente risorse/ Sul piano siriano e dorato/ Osiride uscì dalla sua tomba/ E con ciò salvò l’umanità/ Similmente, Adone sparse il suo sangue/ Con un’inondazione siriana e gialla/ Zoroastro fece rinascere/ Mithra dalla sua caverna di terra/ E noi oggi in terre cristiane/ Con loro possiamo congiungere le mani»

Oltre che  per il forte temperamento musicale, Elena attrae come compositrice di rara qualità espressiva. All’avanguardia rispetto ai suoi tempi, è tra le pochissime donne a conseguire – siamo nel 1916 – il diploma di piano e violino, quello di composizione e direzione d’orchestra. A Berlino, si perfeziona presso il maestro di tecnica pianistica Kreutzer, discendente del grande Konradin. Ma la musica non le basta, perché, da quando ha potuto tenere un pastello in mano, ha  disegnato e  dipinto, senza più smettere. E’ entrato nel mito di famiglia  un episodio che mi ha riferito Leonardo: era ancora una ragazzina quando un giorno Elena corse dal padre con gli occhi scuri scintillanti per l’eccitazione mostrandogli orgogliosa un ritratto formato tessera. L’avvocato, pur essendo abituato a tenere per sé i propri sentimenti, ebbe un moto mal dissimulato di meraviglia: il ritratto che la sua secondogenita gli porgeva sembrava proprio una sua foto! Quella ragazza non finiva mai di stupirlo… Di fronte alla sperata reazione paterna  Elena con baldanza gli esternò un’idea che le frullava per il capo, e che trovava assai divertente: far passare quel ritratto come un normale documento di riconoscimento del padre. «Mai mi presterò a questo gioco!» protestò Giacinto Ciamarra. Che alla fine capitolò, non riuscendo ad arginare l’entusiasmo della ragazza. L’esperimento riuscì: nessuno si accorse del “falso”. ( da Rita Frattolillo)

Così, un giorno Ser Piero, raccolti i suoi disegni lo porta nella mitica bottega di Andrea del Verrocchio. Sarebbe come portar oggi un adolescente nello studio di un archistar come Alessandro Mendini o Renzo Piano. L’atelier del  Verrocchio è situato non lontano da Piazza della Signoria e fa di tutto: grandi dipinti per chiese, progetti di palazzi, statue di bronzo, gioielli, decorazioni, scenografie e persino allestimenti per funerali. Ci lavorano giovanotti di belle speranze come (due nomi a caso) BotticelliPiero Vannucci, detto il Perugino. È una fabbrica dove si lavora duro, ma dove si respira una libertà di pensiero e di costumi non comune al resto d’Italia. Si mangia, si beve e si scherza insieme tra compagni di età diverse, tra emulazioni, competizioni e gelosie. S’impara a diventare “grandi”.

 

…il grave errore dei contemporanei è stato quello di avere accantonato, distrutto la decorazione; d’accordo quando questa è nociva, non è al servizio dell’architettura e si sovrappone ad essa. Quando invece la completa, da ad essa un’espressione viva ed un maggior valore. Se nel passato fosse prevalso il concetto di negazione della decorazione, ora non avremmo quel grandissimo patrimonio decorativo che tutto il mondo c’invidia ed è vanto e ricchezza della nostra bella Italia. Come diceva S. Tommaso: “Il vero riformatore è colui che cammina nell’esperienza del passato.”.

 

ENRICO LONGFILS

Miti e paesaggi

Rimini – Galleria dell’Immagine, via Gambalunga 27

24 febbraio – 18 marzo 2018

orario:10/12 e 16/19 ingresso libero-chiuso lunedì non festivi

info:0541704416/14www.museicomunali.it

comunicato stampa

 

Si apre alla Galleria dell’Immagine a Rimini, sabato 24 febbraio alle ore 17, la mostra dedicata al pittore Enrico Longfils (1914-1992) dal titolo Miti e paesaggi. Saranno esposte opere databili dal 1935 al 1980 provenienti da collezioni private e dagli eredi.    La mostra si propone come una sintesi dei percorsi dell’artista, dai paesaggi al ciclo di Ulisse dedicato al mito dell’eroe omerico riletto in chiave enigmatica e surreale come archetipo della cultura occidentale, simbolo del destino e dell’errare umano.

