Maggio 2006


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Il Movimento MADI’ (da MAterialismo DIalettico) venne fondato a Buenos Aires nel 1946 da Carmelo Arden Quin e da altri artisti aniconici, che già avevano collaborato alla rivista Arturo nel 1944, in pieno periodo peronista, spinti dal desiderio di modificare la tradizionale concezione del quadro, sia accorpando diverse superfici dipinte sia abolendo la cornice, che per secoli ha imprigionato i dipinti. MADI’ rappresenta il traguardo avanzato raggiunto dall’arte aniconica, dopo il Concretismo e il Costruttivismo che ha coinvolto inizialmente molti artisti latino-americani e poi di altri paesi, facendo proseliti dalla metà degli anni Ottanta e soprattutto dall’inizio dei Novanta in Italia, tanto che oggi il Gruppo Madì Italiano conta ben 20 artisti distribuiti geograficamente dal Nord al Sud de paese. Il volume Arte Madì in Italia 1991-2002 accompagna l’omonima mostra presentata (dal 26 maggio al 21 luglio 2002) al Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 “G. Bargellini” di Pieve di Cento (Bologna), a cura di Anna Canali, presidente dell’Associazione Culturale Arte Struktura e segretaria del Movimento Madì Italia, e realizzata in collaborazione con il Contemporary Art Center Gianfranco Bonomi di Brescia. Esso offre “un momento di riflessione sulle prospettive della creatività moderna” – come puntualizza Giorgio Di Genova nella sua introduzione – “ma anche sulle possibilità del linguaggio dell’arte fine a se stessa e che su se stessa riflette, poggiando e basandosi esclusivamente sugli strumenti del suo specifico linguaggio, non piegati alla schiavitù della mimesi della natura o della realtà, ma utilizzati in quanto rappresentativi di se stessi per un puro gusto estetico, nel quale tanta parte ha la componente ludica, importante pilastro, più di quanto non si creda, del creare artistico”.
Attraverso le opere di Angelo G. Bertolio, Saverio Cecere, Elena Fia Fozzer, Mirella Forlivesi, Reale F. Frangi, Aldo Fulchignoni, Franco Giuli, Gino Luggi, Vincenzo Mascia, Renato Milo, Giuseppe Minoretti, Gianfranco Nicolato, Antonio Perrottelli, Marta Pilone, Gaetano Pinna, Salvador Presta, Hilda Reich Duse, Giuseppe Rosa, Rino Sernaglia e Piergiorgio Zangara, viene proposto un viaggio all’interno delle creazione degli artisti Madì italiani che con le loro opere danno una attuale ed originale testimonianza di come il Madì continui ad essere pensiero, sperimentazione, invenzione, una condizione di coscienza e conoscenza, rielaborazione di tecniche tradizionali e ricerca stimolante di forme e materiali nuovi, in rapporto con gli sviluppi della società contemporanea.

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Cosa sono i metacrilati? Oggeti artistici progettati con il metacrilato, materiale particolarmente versatile,in grado di creare trasparenze, giochi di luce e colori, per oggetti sensoriali capaci di coinvolgere direttamente l’osservatore, in un ambiente sperimentale dove il richiamo al divertimento diventa la chiave di lettura. Alberi, animali e figure sognanti annunciano questo gioco. L’osservatore è invitato a giocare.

