Aprile 2010


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aristi di riferimento: Udo Kügel, Serra, Costantini.

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Comunicato stampa

Napoli, 19.04.2010

Si comunica alla Vs Spett.le redazione che il giorno 23 p.v. presso il Museo Nitsch a

partire dalle ore 10,30 ci sarà un dibattito su “l’arte e la filosofia di Guy Debord”, nell’ambito

dell’incontro sarà presentato il volume di Pino Bertelli “il cinema è morto” edizioni La Fiaccola,

La giornata si concluderà con la proiezione del film: “Guy Debord.son art et son tems”

Partecipano all’incontro :  Alfonso Amendola insegna Linguaggi audiovisivi presso l’Università di Salerno dove è vice-direttore del Centro Studi “Rappresentazioni Linguistiche”. Studioso di sociologia della comunicazione, si occupa principalmente dei rapporti tra culture di massa e culture d’avanguardia

Pino Bertelli è nato Piombino. Giornalista, fotografo di strada, filmmaker, critico di cinema e fotografia. I

suoi scritti sono tradotti in diverse lingue. L'”International Writers Association” (Stati Uniti), lo ha

riconosciuto scrittore dell’anno 1995, per la ” non-fiction”.

Matteo D’Ambrosio, semiologo e storico delle avanguardie, è professore di Storia della critica letteraria e

Letterature comparate presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Napoli “Federico II”

Mario Franco regista e storico del cinema, autore di cinema, radio e televisione, dal 1979 collaboratore

RAI. È docente di ruolo per la cattedra di “Teoria e metodo dei mass-media” e del corso di “Storia del

cinema e del video” presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Ha inoltre tenuto lezioni di “Tecniche dei

linguaggi multimediali” presso la Facoltà di Architettura della Seconda Università di Napoli (corso di

Industrial Design) ed attualmente è docente a contratto di “Comunicazione e Beni Culturali” per il Master di

1° livello in Politiche Culturali Europee in convenzione tra l’Università di Napoli Federico II e l’Institut für

Kulturelle Infrastruktur Sachsen (European Network of Arts’ Management Studies) /Universität di Görlitz/

Zittau.

Antonio Gasbarrini, critico d’arte, è direttore responsabile della rivista Bérénice, quadrimestrale di Studi

comparati e ricerche sulle avanguardie. Dal 1988 è art director del Centro Documentazione Artepoesia

Contemporanea “Angelus Novus” dell’Aquila. Tra gli ultimi volumi pubblicati si segnalano L’avanguardia

inista (Edizioni l’Harmattan, Torino) e Guy Debord. Dal superamento dell’arte alla realizzazione della

filosofia (Angelus Novus Edizioni, L’Aquila).

http://www.angelusnovus.it/debord.htm

Enrico Ghezzi è un critico cinematografico italiano.

Si trasferisce a Genova dove frequenta il cineclub Filmstory e frequenta lo storico gruppo scout AGESCI

Genova 3. Entrato alla RAI nel 1978, ha curato il palinsesto cinematografico di Raitre dal 1987 al 1994.

È l’inventore del contenitore televisivo notturno Fuori Orario e uno dei creatori di Blob, entrambe

trasmissioni nate alla fine degli anni ottanta.

Nel ringraziarVi inviamo i nostri più cordiali saluti

il coordinatore

Claudio Catanese

Questo sul cinema di Guy Debord è il primo studio approfondito

apparso in Europa sul filosofo francese. L’ha scritto Pino Bertelli, il

critico più eversivo della macchina/cinema. Il pamphlet sottende

altro da ciò che in principio si legge. Bertelli parte dall’opera

cinematografica di Debord non per celebrare un poeta (che non

ho bisogno di altarini) ma per riversare nella lettura dei film-

situazionisti di un corsaro del cinema d’autore, altre visioni di

critica politica della «Fabbrica dei sogni». Le invettive, le eresie,

i rovesciamenti di prospettiva della vita quotidiana sbordano da

ogni pagina e siccome per l’autore le lingue degli uomini sono

piene di inganni, sostiene che «ogni tanto è bene ballare sulle

teste dei re, dei tiranni, dei generali o dei primi ministri» che

concimano i campi di grano con í bambini morti per fame. E

ancora: «Gli uomini nascono uguali, le religioni monoteiste, lo

politica istituzionale, la violenza della società dello spettacolo li

rendono diversi. Questo è quello che mi ha insegnato mio padre

e suo padre a lui… un uomo ha il diritto di guardare un altro

uomo dall’alto soltanto per aiutarlo ad alzarsi…». Il libello è

feroce, a tratti indisponente, cattivo. si inscrive all’interno di

quell’aristocrazia della ribellione anarchica che è fatta di

partecipazione al comune dolore e fa dell’ «angelo

sterminatore» il primo commensale intorno alla tavola del Tè,

dove solo chi sappia mentire o plagiare la grande arte

dell’incompleto, può scoprire la vero bellezza dell’anima

insorta.