Nel ferragosto del 1992 moriva a Rimini Enrico Longfils, padre belga e madre lombarda, fedele frequentatore dei lidi romagnoli, di Viserba in particolare, dove tra l’altro aveva stretto amicizia da decenni con il gruppo di artisti legati alla scuola di Umberto Folli.

Longfils mantovano,  personalità poliedrica – a lungo insegnante di lingua e letteratura inglese- ironico ed elegante, si dedicò da autodidatta alla pittura, coltivata sin da giovane, e accresciuta da un rapporto culturale sempre vivido e attento. Assecondò la sua vocazione con l’apprendimento delle tecniche pittoriche nello studio del restauratore Raffaldini e nell’osservazione della tradizione del paesaggio virgiliano espresso in estreme arcadie e in una pittura ancora debitrice ad un radicato post impressionismo. Longfils si impose presto tra i pittori più conosciuti di Mantova del secondo ‘900 avviandosi sin dalla metà degli anni ’30 alla pittura di paesaggio.

 

Si alternano in questi quadri– scrive Annamaria Bernucci nella presentazione – “stagioni silenziose e letargiche come solo il paesaggio lombardo può suggerire, specie quello mantovano, dolci terre d’acque, di file di pioppi, pontili e lanche sul Mincio o il Po, cui Longfils riesce ad imprimere un gemito cromatico fatto di sintesi e tocchi”. Dipingendo riflette sul linguaggio di Pio Semeghini, Renato Birolli, ma anche di De Pisis e Morandi, negli stessi anni che lo videro affiancare alla sua professione primaria che era l’insegnamento la sua insopprimibile tensione artistica.

Il paesaggio diviene per lui il mito dei luoghi, contenendo in sé capacità narrativa e identitaria; non rimanda ad una scontata percettività di orizzonti e vedute, si tramuta in una sequenza di piani che restituiscono l’estensione dello spazio, anche quando negli anni ’70 la pittura di Longfils rasenterà sommariamente le soglie dell’astrazione.

Lo storico dell’arte Gianfranco Ferlisi in un suo saggio dedicato a Longfils ricorda che ”il suo operare era espressione di una tormentata prova d’amore per la pittura, contro chi minacciava, secondo il suo personale punto di vista, civiltà e memoria: contro i canti delle sirene che ammaliano mentre trascinano nell’abisso”.

 

Di lì a poco, a partire dagli anni ’70, andrà a costruire infatti favole mitologiche che rappresenteranno più da vicino il suo universo poetico. Longfils va alla ricerca di una liricità classica cui concorre il suo tributo visionario alla figura di Ulisse, che vuole essere una avventura metafisica ma anche espressione del desiderio, del destino, della fascinazione.  Un silenzio attonito permea queste composizioni, dove il lacerto archeologico, la colonna, il frammento di tempio si affiancano al fiore caduco o allo stretto groviglio di un arbusto, in un contrappunto narrativo, volutamente ricercato e puntuale, dicotomico. “L’Eroico si è fatto  quotidiano perché il quotidiano diventasse eroico”.

Longfils ammicca all’enigma, elenca con rinnovato gusto e piacere un campionario di allusioni sospese, in cerca di risposta, in un ritrovato dialogo con le immagini, inseguendo soluzioni che gli possano di dimostrare la possibilità di esistenza di una pittura narrativa e figurativa.

E questo accadeva in un decennio di ostinata iconoclastia, nel tempo dell’esplosione dell’arte concettuale e povera e di molteplici derive utopistiche.

Fatalmente Enrico Longfils si andrà a spegnere in riva all’Adriatico, lui che il mare lo aveva dipinto come un costante sfondo all’infinito viaggio di Ulisse, cercando l’arcano e l’altrove, il tempo del sogno e il tempo terreno.

 

 

 

 

C’è una sola cosa che si scrive solo per se stesso, ed è la lista della spesa.

Serve a ricordarti che cosa devi comperare, e quando hai comperato puoi distruggerla perché non serve a nessun altro.

Ogni altra cosa che scrivi, la scrivi per dire qualcosa a qualcuno.

Umberto Eco

 

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