E’ uno dei più noti artisti italiani in campo internazionale. A lui, come a pochissimi grandi artisti del XX secolo, è toccato l’onore di esporre al Louvre, nel 1969, un ciclo rappresentativo di sue opere. Ha partecipato a grandi esposizioni internazionali di interesse storico, portando il suo lavoro, il suo nome e quello dell’Italia nei più grandi Musei del mondo, da Copenaghen a Tokio, Atene, Il Cairo, Dusseldorf, Berlino, Dortmund, Amburgo, Bruxelles, Anversa, Madrid, Siviglia, Londra, Ginevra, Zagabria, Belgrado, al Museum of Modern Art di New York, alla IX Biennale Internazionale di San Paolo del Brasile, alle Esposizioni Universali di Montreal, Siviglia e Hannover.
Nel 1984 è stato invitato a partecipare con una Sala personale alla XLI Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, dove ha esposto “Le Rovine dell’Isola di Altilia”, un’opera-ambiente di grandi dimensioni. A Milano è presente con numerose mostre di rilievo come la grande Antologica alla Rotonda della Besana nel 1973 e l’ormai mitica esposizione “Contatto-Arte-Città”, il primo e più significativo esempio di proposte per l’arredo urbano, alla quale su invito della Triennale di Milano parteciparono, con Gino Marotta, De Chirico, Burri, Arman, Matta, nel Parco del Palazzo dell’Arte.
A Roma non è mai mancato alle grandi mostre organizzate dopo gli anni Cinquanta sia al Palazzo delle Esposizioni che alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Da ricordare le varie Quadriennali d’Arte, la “Vitalità del Negativo”, “L’Arte Italiana degli anni ‘60” e, più recentemente, la grande mostra personale “Metacrilati” al Complesso del Vittoriano a Roma. E’ rappresentato nella Collezione “Artisti Italiani del XX secolo alla Farnesina” del Ministero degli Affari Esteri.
Le sue opere di pittura e scultura sono conservate nei più prestigiosi Musei, Istituti Bancari, Collezioni private in Italia e all’Estero. Del suo lavoro e del suo pensiero artistico si sono occupati i più importanti critici d’Arte italiani e stranieri.
Fa parte della Commissione Artistica Permanente presso il Ministero del Tesoro, in seno alla quale ha partecipato alla scelta delle immagini che figurano sull’Euro. Gli sono stati conferiti importanti premi per la scultura, la pittura, il design e il teatro. Titolare della cattedra di Decorazione pittorica presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, ha diretto l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. E’ accademico dell’Accademia Medicea delle Arti del Disegno di Firenze e della prestigiosa Accademia Nazionale di San Luca di Roma. Ha pubblicato, di recente, un libro di saggi brevi dal titolo “Rosso di Cinabro”.

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La tradizione umanistica ci ha consegnato un’immagine inequivocabile dell’animale come “specchio oscuro” dell’uomo, ricettacolo di tutte quelle impurità di cui l’essere umano doveva in qualche modo liberarsi nel difficoltoso cammino di emancipazione dalla natura. L’esasperazione della differenza e della estraneità dell’animale, nonché la tendenza ad appiattire la pluralità degli animali in un’unica categoria forzosamente omogenea sono stati i fondamenti della nostra cultura antropocentrica e autarchica. In realtà l’uomo si è sempre avvalso dell’alleanza culturale con il mondo animale, che gli ha fornito ulteriori strumenti di conoscenza e un vasto dizionario di modelli a cui ispirarsi. Gli animali hanno esercitato un forte appeal sull’uomo informando gran parte della sua produzione culturale ed entrando in modo attivo nei processi stessi di conoscenza. Non è più un tabù pensare che proprio attraverso l’ibridazione con l’animale l’uomo ha raggiunto le sue vette e che esiste un debito rilevante nei confronti della vasta galassia del non-umano. Animal Appeal. Uno studio sul teriomorfismoHybris – Alberto Perdisa Editore
L’uomo avrebbe potuto raggiungere l’attuale grado di evoluzione senza il contributo degli animali? E perché, sin dall’epoca preistorica, l’uomo ha provato un sentimento di attrazione ma anche di paura nei confronti dell’animale? In realtà l’uomo si è sempre avvalso dell’alleanza culturale con il mondo animale, che gli ha fornito ulteriori strumenti di conoscenza e un vasto dizionario di modelli a cui ispirarsi. Gli animali hanno esercitato un forte appeal sull’uomo informando gran parte della sua produzione culturale ed entrando in modo attivo nei processi stessi di conoscenza. Non è più un tabù pensare che proprio attraverso l’ibridazione con l’animale l’uomo ha raggiunto le sue vette e che esiste un debito rilevante nei confronti della vasta galassia del non-umano. Animal Appeal. Uno studio sul teriomorfismo analizza queste contaminazioni, in un piacevole excursus fra letteratura, filosofia, zooantropologia, storia delle religioni e arte. Arricchito da curiose e intriganti immagini, che spaziano dai grandi classici, alle vignette dei fumetti, agli artisti d’avanguardia contemporanei.
Roberto Marchesini, bolognese, studioso di scienze biologiche e di epistemologia, scrittore e saggista, ha pubblicato numerose ricerche sulle biotecnologie e sul teriomorfismo.
Karin Andersen si è diplomata all’Accademia di Belle Arti a Bologna nel 1990. Dopo diverse esperienze nel campo del fumetto e dell’illustrazione, nel 1997 ha intrapreso una personale ricerca nell’ambito dell’arte contemporanea, spaziando tra pittura, fotografia e digital imaging. Le sue opere parlano di ecologia in una prospettiva fantascientifica e di contaminazione tra umano, animale e alien