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«Un quadrato rettangolo», 2001

«Ognuno ha i suoi feticci», ride, Tomás Maldonado — alto, charmant e con un chiaro accento argentino (non pronuncia mai la s) — alludendo alle migliaia di libri che ricoprono come una tappezzeria tutte le pareti di tutte le stanze della sua luminosa casa in pieno centro, a Milano. Eppure ne ha regalati almeno circa millesettecento alla Biblioteca della Triennale.
Cominciamo proprio dalla donazione: di questi tempi sono rare. Perché lei ha invece preso questa decisione?
«In effetti mi è costato grande sforzo disfarmi dei libri perché lì hanno preso forma le mie mille curiosità. Un libro è un testo infinito che a ogni età si può rileggere e interpretare con occhi diversi. Ma siccome la mia grande passione è sempre stata l’educazione dei giovani, ho voluto trovare un luogo dove questi testi potessero arrivare loro».
Che cosa l’ha indotta, nel ’69, a stabilirsi definitivamente in Italia?
«Nel ’54 avevo lasciato Buenos Aires per andare a insegnare a Ulm, in Germania: tutto era ancora distrutto dalla guerra, c’era la neve, il freddo, una lingua difficile, ma lì ho vissuto un’esperienza straordinaria con i giovani. Però, dopo 13 anni, avevo nostalgia dei Paesi latini e siccome già facevo avanti e indietro con l’Italia dove collaboravo con Sottsass e l’Olivetti, ho accettato l’incarico di curare la corporate image della Rinascente, che allora era una novità. Poi ho vissuto anni bellissimi insegnando all’Università di Bologna: l’establishment dei baroni era traumatizzato dal post ’68 e quel momento di disattenzione aveva reso possibile una rottura degli schemi proprio nella più vecchia università del mondo: fui chiamato a insegnare assieme a Eco, Volli e tanti altri. La mia fu la prima cattedra di semiotica».



effettivamente sembra incredibile: oggi i professori stranieri e i non accademici si contano sulle dita di una mano…
«Gli anni Settanta sono stati il miglior periodo dell’Italia. Vero: furono anni cupi a causa del terrorismo, però c’era una gran voglia di andare avanti e avevo la sensazione di vivere in un Paese dinamico e attraente. Oggi spero che la nazionalità italiana che ho voluto prendere mi protegga da questa caccia allo straniero! ».
Qual è il ruolo che le sta più a cuore: artista, educatore, teorico, progettista?
«La mia vita parte dall’arte. Negli anni 40 ho partecipato alle avanguardie sudamericane: eravamo convinti che attraverso l’arte si potesse cambiare il mondo. Poi è venuta l’esigenza di applicare questa tensione utopica agli altri campi, come il design, e ho fondato la rivista Nueva Visiòn che cercava la trasversalità delle esperienze. Questo passaggio mi ha portato a insegnare disegno industriale a Ulm e con la stessa passionalità, forse ingenuità e candore, ho poi sviluppato in Italia la parte teorica. Non c’è interruzione, ma continuità in tutte le mie esperienze. E ora che tutti erano pronti a darmi l’omaggio finale, io riapro il gioco con l’arte: ho ripreso la pittura, ma fuori dal mondo delle gallerie, dei critici, del mercato».
Che secolo è stato il Novecento?
«Fallimentare, se misurato con le nostre aspettative. Avevamo pensato che si potesse abolire ogni forma di intolleranza, che la religione sarebbe diventato un problema secondario, e invece gli entusiasmi si sono ridimensionati dopo gli anni 60».
Dunque vede il progresso del mondo in regressione?
«Abbiamo fatto dei grandi passi indietro e in questo momento vedo un grande impoverimento culturale che sta mettendo i giovani in drammatica difficoltà, ma mi sono sempre definito un pessimista costruttivo. Penso di essere molto più preoccupato di quanto lo sia il nostro primo ministro su come stanno andando le cose, tuttavia cerco sempre una sorpresa».
Un suo saggio del 1987 si intitola «Il futuro della modernità»: qual è oggi?
«Il nucleo fondamentale della modernità è la capacità di dialogo fra esseri umani e oggi dobbiamo confrontarci per esempio con culture non provenienti dall’Illuminismo o con i diritti civili delle donne. La modernità è un pronostico, un progetto non ancora realizzato sul quale si dovrebbe basare lo sviluppo».
Nel 1995 scriveva «Che cos’è un intellettuale. Avventure e disavventure di un ruolo». Oggi che cosa direbbe?
«Che ci sono molti nuovi ospiti al banchetto, come i giornalisti o gli opinion leader. Ma l’intellettuale resta colui che pensa altro, in modo diverso; colui che è vigile e critico sulle verità professate dai mass media. Forse oggi ha perso la voce, soprattutto perché non gli viene data la possibilità di parlare, di pubblicare. Lo stesso per i giovani: penso che abbiano grandi energie, ma non hanno le possibilità di esprimerle».
Che consiglio darebbe ai giovani?
«Uno solo: cercate di combinare critica e positività. Evitate le due tentazioni: nichilismo e cinismo opportunistico».