Le cose così come sono Una dichiarazione di poetica Di   Alan Gattamorta , 99040304.jpg nato a Boston (U.S.A.) nel 1953, vive e lavora a Cesenatico. Nel 1971 ha conseguito il diploma di Maestro d’Arte presso l’Istituto per il Mosaico di Ravenna e nel 1975 ha concluso gli studi con il Corso di pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Sperimentatore di tecniche e materiali diversi ha realizzato anche numerosi grandi vasi a mosaico e un considerevole numero di sculture in ceramica. Fra le mostre personali ricordiamo quella del 1983 alla Fondazione Corrente di Milano; una mostra di vasi a mosaico a Cesenatico nel 1989; una antologica, all’interno della rassegna Sagge sono le Muse (IV edizione), alla Fondazione Tito Balestra di Longiano nel 2002 e una mostra di opere recenti a Cesenatico nel 2004. Dal 1996 si è dedicato all’utilizzo dell’acquarello e, nel 2003, ha principiato la realizzazione di una serie di grandi mosaici in carta; è recente il suo ritorno alla pittura ad olio.

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Storia di un impiegato è l’ottavo album registrato in studio di Fabrizio De Andrè. In questo album viene messo a nudo il pensiero sociale di De André, la sua critica nei confronti del conformismo borghese e la sua rigida critica contro il terrorismo degli anni ’70. Come è criterio nelle composizioni di  De André,  le canzoni sono collegate fra di loro da un filo narrativo. Qui si racconta  la storia di un impiegato (la cui vita è basata sull’individualismo), che – dopo aver ascoltato un canto del  Maggio francese – decide di ribellarsi conservando  però il proprio  individualismo. Le canzoni seguono l’ordine logico di una presa di posizione individuale che, solo dopo il rapido succedersi dei fatti, e solo in un ambiente crudo e forte come quello carcerario, diventa collettivismo. Da notare sono le diverse finalità per cui esplode la bomba del “bombarolo” di De André e per cui esplodevano le bombe negli anni di piombo. Il “bombarolo” si presenta al “Ballo mascherato della celebrità” (allegoria della società borghese) per togliere la maschera agli ipocriti, delegittimare il potere e far saltare in aria le istituzioni. Al contrario i terroristi degli anni di piombo facevano esplodere bombe in piazza, sui treni per alimentare la cosidetta “politica del terrore”, atta a creare un “mostro rosso ed invisibile” contro il quale potevano battersi solamente le istituzioni e il potere politico; il fine era perciò legittimare le istituzioni. –(La canzone Canzone del Maggio è liberamente tratta da un canto del maggio francese 1968 di Dominique Grange il cui titolo è Chacun de vous est concerné. Quando De André si mise in contatto con lei per pubblicare il pezzo, la cantante francese glielo regalò senza chiedere neanche i diritti d’autore.- Della “Canzone del Maggio” esiste una versione molto più cruda nel testo presentata spesso dal vivo dal cantante genovese, di questa versione esiste una registrazione pirata)

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Gentile Letizia Moratti,
ricevo l’acclusa promettente lettera di speranze qualora lei fosse eletta. Da attento operatore culturale  che vive e opera a Milano da oltre trent’anni e che ha vissuto gli scempi culturali, paesaggistici, ambientali, urbanistici e architettonici della città da parte di tutti i sindaci del nostro dopoguerra (Aniasi, Tognoli, Pillitteri, Formentini, ma soprattutto Albertini) responsabili in vario modo di aver ridotto Milano a una periferia mediterranea, peggio di Atene e di Istanbul (lei ha mai visitato Londra, 5 volte più grande di Milano, e le sue periferie pulite, rilassanti, piene di verde e di cure? Oppure Berlino ma anche Amsterdam, Madrid, Barcellona, o la stessa straziata Parigi: si consulti con i loro sindaci e chieda la ricetta). Dal dopoguerra ad oggi mai un progetto urbanistico e di architettura con un po’ di qualità e di orgoglio. Malpensa, faraonico esempio di incapacità o di malversazione,  ha rappresentato la Caporetto di almeno due amministrazioni.L’orrore delle auto in terza fila e di bici e motorini sui marciapiedi Come cittadino e operatore culturale, coinvolto direttamente e indirettamente nei processi ed eventi artistici cittadini, chiedo soprattutto una sua presenza pubblica discreta e di basso profilo, non esibizionistica e folcloristica come il suo predecessore indebitamente imposto da Berlusconi (meno nastri da tagliare ma grande lavoro da formica) e una maggiore attenzione alla pulizia e al verde della città. Vorrei che lei evitasse a me e a tutti i cittadini  l’orrore delle auto parcheggiate in terza fila ma anche di bici e motorini che sfrecciano sui marciapiedi al posto dei pedoni. Insomma, vorremmo una Milano più pulita e vivibile.Verde, sempre verde, fortissimamente verde E poi recuperare più verde possibile, smantellando tutte le sculture pubbliche, veri orrori ed errori di arte contemporanea, che ci ha lasciato il craxismo (Tognoli, Pillitteri). Cara Letizia Moratti, non si lasci intimidire dal terrorismo culturale di chi le vuol far credere che la cultura di una città si esprime con la soppressione del verde a favore di ammassi di ferro e cemento armato (come la ignobile gettata di pietra e cemento di Cascella in Piazza della Repubblica) che invadono perennemente lo spazio pubblico.I bambini di Cattelan sull’albero e non gli scempi di Cascella avrebbero offerto un segnale di vitalità a Milano Lo spazio pubblico va rispettato e curato. Il poco verde custodito gelosamente. E le sculture pubbliche rimosse o gettate in discarica (a meno che non siano veramente dei capolavori conclamati che però rispettano sempre il verde e la città: vedi i bambini di Cattelan appesi a un albero. Lasciarli almeno per qualche anno su quell’albero sarebbe stato un segnale di adesione alla cultura e all’arte contemporanea veramente forte che naturalmente il nostro Albertini e la sua amministrazione non potevano capire). Ma non occupare ogni angolo di verde, come fece il craxismo, con i suoi pessimi artisti e complici trascurando invece i veri artisti del momento ma anche di oggi  (Kounellis, Paladino, Merz, Pistoletto, Paolini, ecc.) che avrebbero risolto in modo poetico e non con tonnellate di cemento il rapporto con il luogo.Via gli striscioni pubblicitari dalle nostre strade e piazze Cara Letizia Moratti (ma anche caro Bruno Ferrante, nel caso meno probabile che venga eletto), Milano ha bisogno di un rilancio culturale come lo ha avuto Londra, Barcellona, Anversa, Amsterdam: ma di una cultura reale, contemporanea, cioè vitale, non di prodotti culturali (vedi la nostra architettura urbana) orecchiati, obsoleti e di cattivo gusto, frutto della incapacità amministrativa, della ignoranza, spesso della corruzione. E gli architetti milanesi (dove sei Stefano Boeri?) si armino di coraggio e orgoglio e cerchino di intervenire sulla città. Chiedano di  farsi ascoltare e di creare un Ufficio del Bello (sic!) per impedire costruzioni da terzo mondo, per controllare la qualità dei nuovi progetti ma anche per eliminare gli striscioni pubblicitari dalle nostre strade che ricordano Beirut o Tirana. Nessuna città moderna presenta simili scenari di apocalisse estetica.Ma salvaci da Sgarbi -E poi, cara Letizia Moratti, accolga il mio (e di tutti) appello accorato e disperato. Ho sentito parlare, in caso di suo successo,  dell’assessorato alla cultura a Vittorio Sgarbi. La prego, ci risparmi questa  condanna. Vittorio Sgarbi può essere molto simpatico, lo so. A taluni può apparire persino colto. E non spetta a me contestare la sua cultura classica. Però l’Assessorato alla Cultura al buon Vittorio rappresenterebbe il più grande disastro culturale di Milano. Peggio di come è stato sino ad ora. L’Assessorato alla Cultura dovrebbe essere affidato a qualche giovane politico (meglio manager) in collaborazione con esperti di marketing: la contemporaneità va compresa e interpretata, non combattuta o irrisa come farebbe Sgarbi. Non si dovrebbero scatenare false battaglie contro falsi bersagli (es. i graffitisti, vera espressione di energia naturale e di creatività spontanea e della strada, accettati ormai inevitabilmente ovunque, salvo poi a ripulire dopo qualche mese gli spazi utilizzati: ma non si ripuliscono le strade? Prevediamolo come costo sociale). Cara Letizia Moratti, solo una corretta interpretazione di cultura contemporanea, solo con dei sensori attenti ai trend e ai cambiamenti si potrà interpretare il nostro tempo. E Milano ha bisogno finalmente di vivere in pieno e di interpretare, come hanno fatto Londra, Berlino, New York, la contemporaneità.Signora Moratti, pare lei sia una decisionista. Ci eviti altri cinque anni di frustrazioni e di rimpianti per non essere nati altrove. Non le chiedo una politica dei massimi sistemi, al momento non ipotizzabile né forse possibile per una amministrazione cittadina. Le chiedo semplicemente una corretta politica delle piccole cose, come fanno tutte le altre città europee. Ed è l’attenzione e la sensibilità per le piccole cose che fanno grande e vivibile una città. Ai miracoli da tempo non siamo più abituati. Cordialmente Giancarlo Politi    