Francesca Bonazzoli

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Mostra “Etereoarte” a Luco dei Marsi

Comunicato stampa

Il 1 maggio 2010, alle ore 17,00  s’inaugurerà la mostra ‘Etereoarte’, con al suo interno un omaggio  a Mario Mari curata da Antonio Picariello, e Romolo Liberale promossa dal Comune di Luco dei Marsi.      La mostra mette a confronto linguaggi espressivi eterogenei  tradizionali e innovativi, degli artisti: Giuseppe Cipollone, Giancarlo Costanzo, Luigi Di Fabrizio,  Antonio Massimiani, Franco Sinisi  e Pasquale Verdone. Un momento di scambio di esperienze tra  artisti  di formazione e linguaggi diversi, che non vuole porsi come “competizione”  né favorire una valutazione gerarchica delle opere esposte, intende far riflettere su alcuni aspetti significativi della ricerca e sulla diversificazione di tendenze, imponendo allo spettatore l’attivazione di una coscienza critica che lo porti a riconoscere le “differenze” più che le “somiglianze” con la visione della “realtà” propria di ogni artista.

Maggio riconvoca  nomi di artisti portatori di coraggio, tradotti nel conteggio storico dei valori, iscritti  nella successione degli eventi e correlati alla contestualità sociale che questi uomini e donne  hanno saputo identificare, per fede, direi fede  culturale, nell’ operato della propria sentita missione. Il senso storico del realismo sociale e il terminale di un secolo che più di altri  ha modellato il tempo della  transizione, sono gli elementi magici della  percezione e della sopravvivenza offerti alla  civiltà occidentale.  Qui la funzione vera  della qualità considera   formula estetica, dispensatrice del sentire, la luce del pianeta,  prima come voce esclusiva della coscienza sublime, poi come  visione condivisa tra sensibilità artistiche e scientifiche. Ed è da qui che si concepisce questo atto creativo che incontra diversità linguistiche visive negli artisti che aprono alla sperimentazione del confronto percettivo che Sinisi nomina  linguaggi eterogenei modellati sul principio della  tradizione e dell’innovazione: consueta  riflessione scientifica  tra strutturalismo e vitalismo. È dunque la  diversità delle  tendenze l’atto artistico messo a regime da Giuseppe Cipollone, Giancarlo Costanzo, Luigi Di Fabrizio,  Antonio Massimiani, Franco Sinisi  e Pasquale Verdone. Una sperimentale composizione paradossalmente definibile come visivo musicale se si considera l’equilibrio delle pulsioni psicologiche dettate dalle  teorie “schopenhauereane”  dei colori   e dagli elementi che suonano la nostra coscienza sensibile alla visione estetica per mezzo della forma sia pure polisemica e eterogenea nell’opera singola come nell’insieme della presentazione.

 

La mostra sarà visitabile fino al 10 maggio 2010, orari: 9,00 – 12,00  –  16,00 – 20,00

Catalogo in mostra.

Scheda tecnica:

Titolo mostra:                         “Etereoarte “

A cura di:                                Antonio Picariello, Romolo Liberale

 

Artisti:                                              Giuseppe Cipollone,  Giancarlo Costanzo,  Luigi Di Fabrizio,  Mario Mari,  Antonio Massimiani,  Franco Sinisi ,  Pasquale Verdone.

Vernissage:                             1  maggio 2009  ore 17,00

Date:                                        1 -10  maggio 2010 

Sede espositiva:                      Locali ex Municipio

                                               Piazza Umberto I – Luco dei Marsi (AQ)

Patrocini:                                Comune di Luco dei Marsi

Ufficio stampa:                        e-mail info@sinisi.it  web: www.sinisi.it

Info:                                        cell.339.2079965

 

Ingresso libero – Catalogo in mostra

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The People of the wheelbarrows festeggerà la Liberazione nella Piazza IX Martiri aquilani

 

di Antonio Gasbarrini

 

 

 

Il Popolo delle carriole aveva dimezzato le macerie e pulito per bene sotto la lapide  dei 9 giovanissimi Martiri aquilani. Chi ha completato la rimozione, ha poi ributtato sotto le targhe commemorative scarti di legno, ferro e immondizia varia. Adesso è nuovamente tutto “lindo e pinto”.

P. S. Per la seconda volta, la piazzetta dedicata al sacrificio dei giovanissimi 9 martiri aquilani è stata ripulita dal Popolo delle carriole, nonostante l’attacco concentrico per la sua decimazione sferrato con sospetta sincronicità dal Prefetto e dall’Arcivescovo dell’Aquila, dal conduttore di Porta a Porta e dai dissociati aquilani dell’ultimissima ora. Attacco respinto con nonchalance da coloro che intendono raccordare la ricostruzione della città ad una forte tensione etica, civile e culturale.

La stessa lasciata in eredità all’intera città dai carissimi nomi di Anteo, Pio, Francesco, Fernando, Bernardino, Bruno, Carmine, Sante  e  Giorgio trucidati alle Casermette dai nazi-fascisti il 23 settembre 1943. Vivi, come le altre 308 vittime del terremoto delle 3.32, più che mai: nei cuori e nelle menti.

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