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Come è stata concepita l’installazione di Kid Napped e in cosa consiste la sua ricerca?
Sono 3 frame video stampati su alluminio, grandi 100 x 50 circa. Tutto il lavoro di Kid Napped viene sempre filtrato dal computer, dalla tecnologia, una tecnologia non di altissimo livello: internet, camere fotografiche, video fatti col telefonino, insomma una tecnologia che potrebbe utilizzare chiunque. Ma come riesce a canalizzare questo in un’opera d’arte?
L’opera di Kid Napped, da quello che riesco a vedere, è totalmente distante da una ricerca artistica,
non possiede cognizioni artistiche. È una persona che usufruisce della realtà, avendo grosse difficoltà ad uscire fuori di casa. Soffre di agorafobia, e di mille altre paure, che gli impediscono di avere contatti con il prossimo, è come se fosse imprigionato in se stesso.
Allora come è possibile che parli della realtà?
Cerca più che altro di raccontarsi tramite quello che riesce a vedere della realtà, quello che penetra dal mondo esterno, che viene filtrato da internet, dalla televisione, dai libri. E come è stato possibile contattarlo? Chiaramente è molto difficile incontrarlo adesso, però ha avuto una vita come tutti noi, i nostri contatti avvengono via e mail, non possiede un telefonino. Per contattarlo ha un sito, messo su per gioco, che adesso vorremmo trasformare in un sito, diciamo, più da artista, più veicolabile. Il sito quale è? Il sito è alifewithoutyou “A life without you” è il nome del progetto che sta portando avanti, e che porterà avanti tutta la vita, almeno è quello che stiamo discutendo in questo periodo. E cosa significa allora il titolo della personale? Il primo anno in cui è uscito fuori è questo qui, per questo la personale si intitola “First year without you”, primo anno senza te. Comunque questo è l’inizio di una carriera artistica?Non è molto interessato al mondo dell’arte, noi vorremmo trasformarlo in artista, lui semplicemente si diverte a fare quelle cose senza alcun tipo di criterio dietro, o così sembra  Kid Napped raffigura il mondo da cui fugge, ma è reale tale rappresentazione o è soltanto una persona che non riesce a trovare posto in esso? È un disadattato, ma anche io & mirco lo siamo e rappresentiamo la realtà solo attraverso il nostro punto di vista. Io però ritengo che, il modo normale di agire attraverso l’arte, sia quello di raccontare la propria realtà, ma quando uno la racconta probabilmente è un disadattato. Kid Napped però forse su questo ci gioca un po’ sopra. A questo punto la domanda è d’obbligo, chi è Kid Napped, dove abita e quanti anni ha? Queste sono informazioni che non posso dare. Non mi puoi dire quanti anni ha? Ha la mia età più o meno, una trentina d’anni. Come avete convinto Franco Marconi a fare una personale su Kid Napped? Franco è sempre il primo che vaglia i progetti miei e di mirco, è sempre molto aperto ai nuovi approcci alla realtà, ed è questo che propone la mostra. Kid Napped se ne frega completamente del mezzo, non si interessa assolutamente di avere un prodotto che sia alfabetizzabile a livello artistico, e da qui risulta essere molto vero, ma anche un rebus. (intervista a Maicol fatta da Dario Ciferri )

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la vita tra atto poetico, psicomagia e panico.  jodorowsky è sempre stato un poliedrico che, nel corso della sua vita, ha sperimentato un po’ di tutto. nato in cile nel 1930, figlio di immigrati ucraini ebrei, parte nel 1953 alla volta di parigi, città dove risiede tuttora. già queste poche note biografiche indicano che la storia dell’autore è storia di un errare tra vari aspetti della vita, senza mai fossilizzarsi in un’unica attività o personaggio. la sua carriera artistica ha toccato vari campi: mimo, attore, regista cinematografico (el topo (1971) e la montagna sacra (1973) sono i suoi capolavori), autore di teatro, poeta, romanziere e sceneggiatore di fumetti. in tutti i suoi lavori l’aspetto visionario ha sempre prevalso, sottolineando così la necessità di rompere le strade note e prosaiche.uno degli aspetti più affascinanti di jodorowsky riguarda la sua figura di psicoanalista sui generis. e difficile posizionarlo rispetto a una scuola o a una corrente di pensiero, e non a caso si definisce psicomago. in realtà egli ha  elaborato un modo nuovo di entrare in contatto con l’inconscio.    il libro psicomagia (feltrinelli), permette di avvicinare l’idea di jodorowsky riguardo al mondo della psicoterapia. sotto forma di intervista, il libro ripercorre le tappe principali della vita dell’autore, sottolineando le esperienze, anche difficilmente credibili, che jodorowsky ha vissuto, fino ad arrivare alla descrizione della sua terapia, definita panica.

sono nato nel 1929 nel nord del cile, in terre conquistate al perù e alla bolivia. tocopilla è il nome del mio paese natale. un piccolo porto ubicato, forse non per caso, all’altezza del ventiduesimo parallelo. nei tarocchi ci sono ventidue arcani maggiori. ciascuno dei ventidue arcani dei tarocchi marsigliesi è disegnato all’interno di un rettangolo composto da due quadrati. il quadrato superiore può simboleggiare il cielo, la vita spirituale, mentre quello inferiore la terra, la vita materiale. al centro del rettangolo s’iscrive un terzo quadrato che simboleggia l’essere umano, unione tra la luce e l’ombra, ricettivo verso l’alto, attivo verso la terra”.
comincia così la danza della realtà di alejandro jodorowsky… e’ difficile riuscire a dare una definizione univoca della sua opera artistica. eclettico come pochi, jodorowsky è direttore di teatro, autore di pantomime e pièce teatrali, di romanzi e sceneggiature di fumetti …….

In Italia c’erano i cartelloni dei cantastorie, e quello dell’ “opra” dei pupi siciliani. L’adozione del fumetto rientra nel quadro dell’adozione delle mode e dei modi della borghesia internazionale da parte dei ceti privilegiati italiani. Fa parte della “modernizzazione” in atto. Il fumetto in Italia trova il suo pubblico soprattutto nel mondo dei ragazzi. E due riviste principali: L’Illustrazione dei Piccoli, edito a Torino da Picco e Toselli, che fa conoscere soprattutto il fumetto francese. E il Corriere dei Piccoli che fa conoscere i cartoonist statunitensi.Il primo numero del Corriere dei Piccoli viene pubblicato il 27 dicembre 1908. Ne è direttore e fondatore Silvio Spaventa Filippi, giornalista e scrittore – erano sue le traduzioni allora correnti di Charles Dickens. Il Corriere dei Piccoli ebbe questa particolarità: i balloons sono sostituiti da didascalie in ottonari, a piè di ogni vignetta. Altra caratteristica, i nomi dei personaggi originari vengono sistematicamente italianizzati, e adattati a quello che si ritiene essere il mondo (un po’ lezioso) dei bambini cui ci si rivolge: così Buster Brown, la sorelina e il cane diventano Mimmo, Mammola e Medoro. Happy Hooligan diventa Fortunello, zio Si diventa Ciccio, la mula Maud diventa Checca. Jiggs e Maggie diverranno Arcibaldo e Petronilla. Fin dal primo numero il “corrierino” (come verrà ben presto chiamato), invita pittori e illustratori italiani a cimentarsi nel nuovo racconto disegnato. E in quel primo numero appare il primo personaggio italiano “a fumetti”, il negretto Bilbolbul di Attilio Mussino. Hanno la possibilità di debuttare in questo modo i primi cartoonist italiani: Attilio Mussino, l’unico a produrre delle tavole a puntate con racconto completo (“Il collegio La Delizia”). Forse il maggiore di questo primo periodo è Antonio Rubino, pittore scrittore e poeta, creatore dei personaggi di Pino e Pina (1909), e di Quadratino (1909).Fumetto5_McCloud3.jpg

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